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Giustizia
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Messaggio N°547
Giuseppe Lipera: sull'Onestà Intellettuale!

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Messaggio N°549
Altro che monnezza: MERDA!
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Messaggio N°560
il caso Contrada non conosce soste

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Messaggio N°564
Contrada sulla cresta dell'onda

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Messaggio N°566
Comportamento inaccettabile

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Messaggio N°567

Telegramma urgente del
19 gennaio 2008

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Messaggio N°568
Riflessioni legittime

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Messaggio N°571
LE ULTIME DA SANTA MARIA CAPUA VETERE

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Messaggio N°580
Riceviamo dall'Avv. Lipera

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Messaggio N°581

Istanza al Magistrato di sorveglianza

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Messaggio N°582

Nuove testimonianze

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Messaggio N°583

Brusca libero e Contrada in carcere

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Messaggio N°584

Le condizioni di salute di Bruno
Contrada stanno peggiorando

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Messaggio N°586

CONTRADA: Concerto per PIFFERI

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Messaggio N°587
ECC.MA CORTE DI APPELLO PENALE

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Messaggio N°596
Un briciolo di umanità per Contrada
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Messaggio N°602
"Lo sbirro e lo Stato"

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Messaggio N°603
Catania 26/2/2008

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Messaggio N°604

Catania 28/2/2008

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Messaggio N°605
Contrada: Tribunale sorveglianza
fissa udienza scarcerazione

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Messaggio N°609
Contrada: ALLELUJA!

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Messaggio N°612
Comunicazione dell'Avv. Lipera

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Messaggio N°613
Giustizia: diverse scuole di pensiero!

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Messaggio N°622
"Duri e Puri"... seh!...seh!

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Messaggio N°626
Ultimissime "Contrada"

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Messaggio N°635
Contrada: altra stazione Via Crucis

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Messaggio N°645
Contrada: giudicate voi!
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Messaggio N°651
Contrada: ...e mo' arrestateci tutti!

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Messaggio N°652
sull'eutanasia per Contrada

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Messaggio N°656

Le finte larve di S.M. Capua Vetere

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Messaggio N°666
caso Contrada: ul
time "solite" notizie
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Messaggio N°671
Quel bene raro chiamato DIGNITA'

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Messaggio N°674
Avvocato LIPERA, siamo con lei!

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Messaggio N°688
Un reato inesistente concorso
esterno in associazione mafiosa

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Messaggio N°711
Strasburgo condanna l'Italia per disumanità
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Messaggio N°711 17-06-2008 - 12:12
Tags: Giustizia

Strasburgo condanna l'Italia per disumanità

Domenico Di Renzo, responsabile della onlus “Senza Barriere”, associazione di disabili, in relazione alla vergogna nazionale del “caso Contrada” ci trasmette questa singolare notizia per opportuna meditazione, ponendo a chi di dovere la rituale “damnatio quaestio” relativa alla disumanità applicata al nostro “Giordano Bruno” Contrada ed a lui solo! Ci associamo nella rivendicazione muta ma palese ai disabili di Senza Barriere che hanno eletto a simbolo della disabilità fronteggiata dalla disumanità, dall’ingiustizia e dall’omertà delle “democratiche” Istituzioni, Bruno Contrada, confidando che si voglia al più presto per lui ricorrere alla Corte dei Diritti Umani di Strasburgo, meravigliandoci che ciò non sia stato fatto, fino ad ora; ora che… il tempo è avaro con Contrada… a meno che – come ci è dato ritenere – l’ambita esecuzione della sua occulta condanna a morte non serva a togliere le castagne dal fuoco alla Giustizia, alla Politica ed alla Stampa di regime, dopo aver procurato a queste gran lustro e ad alcuni suoi mediocri esponenti onori, favori e benessere… dopodiché, a cadavere eccellente ancor caldo, si procederà alla beatificazione ultraterrena del capro espiatorio, così da renderlo per l’eternità strumentale alla pubblica utilità di altra schiatte del Potere! Del resto, le connivenze scoperte solo oggi - come raccontano le cronache palermitane - tra mafia e massoneria, la dicono lunga: quanti delinquenti hanno goduto dei favori di una "prescrizione" del processo? (marina salvadore) Detenuto disabile: trattamento disumano e degradante La Corte di Strasburgo ha condannato l’Italia per il caso di Franco Scoppola, ergastolano disabile detenuto al Regina Coeli dal 1999 al 2007. Non era stata accolta, nel 2003, la sua richiesta di trasferimento in una struttura idonea, né gli erano stati concessi i domiciliari. Ora lo Stato dovrà risarcirlo con 10.000 euro per i danni morali e le spese processuali ROMA - Dura condanna della Corte di Strasburgo nei confronti dell'Italia. L'accusa è di aver violato l'articolo 3 della Convenzione dei diritti dell'uomo, che proibisce il trattamento disumano e degradante dei detenuti. Lo Stato dovrà quindi pagare un risarcimento di 10.000 euro, 5.000 per i danni morali e 5.000 per i danni processuali, a Franco Scoppola, protagonista del caso. Nel settembre del 1999 era stato condannato all'ergastolo per aver ucciso la moglie e ferito uno dei figli: Franco Scoppola, che allora aveva 59 anni, cassiere portavalori in un'azienda di acque minerali, era dunque stato rinchiuso nel carcere romano di Regina Coeli. Niente di strano, a parte il fatto che il detenuto, diabetico e depresso, dal 2003 era costretto anche alla sedia a ruote. Per questo motivo, data l'inadeguatezza della struttura penitenziaria romana, in quello stesso anno aveva chiesto il trasferimento in un altro carcere. Nel giugno 2006 aveva ottenuto i domiciliari, ma il provvedimento era stato annullato pochi mesi dopo. Solo nel settembre scorso Scoppola è stato trasferito nel carcere di Parma, che ha una sezione attrezzata proprio per i detenuti disabili. Secondo giudici di Strasburgo, l'Italia avrebbe dovuto "trasferire immediatamente l'interessato in una prigione meglio attrezzata" o "sospendere l'applicazione della pena".
12 giugno 2008

Inviato da: vocedimegaride - Commenti: 12

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Inviato da tommypa84
il 17/06/08 @ 12:24
in questi casi la giustizia dovrebbe tener conto dei metodi alternativi di pena. è vergognoso non concedere i domiciliari a una persona malata, come in questo caso.

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Inviato da tommypa84
il 17/06/08 @ 12:25 via WEB
ps: visto che il tuo blog mi piace tanto, ti aggiungo agli amici.

