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Indiani d'America e "Briganti" Meridionali

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Messaggio N°685
Denominazione di Origine Napoletana
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Messaggio N°697
Scétate, Napule!

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Messaggio N°712
Ai cittadini di Partenope “Città di Partenope” è un’identità.

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Messaggio N°710 16-06-2008 - 20:53
Tags: Identità

Ai cittadini di Partenope “Città di Partenope” è un’identità.

E’ un vestito messo addosso ad un sentimento. Esiste già nel cuore di migliaia e migliaia di persone. Noi ci muoviamo per valorizzare queste persone, fuori e dentro la nostra polis. Questo gruppo vuole porsi come luogo d'incontro per professionisti ed aspiranti tali che operano all'interno di una città e di una regione così ricca di menti ma povera di possibilità, allo scopo di dar loro l'opportunità di confrontarsi, creare nuove collaborazioni e sbocchi concreti. Napoli è una città talmente ricca di tradizioni, che ha bisogno di nuovi impulsi per sviluppare le sue enormi potenzialità e valorizzare i suoi talenti... La cattiva gestione ha fatto sì che cittadini e professionisti napoletani si vedessero cucita addosso un’etichetta nera, fama amplificata dai media. Il nostro obiettivo è contrapporre a questa scia di negatività il tessuto sociale ed economico sano, rafforzare i campi di eccellenza grazie alla collaborazione di imprenditori, impiegati, professionisti. Un gruppo, nato a dicembre 2007, già numeroso, che vuole lanciare segnali alla città e dare vita a iniziative concrete. Cosa si richiede agli aspiranti partenopei? Il rispetto di valori etici minimi ma essenziali, che talvolta trascuriamo a causa della quotidianità convulsa che viviamo, col rischio, più che reale, di assuefarci ad una normalità lontana dalla norma. Chiunque non si riconosce nell’immagine del napoletano oggi diffusa nel mondo, salti il fosso e si unisca a noi!! Sarà Partenopeo con tanto di carta d’identità!!! E’ il nostro momento! Per coniugare incontro e partecipazione.. cosa c'è di meglio di una bella serata insieme al Centro di Napoli a giugno? Così dopo un summit dei moderatori di CITTA’ DI PARTENOPE la decisione unanime di trovarsi con i membri - storici, saltuari e nuovi - proprio qui a Napoli. Il ritrovo è fissato per Mercoledì 18 giugno ore 19 e 20 presso il palazzo Berio in Via Toledo 256. Il nostro Claudio, membro del gruppo, per il terzo incontro live della comunità aprirà le porte della AGRELLI & BASTA. La serata proseguirà tra presentazione movimento, incontri di lavoro creativi e tante sorprese. L'occasione per incontrarsi "dal vivo", conoscersi, ritrovarsi, e contribuire alle riflessioni del gruppo xing e ai piani futuri. E per chi non è ancora membro? .. la migliore occasione per conoscerci è unirsi a noi!
Vi aspettiamo!

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Per invitare altri amici motivati inoltra loro, direttamente dal sito www.comunedipartenope.it , la originalissima brochure personalizzata. Per partecipare al gruppo sottoponi la tua candidatura compilando il form in www.xing.com/net/ne_cittadipartenope

Inviato da: vocedimegaride - Commenti: 0

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Messaggio N°697 08-06-2008 - 00:13
Tags: Identità

Scétate, Napule!
di Enrico Moscarelli

Sia pure in presenza di una congiuntura internazionale molto seria, tuttavia in particolare per Napoli (e credo per l’intero Sud) non si intravedono prospettive positive di nessun genere. Per quanto riguarda, in particolare, la Campania, che ormai è la regione più povera dell’Unione Europea, reati che altrove non sono reati, saranno reati qui da noi, e in parte già lo sono. Avremo, cioè, Leggi Speciali. Avremo presto anche una Magistratura Speciale. Siamo stati ingiuriati davanti a tutto il mondo e nessuno ci ha ancora chiesto scusa. Dei tanti nostri avvelenatori non si è saputo fino ad ora neppure un nome. Si insiste nella volontà di utilizzare discariche improponibili, manu militari. Di uno sviluppo, o quanto meno della difesa della nostra economia, non si parla nemmeno. Sono elementi che evidenziano un fatto: Napoli e dintorni si possono ormai ritenere, a tutti gli effetti, da ultimo anche giuridici, una colonia del ricco Nord. E tra poco avremo il federalismo. Ma nessun paese al mondo diventa una federazione, dopo essere stato unitario. Le federazioni si fanno prima, non dopo. Non si può parlare di federalismo dopo centocin-quant’anni di vita unitaria, indirizzata nell’esclusivo interesse del Nord, con de-industrializzazione del Sud, distruzione dell’agricoltura meridionale, emigrazioni transoceaniche di milioni di cittadini, due guerre mondiali con perdite umane spaventose. Non si può parlare di federalismo fiscale, quando, alla fine del processo unitario, è evidente che una parte nord è ricca, molto ricca, e una parte sud è povera, molto povera: non si può, per decenza, imporre un federalismo, neppure se misericordiosamente solidale. è cosa sperabile, ma davvero improbabile, si capisce, che l’Italia inverta la rotta e marci verso l’uguaglianza, e quindi promuova una politica economica, culturale, e via discorrendo, riequilibratrice e quindi effettivamente riparatrice nei confronti del Sud (con o senza il beneplacito dell’Europa, sempre pronta ad insorgere contro gli “aiuti di Stato”, sebbene qui si tratterebbe di “restituzioni” di Stato). Ed è evidente che l’Italia non intende dirigere le sue strategie politiche ed economiche verso la realizzazione del principio costituzionale che vuole la rimozione degli ostacoli all’uguaglianza dei cittadini, e anzi sembra evidente che si dirige verso la direzione opposta. Pertanto, se non intendiamo essere più, e ancor più, cittadini di serie B, e meno che mai una colonia consapevole di esserlo, sarebbe nostro dovere morale promuovere un Referendum per l’Indipendenza di Napoli e, se altri lo vuole, del Sud. Non so chi potrebbe darci torto, visto che siamo sotto la spazzatura, anche tossica, e terrorizzati da una criminalità che lo Stato, con le sue polizie, i suoi servizi segreti e i suoi eserciti, si dice incapace di eliminare e che lascia che strangoli la nostra asfittica economia. Per lanciare i primi segnali in questa direzione, basterebbe chiedere ai cittadini se non sia il caso di cambiare una certa toponomastica di Napoli, davvero offensiva, come Via dei Mille, Piazza Garibaldi, Piazza Cavour, Corso Vittorio Emanuele (il Corso, come è noto, fu voluto da Ferdinando II di Borbone e fu una delle prime “tangenziali”). Potremmo cominciare con il chiedere la restituzione dei resti di quei poveri giovani meridionali che furono fatti morire perché non vollero tradire il loro Paese per un’Italia in cui non credevano, ed erigere loro qualche dignitoso monumento. Il mio sogno, a questo punto, se non è possibile un’Italia che si possa e si debba amare, e che soprattutto renda giustizia a chi da troppo tempo l’attende invano, è una Repubblica Napoletana, una Napoli Città Libera d’Europa, ovvero una Campania Regione d’Europa, ovvero una Repubblica Democratica dell’Italia Meridionale. Potremmo solo così difendere direttamente Napoli e, se lo volesse, tutto il Sud, non attraverso il filtro velenoso degli interessi degli affaristi del Nord, proprietari di tutti i giornali, di tutte le tv e di tutte le banche, che da sempre amano allearsi con i peggiori figli di questo martoriato Paese.
Non sarebbe il caso di parlarne?