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Inviato da vocedimegaride
il 17/06/08 @ 13:01
Il caso Contrada e l’invenzione del concorso esterno di VITTORIO MATHIEU
13 giu 08 - L’avvocato Giuseppe Lipera, difensore di Bruno Contrada, scatena la fantasia per attirare l’attenzione sul suo assistito, ma ciò non toglie che molti dei suoi argomenti abbiano un solido fondamento giuridico: in particolare l’affermazione che il reato di concorso esterno in associazione mafiosa non può esistere e, quindi, non può essere attribuito a nessuno. L’associazione mafiosa è una speciale associazione per delinquere – non importa a che cosa finalizzata – caratterizzata da speciali vincoli tra i contraenti. Questi vincoli la rendono impenetrabile dall’esterno: alla mafia o si appartiene o non si appartiene. Se non si appartiene può darsi che si faccia qualcosa che giova alla mafia, anche senza saperlo, o che la si favorisca deliberatamente: ma il favoreggiamento va configurato caso per caso, non genericamente. La situazione è analoga a quella delle società segrete. Può darsi che il segreto sia di Pulcinella e che qualcuno collabori volutamente con una società segreta senza appartenervi; ma l’oggetto della collaborazione va specificato caso per caso, non può configurarsi come generico. Per un poliziotto come Contrada sorge il problema dell’infiltrazione. Associare investigatori alla mafia è il modo migliore per scoprirne i segreti. Per questo l’infiltrato dovrà in certi casi collaborare; ma, nella misura in cui collabora, il suo concorso sarà interno, non esterno. G. K. Chesterton, in L’uomo che era Giovedì, immagina una società segreta i cui sette capi portano ciascuno il nome di un giorno della settimana. Uno di essi è smascherato, ma si scopre che è un infiltrato della polizia. Lo stesso avviene per un secondo, e così via, finché non rimane che il capo, appunto Giovedì. E si scopre che è il capo della polizia. Non accadrà purtroppo che anche nella mafia i capi bastone si rivelino ad uno ad uno poliziotti infiltrati; ma, se ciò in qualche caso avviene, la loro collaborazione sarà interna, non esterna. Per questo il concorso esterno è un reato inventato. Che Contrada abbia usato anche l’infiltrazione può darsi. A occhio, è molto più verosimile che fosse un poliziotto che si fingeva mafioso, piuttosto che un mafioso che si fingeva poliziotto. Ma, se un poliziotto può usare l’ambiguità per ingannare la mafia, un giudice non può usare l’ambiguità per ingannare la giustizia.

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Inviato da Anonimo
il 17/06/08 @ 14:25
.... e quanto sopra, io la ritengo la migliore tesi difensiva finora ascoltata su Bruno Contrada.
Ambro

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Inviato da Anonimo
il 17/06/08 @ 14:40 via WEB
Non ho più parole per deprecare questa amministrazione di ingiustizia che sta ammazzando in modo atroce il nostro caro Bruno. Rivolgiamoci alla Corte di Strasburgo: ma siamo sicuri che i suoi "amici" non arriveranno pure là?
Maria

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Inviato da vocedimegaride
il 17/06/08 @ 14:46
...ma siamo sicuri che il dramma di Contrada non sia servito, fino ad ora, a dare lustro a tanti che hanno finto di sposarne la causa solo per farsi pubblicità?...

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Inviato da Anonimo
il 17/06/08 @ 14:49
Maria ieri leggevo che La Russa ha dichiarato che il governo ha attivato tutte le procedure per poter finalmente consentire il trasferimento di Contrada al regime "piu' appropriato" di carcere domiciliare.....
Percheì la dichiarazione l'abbia fatta il Ministro della Difesa e non il ministro della Giustizia.... non l'ho capito bene.
Ambro

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Inviato da vocedimegaride
il 17/06/08 @ 14:55
...perchè, illustre comandante Ambrosino, Contrada è recluso in un carcere militare!

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Inviato da Anonimo
il 17/06/08 @ 14:59
Ok, capito.
comunque si parlava di " aver avviato l'iter procedurale "
in sostanza, credo, e' stata fatta di nuovo la richiesta alla magistratura di sorveglianza, credo che sia da considerare una "richiesta autorevole" Ambro

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Inviato da vocedimegaride
il 17/06/08 @ 15:06
proprio ora ho inoltrato questo "post" al giudice di sorveglianza di
S.Maria Capua Vetere. .... Non a caso, la magistratura è tenuta al principio dell'analogia!!!

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Inviato da Anonimo
il 17/06/08 @ 18:16
Brava! Non vorrà mica rischiare d'essere accusata di "danno erariale" la giudice di sorveglianza, qualora per analogia Strasburgo o qualsivoglia magistrato applichi anche a Contrada le stesse misure???
Ciruzzo

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Inviato da Anonimo
il 18/06/08 @ 10:22

C'è chi si straccia le vesti e finge di inorridire per il risorto "lodo Schifani". Le stesse persone , però , tacciono di fronte a porcherie ben più gravi di , cui hanno una responsabilità più diretta . Quanta ipocrisia !
Mario Pezza

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Messaggio N°688 30-05-2008 - 22:35
Tags: Giustizia