Inviato da: vocedimegaride - Commenti: 3

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Inviato da Anonimo
il 08/06/08 @ 00:35
Certo che sarebbe il caso di parlarne..... Tutta i media meridionalisti hanno gia' cominciato a parlarne da un bel po'.
Ma la maggior parte dei cittadini, della gente del Sud, e' ancora "distratta", e' ancora inconsapevole, non ha ancora una pena coscienza di cio' che e' veramente stata la realta' storica del nostro passato.
Ecco perche' si sta' procedendo per gradi.
Prima occorre che tutti gli abitanti del Sud ( e poi anche tutti gli italiani) prendano coscienza della catastrofe del 1860 ai danni del meridione e poi FINALMENTE possiamo parlarne.
E a quel punto, secondo me, si parlera' ben poco : si agira' !
Ambro

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Inviato da Anonimo
il 08/06/08 @ 19:27
Nel presente contesto internazionale, a scatole cinesi (Municipalità, Comune, Provincia, Regione, Stato…federale, Unione Europea, NATO, ONU, e chi più ne ha, più ne metta), non credo immaginabile una vera e propria lotta di liberazione nazionale, che pure sarebbe una cosa doverosa e meravigliosa. Però, nonostante si giochi su questa complicata scacchiera, non credo impossibile un risveglio delle coscienze. I fatti e le minacce che ci sovrastano sono talmente gravi, che bisogna proprio essere ciechi o in mala fede per non vederli, per non prenderne atto. E un risveglio delle coscienze comporta sempre qualche risultato politico. Ognuno deve fare nel migliore dei modi il suo dovere, e coloro che hanno il dono di pensare autonomamente hanno il dovere di aiutare gli altri a capire e di non stancarsi di farlo. Il resto procede. Lo sanno così bene i prepotenti, da impegnarsi sempre di più, con ammirevole consapevolezza, contro l’elevazione culturale della gente, a partire dai bambini e dalla scuola materna. Ed è per tale ragione che essi si impadroniscono dei mass media, sottostimano i centri di cultura, cancellano ogni traccia della nostra musica, della nostra storia dai libri di scuola. Si tratta di una sistematica e accurata damnatio memoriae estremamente utile ai fini dell’abbassamento della capacità e della voglia di pensare con la propria testa. Insisterei, pertanto, nella proposta di iniziare ad organizzare un referendum per l’indipendenza di Napoli, del Sud e di chi lo voglia, referendum che potrebbe essere deriso, ostacolato, che potrebbe non avere nessun seguito, ma che sarebbe, comunque, un segnale di risveglio, perché sarebbe, in ogni caso, significativo e clamoroso. Anche l’idea di una proposta, fatta con opportune modalità, nelle sedi opportune, dell’elimi-nazione, per esempio (ma è solo un esempio), di un singolo monumento, diciamo il monumento a Umberto II, a S. Lucia, arrogante con quei pomposi baffoni, magari potrebbe essere respinta, ma farebbe scalpore e indurrebbe a qualche riflessione chi pensa che l’oro di Napoli sia Maradona. Cordialmente.
Enrico Moscarelli

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Inviato da Anonimo
il 08/06/08 @ 23:25
Sig. Moscarelli, sono con lei per quanto riguarda i concetti che lei cosi' compiutamente espone.
Pero'sulle due proposte che lei propone, propendo maggiormente per la seconda in quanto la vedo piu' facilmente concretizzabile. Per la prima sua proposta, invece, rimango fermo sull'idea che il "risveglio delle coscienze" non e' ancora stato completato..... c'e' ancora molta strada da fare.
Ad astra per aspera !
Ambro

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Messaggio N°685 27-05-2008 - 21:40
Tags: Identità

Denominazione di Origine Napoletana
di d.o.n. Enrico Moscarelli

I mass media di questo bel paese da tempo portano avanti una guerra non dichiarata a Napoli. I napoletani vengono considerati, soprattutto dai leghisti e dai loro alleati, quasi alla stregua di un’etnia indesiderata. E come la conducono, i mass media, questa guerra? Ecco: non esponendo nelle migliori vetrine il meglio che Napoli e il Sud producono nel campo dell’industria, del commercio (sono rari gli accessi alle pubblicità televisive di prodotti del Sud), così come nel campo della cultura, della gastronomia, dell’arte, delle canzoni e quant’altro. Io, anzi, do sempre questo consiglio: se un napoletano è in possesso, sfortunatamente per lui, di una certa sub-cultura, meglio se ha anche un aspetto sgraziato e inelegante, e ancora meglio se si esprime in modo grossolano e volgare (l’optimum, poi, è, se si fa vedere mentre agita le braccia), si presenti fiduciosamente a chi seleziona quanti appariranno in tv: potrà agevolmente accedere ad importanti trasmissioni. Se, poi, c’è qualche efferato delitto, da parte dei mass media si considera normale, e anzi necessario, indagare fino alla settima generazione del reo, per non perdere l’occasione di proclamare l’utilissima notizia che il delinquente è napoletano o quanto meno “di origine napoletana”, un complimento che viene riservato anche ai “romeni”, agli “albanesi” e ad altri forestieri, ma che, ovviamente, nessun cronista si sogna di fare, per esempio, ad un delinquente di Abbiategrasso, veneziano o piacentino. Interi quartieri di Napoli, che io peraltro amo meno di altri più sfortunati, sono abitati da cittadini benestanti, tranquilli, normalmente colti e laboriosi: sono centinaia di migliaia di esseri umani che non sanno di vivere al di fuori della storia: essi sono inesistenti per i mass media, perché non corrispondono a ciò che sono, anzi che “devono” essere, “i napoletani”. Non esistono. Se venissero scoperti da qualche speleologo della notizia, potrebbero mettere in difficoltà giornali e tv. Ma non certo adesso. Adesso, come una manna dal cielo, è arrivata la spazzatura: un’opportunità meravigliosa per i denigratori. Se poi, nella spazzatura partenopea, c’è qualcosa di buono la si porta via (affinché i napoletani non la guastino o la rubino) come giustamente fecero i liberatori piemontesi quando scoprirono il tesoro di S. Gennaro, poi restituito, o come hanno fatto, più di recente, quando hanno adocchiato l’antichissimo Banco di Napoli, non ancora restituito. Un’altra tecnica è questa: se proprio emerge qualcosa di innegabilmente positivo e di valido, non se ne parla. Forse per non scandalizzare qualcuno con l’insolita e quindi incredibile notizia. Ora, non scherziamo! Si è mai visto un paese che fa la guerra ad una città che ne fa parte e che, per non dire altro, conta decine di migliaia di morti in guerra per difenderla? O si intende dar ragione all’intellettuale Calderoli che recentemente ha dichiarato che “Napoli non è Italia”? Non mi hanno detto nulla del DNA di Calderoli, anche perché, per me (non so se anche per lui), tutti gli uomini sono uomini. Ma non credo che, oltre ad essere un uomo, sia un gran lettore di classici antichi, anche perché i nostri pensosi parlamentari non hanno tempo per queste sciocchezze. Visto, però, che vengo a sapere dal “Corriere della Sera. it” che, secondo l’ineffabile utente del medievale carroccio « Napoli non è Italia », allora gli leggo un passo di Strabone, dal libro V, che tratta appunto dell’Italia, che proprio al primo paragrafo recita: « Più tardi, poi, dopo che i Romani ebbero concesso il diritto di cittadinanza agli italici, essi decisero di concedere lo stesso onore anche ai Galli cisalpini e ai Veneti » (Rizzoli, 1988, pag. 47). Vorrei anche ricordare che dapprincipio il nome Italia fu riferito alla parte più meridionale della Calabria. Se quindi Calderoli volesse proprio distinguere il suo glorioso e ricco paese da Napoli e dal Sud, ci userà la cortesia di scegliersi un altro nome… Attenzione: la guerra ai partenopei, immaginata da questa consorteria di politici e di proprietari di giornali e tv, sta per diventare visibile a tutti. Chi non si meraviglierebbe se la Francia dichiarasse guerra, per esempio, a Marsiglia? Qualcuno potrebbe insinuare che io soffro di una seria mania di persecuzione. Ma come la mettiamo con la precedente notizia secondo cui Rutelli cassò Napoli dall’elenco delle principali città turistiche italiane “fino a quando ci sarà immondizia per le strade”? E superò se stesso quando declassò il Forum Mondiale assegnato a Napoli per il 2013, a evento “minore”? Non sono questi dei chiarissimi atti di ostilità? Ma forse questi nemici di Napoli ignorano che i napoletani sono in questo pianeta, almeno trenta milioni. Basteranno la sistematica disinformazione e la calunnia a tenerli divisi e succubi? E fino a quando? Vorrei aggiungere solo una breve postilla: non ho scritto quanto sopra solo perché sono meridionale e napoletano, ma perché sono contro ogni forma di razzismo e ritengo che questa vergogna dell’umanità (altro che spazzatura!) dovrebbe essere severamente punita come un gravissimo comportamento criminale. E Napoli, in “questa” miserevole Italia, incapace di un minimo non dico di solidarietà ma di pudore, ne è vittima: qualcuno, pertanto, non sottovaluti o trascuri, imitando importanti enciclopedie, le Quattro Giornate di Napoli contro i nazisti. Napoli è molteplice, multiculturale e multietnica da secoli, esempio di convivenza civile e di fusione di popoli, e, quando è necessario, sa diventare una.