Un reato inesistente concorso esterno in associazione mafiosa

Al Sen. Avv. Filippo Berselli
Presidente della Commissione Giustizia Senato della Repubblica
All’On.le Avv. Giulia Buongiorno
Presidente della Commissione Giustizia Camera dei Deputati
Ai parlamentari componenti la Commissione Giustizia del Senato e della Camera dei Deputati
OGGETTO: considerazioni sulla necessità di rivedere il reato del concorso esterno in associazione mafiosa creato dalla giurisprudenza anziché dal legislatore Formuliamo la presente per chiedere alle SS.LL. di affrontare con ferma decisione il problema della configurabilità del concorso eventuale in associazione mafiosa o, in senso più lato, la problematica relativa all’applicazione dell’art. 110 c.p. ai reati associativi, che ha da sempre rappresentato terreno di ampi e complessi dibattiti dottrinali e giurisprudenziali. La figura del concorso esterno è stata fino ad ora delineata esclusivamente in sede giurisprudenziale, stante la latitanza del Legislatore che non ha mai provveduto a tipizzare tale figura, lasciando così, forse volutamente, il giudice libero di ammetterlo o meno, in relazione al caso di cui si occupa, e di deciderne la misura. La figura del concorso esterno, per la giurisprudenza, è sembrata la più adatta a fronteggiare le esigenze politico-criminali sorte negli anni ottanta, quando i maxi-processi di mafia o di camorra fecero emergere in maniera preoccupante ed inquietante certi strani legami tra ambiente politico, economico ed istituzionale della nostra società e le organizzazioni mafiose. Tuttavia l’incertezza dei confini ha determinato un’incontrollata espansione dell’area del concorso esterno nell’associazione di tipo mafioso, come pure in altri reati associativi. A quest’ampliamento di confini ha contribuito indiscutibilmente l’indeterminatezza e l’eccessiva estensione della sfera del punibile che contraddistingue la clausola di cui all’art. 110 del codice penale. Si è detto che il concorso esterno in associazione mafiosa è stato creato ad arte dalla Giurisprudenza di merito, ed avallato da quella di legittimità, in un momento (metà anni ’80 inizi anni 90’) di grande sensibile e generalizzata preoccupazione (basti pensare quanto accaduto in Italia dall’omicidio del mitico Generale Carlo Alberto dalla Chiesa sino alla tremenda strage di via D’Amelio) .Or è comprensibile come in quegli anni, nell’animo dei Magistrati, albergasse un forte sentimento indirizzato al ripristino della Giustizia e dell’ordine civile; ciò però ha portato all’utilizzo improprio di norme giuridiche che, pur essendo risultate in qualche modo utili allo scopo, non erano state codificate per essere combinate fra loro. Quindi, se l’utilizzo della figura del concorso esterno ha reso possibile punire tutte quelle condotte dai contorni poco definiti e che servono a sostenere le attività delle associazioni criminose, desta forte perplessità e preoccupazione che sia la giurisprudenza a dover definire i confini di una figura che spetterebbe al Legislatore codificare. In quest’ottica sono state già introdotte alcune figure sufficientemente tipizzate, per cercare di completare il quadro dei possibili contributi che un soggetto può prestare ad un’associazione criminosa. A questo punto l’organico delle figure contigue alla criminalità organizzata sembrerebbe completo, potendo annoverare tra queste: il promotore, il costitutore, il partecipe, l’organizzatore, il finanziatore, colui che dà assistenza agli associati, il favoreggiatore e lo scambio elettorale politico-mafioso. O forse completo non è, in quanto rimangono ai margini tutta una serie di comportamenti di contiguità dai contorni difficilmente definibili che, inquadrate nell’ambito della combinazione tra l’art. 110 c.p. e la norma incriminatrice di parte speciale (art. 416 bis c.p.), porta ad un ampliamento indiscriminato, e perciò stesso pericoloso, dell’area del punibile. Appare inoltre preoccupante l’applicazione che del concorso esterno si potrebbe fare con riferimento a quei reati associativi politici che hanno come fine il sovvertimento dell’ordine costituito, dove, in virtù della natura “ideologica” di tali fattispecie, appare ancora più sottile e strumentalizzabile il limite alla punibilità. Pur considerando il pensiero di molti magistrati, e fra questi quelli più impegnati nella lotta alla mafia e al terrorismo, i quali, in situazioni di emergenza sociale, ritengono rischioso affidarsi al primato del Legislatore invece che all’efficacia di uno strumento così duttile come quello del concorso esterno, si deve tuttavia ritenere necessaria l’introduzione di figure tipizzate che impediscano, ad un potere diverso da quello legislativo, di creare fattispecie giuridiche temporanee e troppo deboli per risultare alla fine convincenti. A riprova di quanto affermato è il fatto che a tutt’oggi non si è ancora giunti ad una definizione di concorso esterno che sia condivisibile da tutti gli operatori del Diritto, poiché né il Legislatore, né la Giurisprudenza hanno aiutato in questo senso. Nel perdurare della mancanza di determinatezza e tassatività della norma incriminatrice, inoltre, si giunge all’assurdo di non poter fare appello, in situazioni che lo richiederebbero necessario, né alla Corte Costituzionale, né al Parlamento, in quanto la prima non potrebbe dichiarare incostituzionale una norma che non esiste e, per lo stesso motivo, il secondo non potrebbe abrogarla. Riassumiamo il pensiero: Il concorso esterno in associazione mafiosa viene creato dalla giurisprudenza di merito (ed incautamente avallato da quella di legittimità) in un momento di grande tensione emotiva: erano appena morti, trucidati da mani assassine e vili, due valorosi magistrati, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, ed insieme a loro tanti innocenti poliziotti che li scortavano; comprensibile che in quegli anni vi fosse una rabbia enorme e che purtroppo annebbiava le menti. Ma il concorso esterno in associazione mafiosa rimane un parto della fantasia: è bastato unificare disarmonicamente due norme del codice penale, artt. 110 e 416 bis c.p., per far sì che nascesse una mostruosità giuridica; ma l’interprete delle leggi, il Giudice per antonomasia, può solo applicarle, Egli non può crearle, perché con lo stesso ragionamento qualcuno potrebbe contestare il delitto di tentato omicidio colposo combinando semplicemente l’art. 56 all’art. 589 del codice penale e ciò sarebbe un assurdo. Le norme, e le disposizioni che da esse si rilevano, possono e devono sì essere combinate tra esse, ma devono sempre rispondere alla logica e al raziocinio; in fondo quel che regola il diritto applicato al caso concreto è l’armonia, come nelle note musicali: la melodia si crea combinando le note, ma l’accordo non può avvenire senza regole, perché se no si rischia non di creare melodie ma stonature, non suoni ma rumori. Si rifletta: col concorso esterno al cittadino alla fine gli si contesta che cosa? Di essere stato colluso (genericamente) con dei mafiosi (e ciò spesso avviene sol perché lo hanno dichiarato dei c.d. “pentiti”, ex mafiosi o camorristi, ovvero criminali reo confessi). Ipotesi evidentemente in cui gli addebiti sono talmente labili, che non consentono alla Pubblica Accusa di avanzare una reale contestazione per un reato specifico (usura, estorsione, corruzione, favoreggiamento, ecc.). Se io fossi accusato di omicidio da Tizio potrei chiedere l’accertamento del mio alibi oppure portare la prova che Caio non è morto (chi non ricorda il caso Gallo?), ma se sono destinatario di accuse fumogene ed evanescenti, erroneamente valorizzate da alcuni giudici e non da altri, con l’ausilio di teorie fantasmagoriche (leggasi convergenza del molteplice) come faccio a dimostrare la mia innocenza? Quindi verità innanzi tutto è che non esiste il reato, anzi diciamolo ancora più chiaramente: la legge non prevede il concorso esterno in associazione mafiosa come reato. Cosa c’è di scandaloso in tutto questo? Ma la ricordate la storia di un tale chiamato Aldo Braibanti che fu accusato e condannato per il reato di plagio e come finì questa storia? Finì semplicemente col fatto che la Corte Costituzionale (C. Cost. 8/6/1981 n. 96 che enunciò l’illegittimità costituzionale dell’art. 603 c.p.) ebbe a dichiarare l’illegittimità costituzionale di quel reato e solo così si poté salvare Aldo Braibanti. Il poveretto accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, più sfortunato certamente di Braibanti, non può invocare neppure l’intervento della Corte Costituzionale, per il semplice fatto che questo reato non si trova nel nostro ordinamento, quindi non si può dichiarare incostituzionale una norma che non c’è. Neppure il Parlamento può intervenire perché non si può fare una legge per abrogare una norma che non esiste. Solo chi lo ha creato lo può distruggere: i giudici lo hanno creato e i giudici dovrebbero distruggerlo! Guardate cosa scriveva la Corte Costituzionale a proposito dell’art. 603 del C.P. (il plagio) e dite se non è riferibile pari pari al concorso esterno in associazione mafiosa: “L’esame dettagliato delle varie e contrastanti interpretazioni date al … nella dottrina e nella giurisprudenza mostra chiaramente l’imprecisione e l’indeterminatezza della norma, l’impossibilità di attribuire ad essa un contenuto oggettivo, coerente e razionale e pertanto l’assoluta arbitrarietà della sua concreta applicazione. Giustamente essa è stata paragonata ad una mina vagante nel nostro ordinamento, potendo essere applicata a qualsiasi fatto che implichi … mancando qualsiasi sicuro parametro per accertarne l’intensità. Non è finita: (la norma) … in quanto contrasta con il principio di tassatività della fattispecie contenuto nella riserva assoluta di legge in materia penale, consacrato nell’art. 25 Cost., deve pertanto ritenersi costituzionalmente illegittimo. Ragionamento che calza a pennello col reato di concorso esterno in associazione mafiosa. In conclusione, nel riconoscere l’importanza e l’utilità che la disciplina del concorso esterno ha rivestito, sollevando il problema della mancanza di una norma specifica con riferimento a tutti quei comportamenti di contiguità alle associazioni criminali, soprattutto nella lotta alla malavita organizzata e al terrorismo, si ritengono ormai maturi i tempi perché questi comportamenti vengano tipizzati dal Legislatore, l’unico organo investito dalla Costituzione del compito di formulare le norme giuridiche, riconducendo così le fattispecie associative ad una maggiore aderenza con i principi di un diritto penale del fatto. Io credo che il cittadino, se ne parla tanto in questo periodo, è assillato sì dalla domanda di certezza della pena, ma altrettanto importante è definire con certezza il comportamento illecito: il poliziotto, il medico, il prete, il commerciante, chiunque in definitiva rischia in Italia (in Sicilia, Calabria e Campania in particolare) innocente, dicasi innocente, una incriminazione e una condanna per concorso esterno in associazione mafiosa. Ciò non è giusto! (Roma 30 maggio 2008). Con ossequi .
Avv. Giuseppe Lipera