Inviato da: vocedimegaride - Commenti: 2

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Inviato da Anonimo
il 27/05/08 @ 23:53
Beh, io lo dico papale papale.
Calderoli ha le sue convinzioni e, io sono sicuro, quelle convinzioni lui non le cambiera' mai.
E' quindi " irrecuperabile " e " non suscettibile di miglioramento ".
E quindi ... al bando le parole, i ragionamenti logici, le citazioni dotte.
Con uno come Calderoli ci vuole un sacrosanto CUOFANO 'E MAZZATE !!
Ambro

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Inviato da Anonimo
il 28/05/08 @ 10:18
Decisamente Napoli è una realtà storica e culturale che non potrà mai cadere nel processo di globalizzazione, nonostante le coercizioni che subisce da tempo e che si traducono in deculturizzazione dei napoletani, consumismo sfrenato, amplificazione mediatica delle emergenze comuni a tutte le popolose metropoli. C'è una grande anima antica che guida il popolo inconsapevole, sempre attiva e dinamica come il fuoco che cova sotto le ceneri del dio Vesuvio.
marina

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Messaggio N°670 11-05-2008 - 19:36
Tags: Identità

Indiani d'America e "Briganti" Meridionali
di Lucio Garofalo


Intendo rievocare la memoria di altre terribili esperienze storiche in cui sono stati consumati veri e propri eccidi di massa, troppo spesso dimenticati o ignorati dalla storiografia e dai mass-media ufficiali. Mi riferisco allo sterminio degli Indiani d’America e ai massacri perpetrati a danno dei “Pellerossa” del Sud Italia, vale a dire i briganti e i contadini del Regno delle Due Sicilie. Dopo la scoperta del Nuovo Mondo ad opera di Cristoforo Colombo nel 1492, quando giunsero i primi coloni europei, il continente nordamericano era popolato da circa un milione di Pellerossa raggruppati in 400 tribù e in circa 300 famiglie linguistiche. Quando i coloni bianchi penetrarono nelle sterminate praterie abitate dai Pellerossa, praticarono una caccia spietata ai bisonti, il cui numero calò rapidamente e drasticamente rischiando l’estinzione totale. I cacciatori bianchi contribuirono così allo sterminio dei nativi che non potevano vivere senza questi animali, da cui ricavavano cibo, pellicce ed altro ancora. Ma la strage degli Indiani fu operata soprattutto dall’esercito statunitense che pur di espandersi all'interno del Nord America cacciò ingiustamente i nativi dalle loro terre attuando veri e propri massacri senza risparmiare donne e bambini. I Pellerossa vennero letteralmente annientati attraverso uno spietato genocidio. Oggi i Pellerossa non formano più una nazione, sono stati espropriati non solo della terra che abitavano, ma anche della memoria e dell’identità culturale. Infatti una parte di essi si è integrata completamente nella civiltà bianca, mentre un'altra parte vive reclusa in alcune centinaia di riserve sparse nel territorio statunitense e in quello canadese. Un destino simile, anche se in momenti e con dinamiche diverse , accomuna i Pellerossa d'America e i Meridionali d'Italia. Questi furono chiamati “Briganti”, vennero trucidati, torturati, incarcerati, umiliati. Si contarono 266 mila morti e 498 mila condannati. Uomini, donne, bambini e anziani subirono la stessa sorte. Processi manovrati o assenti, esecuzioni sommarie, confische dei beni. Ma noi Meridionali eravamo cittadini di uno Stato molto ricco. Il Piemonte dei Savoia era fortemente indebitato con Francia e Inghilterra, per cui doveva rimpinguare le proprie finanze. Il governo della monarchia sabauda, guidato dallo scaltro e cinico Camillo Benso conte di Cavour, progettò la più grande rapina della storia moderna: cominciò a denigrare il popolo Meridionale per poi asservirlo invadendone il territorio: il Regno delle Due Sicilie, lo Stato più civile e pacifico d'Europa. Nessuno venne in nostro soccorso. Soltanto alcuni fedeli mercenari Svizzeri rimasero a combattere fino all'ultimo sugli spalti di Gaeta, sino alla capitolazione. I vincitori furono spietati. Imposero tasse altissime, rastrellarono gli uomini per il servizio di leva obbligatoria (che invece era già facoltativo nel Regno delle Due Sicilie); si comportarono vigliaccamente verso la popolazione e verso il regolare ma disciolto esercito borbonico, che insorsero. Ebbe così inizio la rivolta dei Briganti Meridionali. Le leggi repressive furono simili a quelle emanate a scapito dei Pellerossa. Le bande di briganti che lottavano per la loro terra avevano un pizzico di dignità e di ideali, combattevano un nemico invasore grazie anche al sostegno delle masse popolari e contadine, deluse e tradite dalle false e ingannevoli promesse concesse dal pirata massone e mercenario Giuseppe Garibaldi. Contrariamente ad altre interpretazioni storico-meridionaliste, non intendo equiparare il fenomeno del Brigantaggio meridionale alla Resistenza partigiana del 1943-45. Per vari motivi, anzitutto per la semplice ragione che nel primo caso si è trattato di una vile aggressione militare, di una guerra di conquista violenta e sanguinosa (come è stata del resto anche la guerra tra fascisti e antifascisti), ma che ha avuto una durata molto più lunga (un intero decennio) dal 1860 al 1870. Una guerra civile che ha provocato eccidi spaventosi, massacri di massa in cui sono stati trucidati centinaia di migliaia di contadini e briganti meridionali, persino donne, anziani e bambini, insomma un vero e proprio genocidio perpetrato a scapito delle popolazioni del Sud Italia. Una guerra che si è conclusa tragicamente dando inizio al fenomeno dell’emigrazione di massa dei meridionali. Un esodo di proporzioni bibliche, paragonabile alla diaspora del popolo ebraico. Infatti, i meridionali sono sparsi e presenti nel mondo ad ogni latitudine, in ogni angolo del pianeta, hanno messo radici ovunque, facendo la fortuna di numerose nazioni: Argentina, Venezuela, Uruguay, Stati Uniti d’America, Svizzera, Belgio, Germania, Australia, eccetera. Ripeto. Se si vuole comparare la triste vicenda del Brigantaggio e della brutale repressione subita dal popolo meridionale, con altre esperienze storiche, credo che l’accostamento più giusto da suggerire sia appunto quello con i Pellerossa e con le guerre indiane combattute proprio nello stesso periodo storico, ossia verso la fine del XIX secolo. Guerre feroci e sanguinose che hanno provocato una strage altrettanto raccapricciante, quella dei nativi nordamericani. Un genocidio troppo spesso ignorato e dimenticato, come quello a danno delle popolazioni dell’Italia meridionale. Nel contempo condivido in parte il giudizio (forse troppo perentorio) rispetto al carattere anacronistico, retrivo e antiprogressista, delle ragioni politiche, storiche, sociali, che stanno alla base della strenua lotta combattuta dai briganti meridionali. In politica ciò che è vecchio è (quasi) sempre reazionario. Tuttavia, inviterei ad approfondire meglio le motivazioni e le spinte ideali che hanno animato la resistenza e la lotta di numerosi briganti contro i Piemontesi invasori. Non voglio annoiare i lettori con le cifre relative ai numerosi primati detenuti dalla monarchia borbonica e dal Regno delle Due Sicilie in vasti ambiti dell’economia, della sanità, dell’istruzione eccetera, né intendo in tal modo esternare sciocchi sentimenti di inutile nostalgia rispetto ad una società arcaica, di stampo dispotico e aristocratico-feudale, ossia ad un passato che fu prevalentemente di barbarie e oscurantismo, di ingiustizia ed oppressione, di sfruttamento e asservimento delle plebi rurali del nostro Meridione. Ma un dato è certo e inoppugnabile: la monarchia sabauda era molto più retriva, molto più rozza, ignorante e dispotica, meno illuminata di quella borbonica. Il Regno delle Due Sicilie era indubbiamente molto più ricco, avanzato e sviluppato del Regno dei Savoia, tant’è vero che esso rappresentava un boccone assai invitante ed appetibile per tutte le maggiori potenze europee, Inghilterra e Francia in testa. Tuttavia, questo è un argomento vasto e complesso che richiederebbe un approfondimento adeguato. Infine, concludo con una breve chiosa a proposito della tesi circa le presunte spinte progressiste incarnate dai processi di unificazione degli Stati nazionali nel XIX secolo e dello Stato europeo oggi. Non mi pare che tali processi abbiano garantito un reale, autentico progresso sociale, morale e civile, ma hanno favorito e generato quasi esclusivamente uno sviluppo prettamente economico. Voglio dire che l’unificazione dei mercati e dei capitali, prima a livello nazionale ed ora a livello europeo, o addirittura globale, non coincide affatto con l’unificazione e con l’integrazione dei popoli e delle culture, siano esse locali, regionali o nazionali. Ovviamente, le forze autenticamente democratiche, progressiste e rivoluzionarie devono puntare a raggiungere il secondo traguardo.


Inviato da: vocedimegaride - Commenti: 2

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Inviato da Anonimo
il 11/05/08 @ 20:08
Le stesse cose dice sovente Paolo Granzotto su Il Giornale. Sono ormai cose passate però, in certo modo, sempre attuali
Maria

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Inviato da Anonimo
il 11/05/08 @ 22:59
Ogni volta che vedo snocciolare, quasi freddamente, quei dati che attestano la devastazione della mia Patria ed il genocidio spietato della mia gente, mi si stringe il cuore.
Non riesco a farci l'abitudine
E pensare che molte volte si vuole anche il silenzio da parte nostra, ci si chiede di non lamentarci. Il nostro lamento da' fastidio ...... E' come se agli ebrei si chiedesse di smetterla una buona volta di lamentarsi dei forni crematori tedeschi. W il Sud. Sempre e ad ogni costo !
Ambro

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Messaggio N°655 21-04-2008 - 11:19
Tags: Identità

Corrispondenza da Scampia
di Domenico Di Renzo

Un viaggio nella periferia nord di Napoli tra miseria, indifferenza e voglia di normalità.
Napoli si stende lungo il litorale per vari chilometri, da Mergellina, poi per via Toledo che è un’elegante strada napoletana, presidiata da polizia e carabinieri che proprio su questa strada hanno il loro comando provinciale, v'è la sede del Municipio con il Sindaco e gli Assessori... passa per il Centro Direzionale, sede della Regione, fino a salire verso il nord sempre meno ordinato e più popolare. Abbandonato e solo, senza istituzioni, senza servizi, è un luogo ideale “per farsi”. Tra i mucchi di siringhe lì disseminate, i cumuli di spazzatura, la periferia nord di Napoli sembra lontana mille miglia, dalle luci, dai negozi, dai presidi degli agenti di polizia, dal centro bene della città. Eppure qui si trova un commissariato di polizia, una caserma dei carabinieri, persino un comando di polizia municipale. Secondigliano e Scampia raccolgono insieme, nella settima ed ottava municipalità più di 300.000 cittadini e non c’è un ospedale, un servizio d’ambulanza, un pronto soccorso. Talvolta in casi eccezionali, “quando ci scappa il morto”, un posto di blocco, una paletta e poi… l'oblio Chi passa di qui ormai non fa caso a chi si buca, a quei fantasmi, agli zombi che provengono anche da fuori provincia.. Non fa caso a niente. Si fa i fatti suoi, tira a campare per amore di quiete. E' anche questa Napoli. Una strada sopraelevata a scorrimento veloce ha nascosto il cielo del Don Guanella, una metropolitana collinare,che sembra sperduta e male concepita, mucchi di spazzatura ed un’umanità dolente, rassegnata, disfatta, dimenticata. Napoli è anche questa. Una delle tante Napoli. Un caleidoscopio infinito d’immagini. Un teatro che ci offre alternativamente maschere tragiche e maschere comiche. Non è solo quella che è descritta dai giornali. Ci sono Posillipo, Mergellina e Chiaia che si affacciano su uno dei panorami più belli del mondo. C’è poi Capodimonte e Colli Aminei. Napoli del Vomero e dell’Arenella, di Fuorigrotta... c’è Bagnoli, la perla destinata all’inizio del secolo ad ospitare i veleni dell’Italsider, distruggendo inopinatamente e criminalmente il più spettacolare angolo paesaggistico della città. È doveroso dirlo ma la città è stata abbandonata da decenni nelle mani dei più sordidi affari. O meglio del malaffare. Politica e collusioni. Tracotanza e potere. Dimenticanza ed incompetenza. Servono casi eclatanti, malattie, rifiuti abbandonati nelle strade, incidenti mortali, l’esplodere di delitti per svegliare le coscienze della gente e spingere la società civile a ribellarsi. Non c’è una sola camorra ma tante sono le camorre. Esse sono presenti ovunque e come un cancro malefico estirpatane una le altre, come metastasi, ricompaiono di nuovo. La camorra prolifica sull’ignoranza, sull’emigrazione clandestina, sul sistema degli appalti, sulla munnezza, sulla mancanza di lavoro, sulla miseria della gente, e soffoca tutta Napoli, da Mergellina al Vomero,alla Ferrovia a Scampia. La camorra è un cancro che va estirpato non solo con le forze dell’ordine ma con la diffusione della cultura e della legalità come quotidiano che entra in casa con il pane quotidiano, che ti parla non solo di cuore e mandolino, di straordinarietà e d’emergenze continue ma di normalità del vivere civile senza demagogia, senza ricerca di sensazionalismo. Anche le istituzioni parlano di contrasto al malaffare intanto è sotto gli occhi di tutti che l’università a Scampia, dopo le fantasmagoriche dichiarazioni, dopo il buco delle fondazioni, non vedrà mai la luce; la piazza collegata, dopo l’inizio dei lavori, dopo la chiusura dell’arteria di Viale della Resistenza, è in coma irreversibile, il campo di calcio di serie C, è ormai distrutto o fatiscente. Si parla di precarietà del lavoro, ma quando sarà affrontato seriamente il precariato, la continua emergenza cui la zona Nord di Napoli è stata condannata. Nel 1994 si parlò del “Rinascimento” di Napoli. La realtà sarebbe dovuta essere un’altra. Si doveva semplicemente parlare di ritorno alla “normalità. Bisognava che chi si era impegnato nell’opera di amplificare, di propagandare all’infinito idee e personaggi, ricordasse che raccogliere l’immondizia dalle strade, pattugliare un quartiere a rischio, rendere più vivibile una piazza sgombrandola da centinaia d’auto parcheggiate senza ordine alcuno significa soltanto passare dalla sub-normalità alla normalità, significa ridare ai cittadini il loro diritto di vivere il loro quartiere, la propria città come semplicemente accade altrove. Quando si ripristina la vivibilità,non si può e non si deve parlare di miracolo, di un evento straordinario. La normalità non deve mai apparire come un fatto eccezionale. Napoli vuole vivere di normalità. Il terremoto del 1980 ha visto il prolificare di quartieri ghetto: Scampia, il Bronx di San Giovanni a Teduccio, Ponticelli che, come le Vele di Scampia, inseguivano il sogno impossibile, studiato a tavolino, di creare edifici-comunità dove la gente si sarebbe incontrata in un progetto di vita comune e solidale. Hanno invece creato dei lager dell’illegalità, ad uso e consumo dei clan camorristici. Le Vele di Scampia, senza mezzi termini, andavano abbattute. Subito. Ieri, non domani. Non si fa“la rivoluzione” stando nei salotti. Dobbiamo denunciare che dopo un primo sgombero, si tollera che vi sia una rioccupazione degli appartamenti, che vi sia una ricostruzione delle scale e che una nuova umanità, proveniente dalle zone più degradate del territorio ne riprenda il possesso. Sotto lo sguardo vigile della Camorra, con le complicità della politica. Complice dicevamo e sosteniamo il lassismo imperante, la mancanza di controllo delle istituzioni, la connivenza delle frange estreme e radicali. Non c’è nessuna giustificazione nel consegnare al malaffare il controllo di chi entra o chi esce dalle case popolari, nel sopportare la demagogia, nel condannare gli altri assegnatari a crescere i propri figli nel degrado tra siringhe e rifiuti e topi. Povera Napoli. Scampia e Secondigliano due realtà ma, da sempre, una diversa dall’altra. Secondigliano è molto diverso da Scampia, un quartiere che risale fino all’epoca dei grandi casali, con una sua storia,i suoi prodotti, le sue sagre, le sue feste, le sue chiese. Fino a metà degli anni Ottanta Secondigliano, era una fucina di attività. C’era la Banca popolare di Secondigliano, crocevia della zona e degli interessi del quartiere, c’erano circoli culturali e sportivi, imprese agricole ed artigianali, come prima, fin da epoca medioevale, c’era stata la lavorazione del baco da seta e del cuoio,dello strutto, mulini e pastifici, la coltivazione delle ciliege. C’erano un giornalino locale, cinque cinematografi e un teatro . Ora non c’è più niente, si è persa l’identità. Si è voluto che tutto morisse, così quel vuoto è stato riempito da altri, che si sono impossessati del territorio. Scampia, nato nel 1974, è noto come il quartiere 167, “ la 167 “ dal numero della legge sull’edilizia popolare in base alla quale è nato, cresciuto, scoppiato. Era destinato ad essere un quartiere residenziale, modello. Luogo di scambio con la provincia, sede di istituzioni decentralizzate, dal caotico centro di Napoli. Più verde, più servizi. Poi il terremoto, quello vero e Scampia, è abortita, ammalata, perennemente in affanno , in coma, non reversibile. La gente vi è stata portata, o come dirla deportata. Stratificazioni di gente diversa, di zone diverse, di diverse educazione, di diversa o poca cultura. E’ un ghetto, senza semafori, senza negozi, senza aggregazione . Un susseguirsi, un agglomerato di casermoni, di case, senza servizi. Segno distintivo le Vele, costruite dall’architetto Franz di Salvo, un luminare, internazionalmente riconosciuto ed osannato. Quando furono costruite erano sette, l’una sull’altra, senza sole, senza aria, senza anima, senza scampo. Due di esse sono state abbattute solo dopo venti anni, solo dopo che è stato ufficialmente riconosciuto da vari esperti, partoriti dalla stessa mentalità, che si era imposta la rappresentazione anche architettonica della massa amorfa, dei soli principi del lavoro e del quartiere dormitorio, che gli edifici non rispondono ai basilari principi di abitabilità, di vivibilità. Scampia, ora, con Chiaiano e Piscinola fa parte della ottava Municipalità,con circa 120.000 abitanti, con sparute attività commerciali, senza presidi medici, poche farmacie, senza cinema, ristoranti, un teatro, senza piazze, con le sue chiese, ricavate in prefabbricati, senza luoghi di incontro,senz’anima né storia, né tradizioni, senza attività produttive, con la maggiore presenza di giovani, come la maggiore percentuale di abbandono scolastico, non può che rappresentare un regalo prezioso per la Camorra. Affollamento, mancanza di lavoro, precariato della vita, discriminazione sociale ed intellettuale, voglia di rivincita ed esempi sbagliati, hanno fatto di Scampia la principale centrale di smercio di droga di tutta la provincia di Napoli e di quelle limitrofe, il più grande supermarket italiano di stupefacenti: eroina, cocaina, e quanto altro esiste in natura o derivante da sintetizzazione chimica. Anche perché esiste una capillare distribuzione con prezzi molto competitivi e bassi. Scampia è abbandonata a se stessa. Ma c’è tanta voglia di legalità e di normalità. C’è tanta voglia da parte della gente di riappropriarsi del territorio. Il comune avrebbe dovuto passare alle municipalità, ogni tipo di competenza, ogni tipo di decisione, ogni potere, in nome del decentramento. Ma questo non è stato. Le municipalità, sono mutilate, inesistenti ed anche esse si dibattono tra mancanze di ogni genere. Scampia e Secondigliano 300.000 cittadini circa, non possono competere assolutamente con le più fortunate cittadine di media consistenza del centro-nord, dotate anche se piccole di tutti i servizi. A tutto questo saranno chiamate le istituzioni e gli organi presenti sul territorio, perché sia ripristinata ogni normalità, perché non siano più consentiti ogni altro tipo di abuso,perché sia rispettata legalità e voglia di vivere. Saranno esse in grado di trasmettere, Sicurezza e presenza, lo speriamo vivamente, perché Napoli, già in affanno per una politica scriteriata e rinunciataria, non potrà risorgere senza passare prima per le sue stesse periferie.