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In rete al link www.legnostorto.com/index.php?ont&task=view&id=21955 segnaliamo un’intervista dell’Avvocato Giuseppe LIPERA a “Giustizia Giusta”

Inviato da: vocedimegaride - Commenti: 2

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Inviato da vocedimegaride
il 31/05/08 @ 17:20
Sent: Saturday, May 31, 2008 10:20 AM Subject:
CONTRADA:EX UOMINI GIULIANO LO DIFENDONO,SENTENZA VERGOGNOSA PALERMO (ANSA) - PALERMO, 31 MAG -
Si sono ritrovati a Palermo per la presentazione del libro del giornalista Daniele Billitteri su Boris Giuliano, il vicequestore assassinato dalla mafia il 21 luglio del 1979, ma per i poliziotti che lavorarono col funzionario ucciso, da anni lontani dalla Sicilia, è stata anche l'occasione per ricordare un altro componente della squadra: Bruno Contrada, in carcere per scontare una condanna a 10 anni per concorso in associazione mafiosa. Chi lavorò con lui non ha dubbi sull' innocenza dell'ex numero due del Sisde e ieri lo ha ribadito davanti al pubblico radunato a Palazzo Steri. "Si uccide anche con la calunnia. E Bruno Contrada è stato ucciso", ha detto, come riporta l'edizione locale de La Repubblica, Tonino De Luca, ex uomo di Giuliano, in pensione da una settimana. "Ha vinto la cultura del sospetto generalizzato", gli ha fatto eco Enzo Speranza, anche lui investigatore a Palermo all'epoca di Giuliano, ora questore di Bari. Più dure le parole di Piero Moscarelli, oggi prefetto: "Quella di Contrada è una sentenza emessa in nome nostro. Mi vergogno un po' di questa barbarie giudiziaria".
(ANSA). KTH/ S0B S41 QBKS

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Inviato da Anonimo
il 01/06/08 @ 11:01
'Sentenze basate solo sulle calunnie' Gli ex della Mobile difendono Contrada Repubblica - 31 maggio 2008 pagina 10 sezione: PALERMO Si ricorda Giorgio Boris Giuliano nell' aula magna del rettorato, allo Steri. L' occasione è il libro del giornalista Daniele Billitteri ("Boris Giuliano, la squadra dei giusti" - Aliberti editore): è presente la famiglia del capo della squadra mobile assassinato nel 1979, c' è il questore di Palermo Giuseppe Caruso, ci sono soprattutto i poliziotti che componevano quella squadra mobile che segnò un metodo di lavoro nella lotta alla mafia. Il dibattito è un susseguirsi di emozioni e ricordi, del poliziotto e dell' uomo Giorgio Boris Giuliano. Ma è l' ultimo intervento che accende la polemica. «La squadra non è al completo - dice Francesco La Licata, inviato del quotidiano "la Stampa", cronista nella Palermo di Giuliano e degli altri martiri - Mancano delle persone che avrebbero tutto il diritto di stare qui adesso. Quella squadra mobile era fatta anche da Bruno Contrada e Ignazio D' Antone, che attualmente si trovano in carcere». Dice La Licata: «Le sentenze vanno rispettate, ma posso testimoniare che quella squadra fu davvero straordinaria e creò la lotta alla mafia». Il dibattito si anima immediatamente. Tonino De Luca, in pensione da una settimana, arringa: «In quegli anni eravamo soli. I grandi assenti erano piuttosto certi magistrati. Abbiamo dovuto attendere Falcone e Chinnici perché la situazione cambiasse». De Luca torna ad essere severo nei confronti dei magistrati quando accenna alle indagini sui colleghi: «Perché noi della squadra di Giuliano non siamo stati sentiti durante le indagini ma solo nel dibattimento? Avremmo scoperto qualcosa di più». Il tono di De Luca si fa severo: «Si uccide anche con la calunnia. E Bruno Contrada è stato ucciso». Interviene Enzo Speranza, questore di Bari, che ricorda il titolo di un libro: «Noi, costretti a difenderci». Rincara: «Ha vinto la cultura del sospetto generalizzato». Cita l' avvocato Piero Milio, presente fra il pubblico: «Se non fosse stata la verità, non avrebbe difeso Contrada». Un altro funzionario di allora, Piero Moscarelli, oggi prefetto, dice: «Quella di Contrada è una sentenza emessa non in nome nostro. Mi vergogno un po' di questa barbarie giuridica. Boris sarebbe contento che noi mostrassimo un po' di coraggio». Nel saluto finale, anche Billitteri «assolve» Contrada e D' Antone. Applausi. Non arriva alcuna voce di dissenso.
s. p.

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Messaggio N°674 16-05-2008 - 14:53
Tags: Giustizia

Avvocato LIPERA, siamo con lei! Resistere per esistere!

Obbedire alla determinazione della persona che si difende – Bruno Contrada – e che intende lasciarsi morire (non voglio che vengano più presentate istanze di liberazione o di detenzione domiciliare “per la tutela, per quanto ancora possibile, della mia dignità personale” ma solo, “quando il momento sarà deciso dal volere divino” quella per il “nulla-osta alla traslazione della mia salma dall’obitorio alla sepoltura a Palermo”) oppure continuare a tentare di servire la Legge e dare ascolto alla propria coscienza?
Questo è il dilemma che mi tormenta: l’ex Dirigente Generale della Polizia di Stato ha ragione, ma io ho giurato tre volte (prima da patrocinatore legale, poi da procuratore ed infine da avvocato) "di adempiere ai miei doveri professionali con lealtà onore e diligenza per i fini della giustizia“ e ritengo fermamente che sia stato condannato ingiustamente ed immeritatamente (il ricorso n. 11122/08 per la revisione del processo in attesa di fissazione pende adesso avanti la quinta sezione della Corte Suprema di Cassazione che dovrà decidere se annullare l’ordinanza 27/2/2008 della Corte di Appello di Caltanissetta), così come sono convinto che iniquamente ed illegittimamente gli venga negata adesso sinanco la detenzione domiciliare data l’età, settantasette anni, e le acclarate gravissime condizioni di salute.
Domani quindi sarò al penitenziario di Santa Maria Capua Vetere anche per tentare di fargli cambiare idea e se non ci riuscirò sarò costretto ad auto-denunciarmi al Consiglio Nazionale Forense, perché intendo agire contro la volontà del mio difeso e cioè continuare a presentare istanze alla Magistratura di Sorveglianza competente, proprio per affermare la Giustizia e la Legalità, i cui principi, se applicati correttamente, imporrebbero al Giudice di scarcerarlo.
Spero di non dovere arrivare a tanto e confido nell’aiuto dell’On.le Giancarlo Lehner, parlamentare nazionale nonché giornalista e storico, che domani andrà anche lui al carcere militare a far visita al dott. Bruno Contrada.
Un uomo, un ex servitore dello Stato, in quelle condizioni fisiche non può e non deve rimanere in prigione; un intervento umanitario è d’obbligo in questi casi ma chi ha il potere per farlo continua a silenziare pur sapendolo.
Dopo domani, 18 maggio, a Palazzo Partanna, in piazza Dei Martiri, a Napoli, proprio vicino a dove si trova adesso Bruno Contrada, è il caso di dirlo: “nulla succede a caso”, “una giornata per ricordare Enzo Tortora a vent’anni dalla morte”. Alla domanda: Giustizia a che punto siamo dopo vent’anni? La risposta, triste e drammaticamente vera, è: … decisamente peggio!
Giuseppe Lipera


Inviato da: vocedimegaride - Commenti: 2

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Inviato da Anonimo
il 16/05/08 @ 16:55
Un minimo di speranza col nuovo Governo! Ho sentito alcune dichiarazioni che fanno bene sperare. Sto scrivendo e stanno scrivendo anche altri a diversi parlamentari! Chi, come me, crede in Dio si rivolga a Lui che tutto può!
Maria

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Inviato da Anonimo
il 16/05/08 @ 17:52
la fretta non è mai una buona consigliera, ma come si dice... l'eccezzione fa la regola... in questo caso sarebbe bene che i nuovi uomini di Governo facciano in fretta!!!

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Messaggio N°671 12-05-2008 - 20:18
Tags: Giustizia

Quel bene raro chiamato DIGNITA'

INUTILE OGNI ULTERIORE COMMENTO
ITALIA FAI AMMENDA!
L’allegato provvedimento reiettivo www.vocedimegaride.it/ContradaProvvedimento è stato depositato in cancelleria dal magistrato di sorveglianza di S.M.C. Vetere nella tarda mattinata di ieri 12 maggio e nel pomeriggio notificato in carcere al detenuto dott. Bruno Contrada, ex dirigente generale della Polizia di Stato. Il Giudice, Daniela Della Pietra, rigetta così l’ultima istanza di differimento pena e/o di detenzione domiciliare avanzata in data 18/4/2008. - 24 giorni per decidere NO! Riferisce il magistrato che il 7 maggio la Corte di Appello di Napoli ha rigettato l’istanza di ricusazione avanzata nei suoi confronti. - 24 giorni per dire NO! Nonostante un quadro clinico che fa letteralmente atterrire e impaurire. - 24 giorni per dire NO! Sebbene non ignori l’età avanzata del dott. Bruno Contrada - 24 giorni per dire NO! Ma nemmeno una parola per motivare il rigetto dell’istanza subordinata di detenzione domiciliare (anzi manco viene presa in considerazione). - 24 giorni per dire NO! Ovvero assumendo apoditticamente che Bruno Contrada non soffre di affezioni particolarmente gravi: forse abbiamo lenti da vista che ci fanno leggere cose diverse. - 24 giorni per dire NO! Ovvero esprimere il concetto che può essere scarcerato solo il detenuto in coma irreversibile o malato assolutamente terminale. Chiunque si domanda perché Erich Priebke agli arresti domiciliari allora?… Perché a Silvia Baraldini furono concessi gli arresti domiciliari per motivi di salute?… Perché a Ovidio Bompressi, prima della Grazia, furono concessi gli arresti domiciliari per motivi di salute? - 24 giorni per dire NO! Con un provvedimento che indignerà e turberà milioni di italiani che lo leggeranno per intero, parola per parola…. Che coincidenza: proprio oggi il Presidente della Repubblica invocava lo Stop alle scarcerazioni facili…. Ma nonostante tutto mi rifiuto di immaginare che le più alte istituzioni dello Stato non troveranno il modo di intervenire al più presto.
Avv. Giuseppe Lipera