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Messaggio N°646 06-04-2008 - 19:11
Tags: Identità

UN MUSEO NAVALE PER NAPOLI

http://www.petitiononline.com/2008navy/petition.html è l'indirizzo della petizione poc'anzi da noi lanciata in rete; ve ne chiediamo sottoscrizione e massima diffusione. - la redazione -

Al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano
Al Capo di Stato Maggiore della Difesa generale Vincenzo Camporini
Al Capo di Stato Maggiore della Marina Militare ammiraglio di Squadra Paolo La Rosa
Al Ministro della DIFESA in carica
Al Presidente della Regione Campania
Al Presidente della Provincia di Napoli
Al Sindaco di Napoli

PETIZIONE POPOLARE PER L’EDIFICAZIONE E L’ORGANIZZAZIONE DI UN MUSEO STORICO NAVALE IN NAPOLI

Illustri Signori,
è innegabile che la Storia della Marina Militare Italiana principiò sotto il cielo napoletano, ove si acclarò quale Real Marina – in Europa, seconda solo agli Inglesi - durante il glorioso Regno delle Due Sicilie, che fu poi colonizzato e ingiustamente “continentalizzato” in epoca post-risorgimentale quindi deprivato delle sue massime peculiarità: la flotta mercantile e quella militare, i numerosi porti e la marineria, i collegi militari, la cantieristica navale, le attività marittime e marinare e gli scambi commerciali, sprofondando, così, il Mezzogiorno d’Italia nel vortice del declino che l’ha frullato nel budino ch’è ora, ovvero il bacino depresso d’Italia e d’Europa. Tanta “acqua”… del mare nostrum è passata sotto i ponti dell’oblio e del disfacimento dell’orgoglio identitario delle genti marinare del Sud dell’Italia ed oggi più che mai si ha la necessità ed il dovere morale ed istituzionale di recuperare Dignità a costoro ed alle loro gloriose radici offese, occultate. E’ incredibile come ad una città quale Napoli, sorta tra i seni salati di una dolce creatura marina che è il simbolo stesso dei nostri antichissimi natali e della nostra più intima essenza, la storia del ‘900 abbia praticato una lobotomia radicale, privandola persino delle memorie, della personalità, per relegarla esclusivamente nella volgare iconografia folkloristica, ch’è – mi perdonino – autentica pornografia. I tempi odierni che vedono l’affaccendarsi di tutte le più importanti Istituzioni di Stato al capezzale della “dichiarata” moribonda Napoli, laddove si cercano disperatamente medici e medicine anche costosissime, per rimetterla in piedi, non fanno sperare nel miracolo a breve della sua guarigione. Un input vivificante sarebbe rintracciabile esclusivamente nel riacculturamento delle genti napoletane, restituendo loro la storia negata ed insieme l’orgoglio. I tempi moderni del federalismo invitano i piccoli popoli d’Italia alla riacquisizione delle lingue e dei dialetti, delle tradizioni, usi e costumi e della storia di ognuno, differente secondo ogni diversa coordinata geografica e comunque tutti – nessuno escluso – partecipi della Dignità Nazionale Italica. Sarebbe l’ora di restituire anche a Napoli il privilegio dei suoi primati, delle sue eccellenze in numerosi campi dell’ingegno e della cultura, che vanno al di là dell’abusato “pizza e mandolino” , “camorra e tammorra”, “monnezza e assistenzialismo”. Conosciamo bene l’attività dell’eccellente MariDist di Napoli per la sua notevole sensibilità culturale e per il suo rispettoso amore per le origini partenopee della Marina Italiana ampiamente dimostrate, per esempio, durante la presentazione della mostra de “I rami dell’Atlante Marittimo” Napoletano e di altri eventi grandiosi ai quali non è mai stato dato, a nostro avviso, il giusto riconoscimento nazionale e la piena diffusione massmediatica. Confidiamo che vogliate condividere e sostenere, anche nell’opportunità di un rilancio turistico di questa città UNICA AL MONDO, la richiesta di noi che amiamo Napoli - e che siamo tra i pochi privilegiati ad avere avuto la possibilità di poterne approfondire la conoscenza storica – per l’edificazione e l’organizzazione di quel Museo Navale che riteniamo debba spettare di diritto alla “mamma” per eccellenza della Marina Militare Italiana, che si è fregiata per lungo tempo del titolo di Ammiraglia dei mari d’Europa, che ha dato alla luce generazioni e generazioni di coraggiosi marinai ed esploratori. Con un rapido accenno ai lontanissimi successi in soccorso alla flotta della Serenissima, nella battaglia di Lepanto, non dimentichiamo i suoi eccellenti primati nazionali, europei e mondiali, tra i quali:
1783 – Primo Codice Marittimo (Michele Jorio) adottato, poi, anche da altre Nazioni;
1792 - Primo Atlante Marittimo – Rizzi Zannoni – elaborato dalla prestigiosa Scuola di Cartografia Marittima;
1818 – Prima nave a vapore “Ferdinando I”;
1833 – Prima nave da crociera “Francesco I” in Europa;
1836 – Prima compagnia di navigazione a vapore nel Mediterraneo, e agenzia marittima;
1841 – Primo sistema a fari lenticolari a luce costante in Italia;
1843 – Prima nave da guerra a vapore d’Italia, pirofregata “Ercole”, varata a Castellammare;
1852 – Primo bacino di carenaggio in muratura in Italia, Porto di Napoli;
1852 – Primo telegrafo in Italia;
1853 – Primo piroscafo nel Mediterraneo per l’America , il “Sicilia” della Società Sicula Transatlantica del palermitano Salvatore De Pace. gg. di navigazione 26;
1860 – Prima flotta mercantile e prima Flotta Militare d’Italia (seconda al mondo);
1860 – Prima nave ad elica “Monarca” varata a Castellammare; che fu la prima ammiraglia del successivo Regno d’Italia e sul cui disegno fu realizzata la più recente “Vespucci”, nostra gloria nazionale;
1860 – La più grande Industria Navale d’Italia per numero di operai ( Castellammare, 2000 operai)…
… e sono solo alcuni…
L’onestà intellettuale che deve essere requisito fondamentale delle Istituzioni Pubbliche, deve riconoscere a Napoli le sue prerogative e le sue eccellenze, se davvero si vuole seminare nella Napoli “smarrita” di oggi, l’orgoglio che scaturisce dal senso dell’appartenenza e se se ne vuole rilanciare una più decorosa immagine. A prescindere quindi dal fatto che Napoli merita ed esige il suo Museo Navale, i napoletani meritano ed esigono la Dignità che gli spetta…perché il solo “Museo dell’Emigrante”, sinceramente, li offende.
VAI SU http://www.petitiononline.com/2008navy/petition.html E FIRMA!