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Oggetto Procura difensiva
COPIA Inv. il 12/5/08 per posta

Ill.mo Sig. Avvocato
Giuseppe Lipera
CATANIA
Le confermo, con incondizionata e piena fiducia, il mandato difensivo già conferitoLe per ogni processo, procedimento e procedura giudiziaria, attuale e futura, ad eccezione di qualsivoglia istanza, concernente l’esecuzione della pena, rivolta al Magistrato di Sorveglianza di Santa Maria Capua Vetere e al Tribunale di Sorveglianza di Napoli.
Ciò per la tutela per quanto ancora possibile, della mia dignità personale, considerato che tutte le numerose e reiterate istanze rivolta a dette Autorità giudiziarie sono state pervicacemente respinte.
Unica deroga a tale mia decisione sarà la richiesta di nulla-osta alla traslazione della mia salma dall’obitorio alla sepoltura a Palermo, quando il momento sarà deciso dal volere divino.
Con i sensi della mia deferenza e profonda gratitudine.
Bruno Contrada
Carcere Militare
S.Maria Capua Vetere
11 maggio 2008

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Il dottore Bruno Contrada non è solo gravemente ammalato, ha anche settantasei anni e otto mesi.
Questo per sottolineare, visto che qualcuno non lo ricorda, che perfino il tempo è … tiranno.
Se entro oggi non riceverò un segnale qualsiasi proveniente da via Arenula, domani immancabilmente chiederò con istanza formale di essere ascoltato personalmente dal Ministro Guardasigilli Angelino Alfano.
Il dottore Bruno Contrada, ex Dirigente Generale della Polizia di Stato, ha il diritto di morire nella sua casa, a prescindere dal fatto che incolpevole è stato condannato per un reato che non esiste nel codice penale ovvero concorso esterno in associazione mafiosa.
Or non vorrei che la ripresa delle esecuzioni capitali negli Stati Uniti, essendo da poco terminata la moratoria sulla pena di morte, coincida in Italia, ove non è prevista dalla Legge, con la esecuzione della condanna a morte in carcere di Bruno Contrada.
Il tutto dopo 15 anni di calvario processuale e 45 mesi comunque di carcere sofferto.
Roma 12/5/08
Avv. Giuseppe Lipera

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Messaggio N°666 07-05-2008 - 11:23
Tags: Giustizia

caso Contrada: ultime "solite" notizie

E' lampante che si tratti di un caso "politico" ... non sarebbe più saggio evitare d'infierire, per mascherare meglio il coinvolgimento di certe fazioni? Ricordiamo ai lettori che solo negli ultimi tre giorni sono tornati liberi, per errori di istruzione delle pratiche o per decorrenza dei termini, uno stupratore, tre mafiosi e quattro rapinatori. Accade, in questa "civile" società, che se un luminare della scienza medica (che ha salvato tante vite) una sola volta sbaglia viene radiato dall'albo... come mai quando sbaglia un magistrato... che pure è responsabile della vita degli uomini... non viene mai rimosso dal suo incarico ne' costretto al risarcimento del danno?
da avvocato Giuseppe Lipera - C’è contraddizione tra la motivazione della sentenza 27 marzo 2008 della I^ sez. pen della cassazione depositata il 5 maggio e resa nota oggi nonché la requisitoria del S. procuratore generale della Suprema Corte TINDARI BAGLIONE del 27/2/08. Quanta differenza tra i due atti! Nella decisione non si fa alcun cenno (se non nel frontespizio e solo per le conclusioni finali) alle argomentazioni del Procuratore Generale che aveva chiesto l'accoglimento del ricorso della difesa del dott. Contrada. Non abbiamo parole: è ovvio che per la difesa le motivazioni della Corte Suprema non sono affatto condivisibili. La battaglia continua almeno finchè Bruno Contrada rimarrà in vita. Domani intanto davanti alla Corte di appello di Napoli 3^ sez. penale si discuterà la ricusazione dela Magistrato di sorveglianza di santa maria capua vetere Daniela Della Pietra. Vorrei far sapere al Presidente del Consiglio dei Ministri in pectore, Cav. On. Silvio Berlusconi, che chiunque sarà nominato Ministro della Giustizia di diritto sarà invitato a partecipare il prossimo 18 maggio, per celebrare, insieme a tutti coloro che credono e lottano per la giustizia (giusta) e per il vero, il XX° anniversario della morte di Enzo Tortora, martire giudiziario italiano per antonomasia. La manifestazione si svolgerà a Napoli, terra che fu causa del suo tanto immeritato quanto iniquo martirio. E’ inutile dire che la stragrande maggioranza degli italiani sarebbero desiderosi della presenza per quel giorno a Napoli, per quella particolare e significativa manifestazione e per ciò che essa rappresenta, anche della personale presenza del Capo del Governo.
Roma 6 maggio 2008