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Inviato da Anonimo
il 07/04/08 @ 12:39
Iniziativa lodevole e meritoria che si basa sulla rivalutazione di fatti storici precisi ed inoppugnabili.Un'iniziativa che contribuisce a far si' che a Napoli, e alla sua cultura, venga restituita giustizia oltre che dignita'
Ambro

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Inviato da Anonimo
il 07/04/08 @ 13:08
Ci sarebbe anche il Catechismo Nautico di Marcello Eusebio Scotti (procidano) del 1788, primo e forse unico trattato sui "Doveri di tutti gli abitatori delle città marittime"...

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Inviato da vocedimegaride
il 07/04/08 @ 13:57
UNA NAVE DI BRIGANTI E INSORGENTI Giovedì 10 aprile 2008 incontriamoci per dire basta alla casta Un segnale di protesta verso il disastro economico e ambientale che ha colpito Napoli attraverso l’incapacità di chi governa a livello centrale e locale. Rendere costruttivo il senso di sfiducia verso la "Casta" e la sua autoreferenzialità, che la rende incapace di ascoltare la voce ed i problemi reali della gente, dando vita, insieme, ad una sana insorgenza. Questo il senso della manifestazione che la nostra testata “Il Brigante”, insieme al Movimento "Insorgenza Civile" e all’Associazione "Opus Teatra" sta organizzando per giovedì 10 aprile 2008 con l’obiettivo di mettere a fuoco proposte costruttive da proporre ed imporre alla prossima classe politica. Invitiamo i cittadini a partecipare al progetto di rivalorizzazione della cultura e tradizioni napoletane contattando la nostra redazione o "Insorgenza Civile". L’incontro, che è nella piena fase di organizzazione e definizione delle adesioni, si articolerà in una conferenza stampa prevista per le ore 10:30 alla Stazione Marittima di Napoli presso la Sala Conferenze della Lauro.it A presentare l’iniziativa un primo gruppo di inguaribili innamorati del Sud: Salvatore Lauro, Pasquale Squitieri, Enrico Durazzo e Vittoria Mariani con veloci interventi moderati dal direttore Gino Giammarino. In serata, a partire dalle ore 19:00, si prenderà il largo dal Molo Beverello su una nave messa a disposizione dal gruppo Lauro dove una serie di performance intratterranno cittadini, artisti, professionisti, giornalisti e liberi pensatori che potranno confrontare e mettere a fuoco idee e progetti possibili per un vero "cambiamento di rotta" nell'amministrazione dei nostri territori. Si dispensa dalla partecipazione eventuali candidati alle elezioni politiche di qualsiasi livello.
Per contatti e informazioni: Redazione Il Brigante tel. 081 4972320 mail: info@ilbrigante.com
Insorgenza Civile Vittoria Mariani tel. 333 8298289
mail: vittoria_mariani@fastwebnet.it

 

Inviato da Anonimo
il 10/04/08 @ 16:39
Al di là di ogni considerazione limitata nel tempo storico, Napoli è stata sempre terra di mare e di marineria. Merita questo riconoscimento, come tanti altri.Con l'augurio che passata la nuttata e la politica dei piccoli passi, dei più recenti baci ed abbracci, di quelli stessi rappresentanti odierni di una classe politica sorda , cieca, collusa e mallevatrice della politica fallimentare napoletana, ci possa essere un vero rinascimento in caso contrario, a chi è legato ad essa , peste lo colga.
Domenico Di Renzo.

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Inviato da Anonimo
il 07/04/08 @ 20:56
Per una delle solite follie dei giorni nostri, corre voce che si voglia demolire l'Arsenale borbonico, per dare spazio al diportismo nautico, nell'ambito di una "ristrutturazione" (?!) del porto. E perché, viceversa, non pensare proprio a quello spazio come sede dell'auspicato museo?
Sergio Zazzera

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Messaggio N°617 14-03-2008 - 10:51
Tags: Identità

via crucis negli scavi di Cuma
Ufficio-stampa cirobiondi@alice.it

Alle riscoperta delle radici del cristianesimo flegreo con i giovani della diocesi. Domenica 16 marzo (ore 15,30) via Crucis dei giovani presieduta dal vescovo di Pozzuoli Ripercorrere i sentieri delle origini della nostra fede. Questo il motivo per cui l'Ufficio diocesano di pastorale giovanile ha scelto quest'anno di realizzare nel sito archeologico di Cuma la Via Crucis dei giovani, che si svolgerà domenica 16 marzo, con inizio alle ore 15.30.
«Avvertiamo un forte desiderio - afferma don Mario Russo, responsabile della pastorale giovanile della diocesi puteolana - di riscoprire le radici del cristianesimo nel nostro territorio, anche in previsione dell'ormai prossima proclamazione da parte del Santo Padre dell'Anno Paolino, che inevitabilmente ci vedrà protagonisti, per il fatto stesso che già negli Atti degli Apostoli si parla di una comunità cristiana a Pozzuoli che accolse San Paolo. Fare una Via Crucis a Cuma significa proprio ritrovarsi su quei luoghi che testimoniano i segni di quella presenza: pensiamo alla Basilica paleocristiana con il battistero o ai numerosi graffiti cristiani».
Significativa anche la scelta di affidare ai giovani di ogni forania la lettura di preghiere nelle stazioni della Via Crucis, con l'individuazione di tematiche di grande attualità (giustizia, solidarietà). Saranno loro a portare la Croce e le fiaccole accese. In particolare la prima stazione, "Gesù condannato alla morte di croce" (nella quale ci si soffermerà sul tema della giustizia), sarà affidata ai giovani della forania di Fuorigrotta; la seconda, "Gesù incontra sua madre" (riflessioni sul tema "Sì di Maria fino alla fine"), alla forania di Soccavo; la terza, "Gesù aiutato da Simone di Cirene" (tema della solidarietà), alla forania di Bagnoli; la quarta, "Gesù riceve l'omaggio della Veronica" (soffermandosi sul volto di Gesù), alle foranie di Pozzuoli 1 e Pozzuoli 2; la quinta, "Gesù spogliato delle vesti" (tema della dignità dell'uomo), alla forania di Quarto; la sesta, "Gesù inchiodato, muore in croce", alla forania di Bacoli - Monte di Procida. La Via Crucis si chiuderà con un messaggio di fiducia verso il futuro. Infatti nella settimana stazione, "Gesù deposto nel sepolcro", affidata ai giovani della forania di Pianura, si punterà l'attenzione sul tema: "Il silenzio della speranza".
Per accedere all'area archeologica è necessario avere un pass che è distribuito in questi giorni nella parrocchia Sacro Cuore ai Gerolomini in Via Giuseppe Chiaro, 6 a Pozzuoli (081.5261727)