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www.metropolisweb.it
Caso Contrada, la Cassazione: "Può curarsi in carcere"
Martedi 6 Maggio 2008 - CATANIA - "Il differimento dell´esecuzione della pena può essere disposto solo in grado di un´evoluzione fortemente negativa del soggetto tale da implicare un serio pericolo di vita, non curabile in regime di detenzione". Lo afferma la prima sezione della Cassazione nelle motivazioni con le quali ha respinto la richiesta di scarcerazione per gravi motivi di salute di Bruno Contrada, detenuto nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere per scontare una condanna a 10 anni di reclusione per concorso esterno all´associazione mafiosa. Per i giudici della Suprema Corte, che hanno respinto il ricorso dei legali dello studio Lipera di Catania, il tribunale di sorveglianza di Napoli "ha giustificato la decisione" di non concedere il differimento pena "in modo esauriente", evidenziando "in modo esauriente come non sussista una "prognosi infausta quod vitam o che renda il trattamento carcerario contrario al senso di umanità". "Il Tribunale - scrivono i giudici della Cassazione - dopo ampia e analitica disamina della documentazione clinica, ha rilevato che nessuna patologia di cui Contrada è affetto presentava allo stato caratteri di rilevante gravità e che tutte erano efficacemente fronteggiabili in ambiente carcerario con la possibilità, già attuata, di ricovero esterno". La Suprema corte, nella sentenza, sottolinea inoltre che a Contrada, che ha 77 anni, poiché condannato per reati di mafia, "non è applicabile la disposizione di legge che consente agli ultrasettantenni l´espiazione della pena in regime di detenzione domiciliare". Durante l´udienza davanti la prima sezione penale della Cassazione il sostituto procuratore generale Tindari Baglione aveva chiesto l´annullamento con rinvio della decisione del Tribunale di sorveglianza di Napoli che aveva rigettato la richiesta di differimento della pena sollecitata dai legali di Contrada. Nel suo intervento il sostituto Pg aveva motivato la sua richiesta osservando che, a suo parere, "una valutazione di sintesi e complessiva dello stato di salute del ricorrente non risulta essere stata compiuta dal Tribunale di sorveglianza" di Napoli. Secondo Tindari Baglione l´annullamento con rinvio si rendeva necessario "anche perché le conclusioni dell´ordine giudicante divergono dalle conclusioni mediche sia delle strutture sanitarie carcerarie e ospedaliere sia dei consulenti di parte, che ritengono versare il Contrada in condizioni di salute incompatibili con il regime carcerario". "Il vizio di motivazione - aveva rilevato il sostituto Pg della Cassazione - risulta ancora più evidente se si tiene conto che nel provvedimento impugnato non si fa alcun riferimento alla attuale pericolosità sociale del ricorrente, valutato il percorso di reinserimento sociale all´interno della struttura carceraria e tenuto conto dell´età avanzata del ricorrente: Bruno Contrada è nato nel 1931".
IL 7 MAGGIO, intanto, davanti alla terza sezione penale della Corte di appello di Napoli si discuterà la ricusazione, da parte dei legali di Contrada, del magistrato di sorveglianza di Santa Maria Capua Vetere, Daniela Della Pietra

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BRUNO CONTRADA: NEGATA LA RICHIESTA DI EUTANASIA
La richiesta di eutanasia per Bruno Contrada, presentata dalla sorella Anna dell'ex funzionario del Sisde è stata rigettata dalla prima sezione civile del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, per difetto di competenza. Il giudice ha ritenuto ''inammissibile l'istanza presentata'' da Anna Contrada perche': ''nell'ordinamento giuridico vigente nello Stato italiano non e' prevista l'autorizzazione alla 'morte legale''' - 05/05/08 17:00

Inviato da: vocedimegaride - Commenti: 2

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Inviato da Anonimo
il 07/05/08 @ 12:48
Dovremo chiamarlo Ministero dell'In-giustizia? Potremo sperare in un aiuto dal nuovo Governo?

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Inviato da Anonimo
il 07/05/08 @ 13:44
Più che "sperare", dovremmo "pretendere" dal nuovo Governo un intervento risolutivo! In assenza di intervento non potremo non pensare ad una eterna sudditanza della politica dalla casta della Magistratura deviata...anche se solo per vigliacca paura di doverla subire!
marina

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Messaggio N°656 21-04-2008 - 15:44
Tags: Giustizia

Le finte larve di S.M. Capua Vetere
di Marina Salvadore

a Daniela DELLA PIETRA
O mein uffizen di sorveglianzen di S.M. Kapua Wetere, all’alba di oggi, sul mandamento di tua competenza, una nutrita accozzaglia di camorristi e fiancheggiatori è stata – dico “momentaneamente” perché non si sa mai – posta "al gabbio", unitamente a compiacenti esponenti della polizia penitenziaria, ai medici dell’infermeria ed alla vicedirettrice del penitenziario civile. Si è scoperto, infatti, essere conclamata prassi - negli anni - con diuretici, anfetamine, farmaci e droghe prescritte ed assunte intra-moenia, provvedere a far deperire fino ad un incontestabile stadio larvale i fetenti reclusi nella casa circondariale, così da poterli scarcerare, poi, per motivi “umanitari” e per incompatibilità con il regime carcerario, e rispedirli alle tenere cure a base di lasagne e zuppette, ragù e spezzatini di mammà, ai domiciliari! Possibile che tu, caro ufficio di sorveglianza di S.Maria Capua Vetere con i tuoi magistrati sia stato così generosamente disposto ad applicare la carità cristiana, la riforma penitenziaria, il codice etico, la scienza e coscienza a numerosi, pericolosi e recidivi “guappi” locali, criminali incalliti, virtualmente maltrattati e fantascientificamente o meglio teatralmente sviliti dal regime carcerario mentre il dott. Bruno Contrada, quasi ottantenne, ammalato e NON camorrista, già giunto di per se' al naturale stato larvale, ha conosciuto più volte la durezza, la crudeltà mentale, del rifiuto del medesimo ufficio? Non aggiungo altro. Con Bruno Contrada, la sua famiglia, i suoi tanti estimatori, lo studio legale Lipera, attendo una risposta immediata che, spero, farà seguito ad una tempestiva, fulminea, commissione ispettiva del Ministero di Grazia e Giustizia ed alla quantomai opportuna denuncia del collegio difensivo di Bruno Contrada, del quale pretendiamo, per questi atroci fatti di cronaca e per "analogia" magistral-giurisprudenziale, l'immediata scarcerazione!