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Messaggio N°599 22-02-2008 - 21:10
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La tradizione dei primati del Sud
PARLIAMO DI INDUSTRIA SERIA: L’ANSALDO
di Antimo Ceparano

Nella Storia Industriale Italiana l’Ansaldo è indicata come realtà genovese. In parte, è vero. In parte, non è così. Per capire qualcosa bisogna andare indietro nel tempo. In modo specifico nella zona della Stazione Centrale di Napoli dove un buffo signore troneggia e resta impotente a vigilare su ladruncoli e prostitute, figli di una conquista da lui voluta e gestita da un re straniero, sgraziato ed arrogante. Dicevo che in quella zona, comunemente detta delle Case Nuove (‘e case nove) c’era la prima fabbrica di automobili creata in Italia, qualche anno prima della FIAT e dell’Alfa Romeo, quest’ultima, creazione dell’ing. Romeo nativo di sant’Antimo (Na) e anche lui, da buon meridionale, meritevole di veri elogi ma privo di statue che ne ricordino l’autorevolezza (al contrario di chi, rubando Regni e macellando Popoli, è considerato il Padre della Patria). Da quell’antica fabbrica cominciò l’evoluzione industriale di un Sud sempre operoso e generoso, all’avanguardia, che di mutazione in mutazione portò ai cantieri Amstrong, alla S.E.N. (società elettrica napoletana) da cui sorsero in contemporanea due rami, per farla breve, l’attuale ENEL e l’Ocren trasformata poi in Italtrafo e in ultimo Ansaldo.
L’Ansaldo di Napoli ha subito un’evoluzione sostanziale e strategica che in un ventennio appena l’ha portata a trasformare una parte del business in una realtà come l’Ansaldo Trasporti Sistemi Ferroviari che ad oggi detiene (dopo appena sette anni di presenza autonoma sulla scena mondiale) la gestione di circa il 20 per cento del teatro industriale del sistema trasporti mondiale, ponendosi da pari a pari, se non superando colossi come la Siemens.
Oggi, Ansaldo Napoli (ATSF) e Ansaldo Signal sono sulla via di una fusione industriale, per dare vita a una Multinazionale del sistema e del segnalamento dei trasporti progettualmente mai concepita prima d’ora. E’ il caso di dire che le Menti che regolano e che lavorano in un modo eccelso a tutto questo sono Meridionali e per di più campani: l’ing. De Luca e l’ing. Roberti. Rappresentanti meravigliosi di una classe dirigente guida che comunque esiste e va valorizzata nonostante la tanto declamata “munnezza” che ci circonda.
(immagine: ritratto dell'ing. Nicola Romeo)

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Inviato da Anonimo
il 22/02/08 @ 21:46
Bravo Antimo
Ti ho letto anche su " Il Brigante ".
Continua cosi' nella tua opera meritoria di ricordare a tutti cosa siamo stati e cosa ANCORA OGGI SIAMO.
Io vorrei tanto che i giovani leggessero queste cose, ma ahime', io purtroppo li sento lontani e con la mente confusa o annebbiata da altre cose.....
Ambro

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Messaggio N°576 27-01-2008 - 12:16
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Ricordiamoli TUTTI gli olocausti sulla Terra
di Claudio Moffa


LA MEMORIA E LE MEMORIE: DI TUTTI, PER TUTTI
L’UNIVERSITA’ DI STATO TAPPA LA BOCCA AL PAPA MA SPALANCA LE PORTE ALLA GIORNATA DELLA MEMORIA DEI SOLI EBREI. CERIMONIA RELIGIOSA PIU CHE STORIA, DA VAGLIARE CON ATTENZIONE E SENZA TABU’: A COMINCIARE DA UN ARTICOLO DEL THE AMERICAN HEBREW DEL 1919, NEL QUALE GIA’ COMPAIONO IL TERMINE “OLOCAUSTO” E LA CIFRA 6 MILIONI (UN NUMERO CABALISTICO? PER QUESTO INCRITICABILE FINO A CONDANNARE IN FRANCIA, AUSTRIA E GERMANIA CHI LO METTE IN DISCUSSIONE?) COME COSTITUENTI ESSENZIALI DEL MITO DELLA “CROCIFISSIONE” DEL POPOLO ELETTO. MA ATTENDERE AL RITO – MENTRE ISRAELE MASSACRA I PALESTINESI DI GAZA, SOLLEVANDO INDIGNAZIONE NELLA COMUNITA’ INTERNAZIONALE - E’ VERAMENTE OBBLIGATORIO? I DOCENTI E STUDENTI VERAMENTE LAICI, VERAMENTE COMUNISTI, VERAMENTE CATTOLICI, VERAMENTE LIBERALI, VERAMENTE FASCISTI, DEBBONO PARTECIPARE O POSSONO ASTERNERSI IN PIENA LEGITTIMITA’? SE COSI’ FOSSE, OGNUNO POTREBBE CELEBRARE I PROPRI MORTI, O MEGLIO ANCORA TUTTI, ASSIEME, POTREBBERO RICORDARE TUTTI I MORTI, QUELLI EBREI COMPRESI, DELL’IMMANE CARNEFICINA DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE: MAGARI NON A GENNAIO, MA NELL’ANNIVERSARIO DELLA FINE DELLA II GUERRA MONDIALE, O IN QUELLO DELL’OLOCAUSTO DI HIROSHIMA E NAGASAKI, IL CRIMINE DI GUERRA PERPETRATO DAL CAPITANO LEWIS DELLA US AIR FORCE IL 6 AGOSTO 1945. MA ECCO PERCHE’ LA LEGGE SULLA MEMORIA – PER ALTRO IN ODORE DI POSSIBILE INCOSTITUZIONALITA’ - NON PRESENTA NULLA DI PRESCRITTIVO, SOPRATTUTTO PER LA MASSA DEGLI INSEGNANTI E DEGLI STUDENTI.
La legge sulla memoria delle vittime ebree nella II guerra mondiale è prescrittiva per le scuole e le università italiane? Ragioniamo sulla questione:
1)Il dettato della legge 211 del 2000 sulla memoria di Auschwitz è analogo a quello della legge 61 del 2005 sul abbattimento del muro di Berlino: si usano in entrambe i casi locuzioni passive (legge 211, art. 2: “sono organizzati cerimonie, iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione”; legge 61 comma 2: “vengono … organizzati cerimonie…”) che al massimo (ma è da vedere) possono essere prescrittive per i dirigenti scolastici, e non certo per la massa di studenti e di insegnanti.
2) La legge sul muro di Berlino non è stata rispettata il 9 novembre scorso praticamente da nessuno, da nessuna scuola in nessuna parte d’Italia (il che peraltro è assolutamente positivo per chi scrive: quel che di tragico è seguito in tutto il mondo a quell’evento simbolo dell’equilibrio bipolare defunto vent’anni fa, è evidente): i pochissimi eventuali casi di celebrazione che dovessero emergere da una inchiesta puntuale sarebbero comunque l’eccezione che conferma la regola dell’assoluta volontarietà della norma, deducibile dal suo stesso dettato.
3) Ergo, questo principio deve valere anche per la legge 211 del 2000. Nessun obbligo, e forse la necessità di chiarire la questione anche dal punto di vista costituzionale, peraltro con riferimento a tutta la sequela di giornate della memoria, con cui ogni parte politica si è ritagliato il proprio orticello propagandistico (c’è anche la giornata della memoria sul terrorismo) ad offesa della scuola pubblica, pluralista e laica.

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Per questi motivi "Megaride" ha scelto di corredare l'articolo del prof. Claudio Moffa con immagini dell'olocausto dei regnicoli delle Due Sicilie, volutamente ignorato dai "fratelli d'Italia", rimandandovi anche alla lettura di un articolo di Marina Salvadore del 2001 dal titolo "Olo Caustico" al link http://www.vocedimegaride.it/html/Articoli/olocaustico.htm

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Inviato da Anonimo
il 28/01/08 @ 00:23
e i pellerossa americani non hanno diritto alla celebrazione del loro olocausto?
Nino Cammarano - Napoli

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Inviato da Anonimo
il 29/01/08 @ 01:20
Bravo, Cammarano! I nativi americani subivano negli stessi anni pulizia etnica come i meridionali! C'era un grande "brigante", addottorato e appassionato, un certo Carmine Palatucci, morto troppo giovane, che scrisse belle pagine su questo parallelo storico.
marina

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Messaggio N°573 25-01-2008 - 11:58
Tags: Identità

Giornata della Memoria Sudista

26/01/08 ore 16.30 presso l'hotel Europa corso Meridionale, nei pressi della stazione centrale di Napoli, IDENTITA' REGIONALE presenta il libro:
La "Fedelissima" Civitella del Tronto
L’ultimo baluardo del Regno delle Due Sicilie

Inviato da: vocedimegaride - Commenti: 0

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Messaggio N°554 13-01-2008 - 14:15
Tags: Identità

Unicum monnezza: Contrada Pisani & Contrada Bruno
Marina Salvadore

Corsi e ricorsi storici: sul sentiero di De Gennaro si frappone sempre, come una maledizione, un “contrada”. Che si tratti di un Contrada Bruno o di una Contrada Pisani poco cambia; sono entrambi le medaglie al valore appuntate sul petto del grintoso Kommissair, entrambe il simbolo dello sfascismo di Stato, con le più adeguate “marce su Roma” verso lo sfolgorante sole nascente del virtuale Soviet. Contrada Bruno e Contrada Pisani, i capisaldo dell’italico Divide et Impera, in barba alle trite filippiche sul Risorgimento e la Resistenza, ammannite al volgo per tenerlo in gregge composto nel serraglio della Pol Pot all’italiana che, per quanto curata nell’immagine e nella retorica da strepitosi effetti speciali, non è da meno in quanto a crudeltà ed arroganza. Contrada Bruno e Contrada Pisani uniti in un’unica monnezza internazionale della quale le montagne di sacchetti di rumenta sono solo l’ingenua coreografica installazione artistica: il LOGO di REGIME! …E Napoli resta a guardare. Resta a guardare millenni di civiltà alle sue spalle, spariti in una discarica occulta, con un Bruno Contrada al “gabbio” sepolto anch’egli sotto tonnellate di monnezza umana e con gli stragisti quali Bassolino, Jervolino e compagni di merende a piede libero, ancora lì seduti sui tronetti d’oro al vertice della scalinata… sul cocuzzolo della montagna di pattume di Stato: “’e galli ‘n’gopp’à munnezza!”.La monnezza campana non produce solo miasmi e malattie, scarso decoro urbano e pubblicità negativa. La monnezza ha fatto strage di un’economia locale che ha fatto a sua volta strage di imprese, di prodotti doc e dop, del turismo, di lavoratori, di famiglie… sprofondando ancor più – sotto lo zero assoluto – come ( e peggio) dopo l’invasione del Mezzogiorno da parte dei piemontesi. Anche allora lo sfascio fu possibile grazie alla connivenza con la Camorra ed al tradimento degli autoctoni ed anche ora si deve ammettere che la responsabilità dello sfascio, come allora, grava esclusivamente sugli autoctoni più che sull’arrogante “straniero”. Der kommissair dovrebbe a questo punto dimostrare di essere colui il quale siamo stati abituati a conoscere: efficiente oltremisura, sanguigno e privo di rimorsi e rimpianti… e sbattere in galera gli autorevoli colpevoli, senza pietà! Purchè non si trinceri anch’egli dietro l’alibi dei veri malfattori per i quali a Napoli anche se piove è colpa della Camorra. Dovrebbe saperlo, lui ch’è stato abituato a gestire i pentiti della Mafia, chi e dove sono i veri colpevoli! Dovrebbe decidere, subito, se essere ancora il temuto ed integerrimo Capo della Polizia o il Gregario della Pubblica Malamministrazione, magari riflettendo – con l’intuito sempre affinato che lo distingue – sugli strani intrecci tra Contrada Pisani e Contrada Bruno, templi della monnezza istituzionale!… purchè il volgo non si chieda com’è possibile per il kommissair - a meno che di cognome non faccia "San Gennaro" - incamerare titoli e cariche a iosa, pur se risulta indagato anch’egli. Per i fatti di Genova: sì... monnezza fuori porta!

Inviato da: vocedimegaride - Commenti: 7

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Inviato da vocedimegaride
il 13/01/08 @ 16:19
Ci meraviglia (?) il silenzio di Grillo e di Travaglio in ordine all'ennesimo indagato di Stato che occupa cariche governative...Loro, così attenti a stilare elenchi di proscrizione!

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Inviato da Anonimo
il 13/01/08 @ 18:47
forse chi vuole Contrada in carcere deve proteggere il nuovo "San Gennaro"?
Maria

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Inviato da Anonimo
il 13/01/08 @ 19:43
Contrada perchè non parli invece di proclamare solo a parole la tua innocenza? Perchè non dici chi è De Gennaro e come ha fatto per passare indenne sotto tre governi di colore politico così diverso e poi sacrificato da Prodi per accontentare la Cosa Rossa, altrimenti starebbe ancora a comandare la Polizia? Perchè a Palermo hanno fatto la guerra ai Ros? Perchè non hanno fatto arrestare Provenzano da quel Tenente-Colonello dei CC che lo aveva individuato già molto tempo prima? Perchè è stata la Polizia di Stato ad arrestarlo? Ti sei mai spiegato perchè Mata Hari predisse l'arresto di Provenzano già 10 giorni prima, in concomitanza con le elezioni politiche del 2006? Ma fai attenzione, se parli. Ti consiglio di non bere più caffé, perché l'esperienza ha insegnato che il caffè, preso nel carcere italiano, fa molto male. Anche al cuore. Pisciotta e Sindona ne hanno bevuto. Solo una sorsata. A presto.
Mata Hari. da www.freevillage.it

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Inviato da Anonimo
il 14/01/08 @ 08:37
Alcune note che riguardano lo scrivente, le troverete in questo linck. http://it.wikipedia.org/wiki/GioacchinoBasileLottaconto_la_mafia Video messaggio al Presidente,
http://www.youtube.com/watch?v=e3-a6jDxRvU
Cordialmente Gioacchino Basile

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Inviato da Anonimo
il 14/01/08 @ 11:14
E' ammirevole la tenacia di Gioacchino Basile che non molla l'osso e ce lo ripropone in brodo, in salsa, a spolpo. Tenacia uguale alla solita arroganza di certi dittatorelli "democratici" che non si avvedono di rendersi ridicoli. QUI NON E' ARIA, Basile! CAMBIA UDITORIO!
Pino Compagna

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Inviato da Anonimo
il 14/01/08 @ 13:03
Quando Contrada durante il processo si sentì male tanto da essere ricoverato d'urgenza, la moglie urlò disperata; caino maledetto caino. Adesso il caino dopo anni e anni aver curato "pentiti" cura munezza, che poi in fondo non c'è molta differenza, l'hanno messo nel posto più ideneo a lui la discarica..
Alessandro

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Inviato da blue.chips
il 14/01/08 @ 14:18
De flora et fauna Italiae pericula mundo imminentia est. De rebus Nationum Unitarum. Ciao Megaride. Hai pubblicato un bell'articolo. Della serie: il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi. :)







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