Inviato da: vocedimegaride - Commenti: 5

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Inviato da Anonimo
il 21/04/08 @ 19:01
Nel diritto italiano la magistratura di sorveglianza è la parte del sistema giudiziario che si occupa della sorveglianza sull'esecuzione della pena. Il suo ruolo si svolge pertanto nel settore penale, e, temporalmente, dopo che la sentenza di condanna è stata pronunciata. Essa è nata con la legge di riforma penitenziaria 26 luglio 1975 n. 354, attuativa dell'art. 27 della Costituzione, Mentre in altri sistemi si ritiene che l'esecuzione della pena, anche detentiva, abbia natura semplicemente amministrativa, in Italia si è ritenuta necessaria la sua piena giurisdizionalizzazione. Composizione Si compone di due organi giurisdizionali: l'Ufficio di Sorveglianza, e il Tribunale di sorveglianza. Il Tribunale di sorveglianza (fino al 1986 denominato Sezione) è costituito in corrispondenza delle Corti di Appello e la sua competenza territoriale è estesa all'intero distretto. È organo collegiale composto di magistrati ordinari destinati a svolgere in via esclusiva queste funzioni, e di esperti non togati (in psicologia, servizi sociali, pedagogia, psichiatria e criminologia clinica, nonché docenti di scienze criminalistiche). L'Ufficio di Sorveglianza è costituito su base pluricircondariale, ed è composto da uno o più Magistrati di Sorveglianza (fino al 1986 erano denominati Giudici). È organo monocratico, dotato di forte autonomia, soltanto funzionalmente sottordinato al Tribunale. Compiti La magistratura di sorveglianza ha il compito di vigilare sull’esecuzione della pena nel rispetto dei diritti dei detenuti e degli internati, interviene in materia di applicazione di misure alternative alla detenzione, di esecuzione di sanzioni sostitutive, di applicazione ed esecuzione di misure di sicurezza. In particolare, il magistrato di sorveglianza ha il compito di vigilare sulla organizzazione degli Istituti penitenziari; segnalare al ministero della Giustizia le esigenze dei servizi; approvare il programma di trattamento individualizzato per ogni singolo detenuto e i provvedimenti di ammissione al lavoro all'esterno; provvede sulla remissione del debito e sui ricoveri dei condannati per infermità psichica; decide sulle concessioni dei permessi, sulle misure di sicurezza e sui reclami disciplinari e in materia di lavoro dei detenuti e degli internati. Al magistrato di sorveglianza sono conferiti ampi poteri di intervenire, su reclamo del detenuto, in materia di lavoro e di disciplina, con ordinanza (e non più con "ordine di servizio"). A questo scopo la legge pone al magistrato l'obbligo di recarsi in frequente in carcere e di sentire tutti i detenuti che chiedono di conferire. Il Tribunale si occupa della concessione e revoca delle misure alternative (affidamento in prova ordinario e particolare, semilibertà, liberazione anticipata, detenzione domiciliare, liberazione condizionale, differimento della esecuzione delle pene). L'Ufficio di sorveglianza decide in materia di permessi ordinari e premiali; è competente anche per le licenze ai semi liberi ed agli internati, sulla applicazione e revoca delle misure di sicurezza, sulla approvazione dei programmi di trattamento rieducativo, individualizzato, che l'amministrazione è tenuta per legge a redigere, alla fine del primo periodo di osservazione intramurale di ogni condannato definitivo Procedura Il Tribunale di sorveglianza opera sia come giudice di primo grado che come giudice di secondo grado rispetto all'Ufficio di sorveglianza. In primo grado è competente in tema di concessione e di revoca delle misure alternative alla detenzione, della liberazione condizionale e di rinvio obbligatorio o facoltativo dell'esecuzione delle pene detentive. Come giudice di appello, il Tribunale decide le impugnazioni proposte contro alcuni provvedimenti dell'Ufficio di sorveglianza. Il Tribunale di sorveglianza decide sempre con ordinanza, adottata in camera di consiglio da un collegio composto da presidente, da un magistrato di sorveglianza e due esperti. Uno dei due magistrati componenti il collegio deve appartenere all'Ufficio di Sorveglianza competente per territorio rispetto al luogo in cui si trova il soggetto interessato. Le ordinanze del Tribunale sono soggette al ricorso per cassazione.

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Inviato da Anonimo
il 21/04/08 @ 20:06
Sono scivolati sulla classica buccia di banana, sputtanandosi. Questa è forse la prima vera, bella notizia per Contrada. Dovremmo scendere in piazza con i forconi a pretendere la libertà immediata per Contrada! Comunque, i giornalisti continuano solo a parlare delle responsabilità di quei delinquenti e soci arrestati stamattina: nessuno che abbia pensato che l'ultima parola per la scarcerazione di un detenuto è specifica dell'ufficio di sorveglianza e del tribunale di sorvglianza... ci "sono" o "ci fanno"?
Claudia

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Inviato da Anonimo
il 21/04/08 @ 20:35
C'è da sperare che non strumentalizzino invece per dire che le diagnosi dei medici del carcere siano fasulle, visto questo precedente. Io ho pochissima fiducia, però la speranza è l'ultima a morire
Maria

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Inviato da Anonimo
il 22/04/08 @ 12:43
Forse questo fatto di cronaca può chiarire l'ostinazione di Daniela Della Pietra nel rigettare sempre le istanze di domiciliari per Contrada. L'indagine che interessa il suo comprensorio chissà da quanto tempo era stata avviata... magari non presiedeva neppure lei l'ufficio di sorveglianza...comunque, ci piacerebbe approfondire ma, come al solito, ne' la stampa ne' le istituzioni si sbottonano... e questa è cosa molto cattiva che spinge ad ulteriori malevoli ipotesi fantascientifiche.
Marina

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Messaggio N°652 17-04-2008 - 19:49
Tags: Giustizia

sull'eutanasia per Contrada

ULTIMISSIME: Non appena pubblicato questo redazionale, lo Studio Legale LIPERA ci comunicava l'avvenuto ricovero d'urgenza, nella tarda mattinata odierna, di Bruno Contrada presso l'ospedale di S.Maria Capua Vetere, per un malore. Domani, vi terremo aggiornati. Una preghiera:...sì, vi chiediamo proprio una preghiera!

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Sin dalle ore 2,10 di questa notte eravamo in possesso di copia dell’istanza di autorizzazione all’eutanasia per Bruno Contrada e del mandato legale a firma della sorella Anna. Avevamo deciso di non pubblicare questi documenti, anche perché nella nostra umile qualità di Comitato Bruno Contrada - inutilmente attivo da lungo tempo e con la sola soddisfazione di aver riportato all’onore delle cronache il vergognoso caso d’ingiustizia ch’era sprofondato nell’oblio – abbiamo ritenuto, per una sola volta di non condividere l’azione dei suoi congiunti e questo gesto estremo che non smuoverà affatto la coscienza (ove presente) dei carnefici di Contrada, ben noti per la crudeltà mentale tipica degli aguzzini. In secondo luogo, perché rigettiamo la sola idea dell’eutanasia… almeno fino a quando il destino non ci costringerà ad invocarla, perché la fede in Dio è grande ed è il destino di un uomo, la sua leggenda personale, a santificare o a dannare una vita, confidando – soprattutto nella maniera in cui in Italia i fallibili UOMINI applicano la Giustizia – nella sola ed infallibile GIUSTIZIA DIVINA; quella, con cui saranno giudicati soprattutto gli aguzzini… che già tantissima gente semplice ha provveduto a denunciare presso quell’ALTO “TRIBUNALE”. Immaginavamo, stanotte, dell’indomani mattina la vasta eco mediatica sulla morbosità della ghiotta notizia: un altro dei tanti roboanti scoop alla Malthus, droga quotidiana della massa nichilista, abbrutita ed imbruttita a dovere a suon di scandali, pedofilia, emergenze, orrori, turbe psichiche… Infatti, così è stato! Addirittura i notiziari Tv di Stato sono tornati a riparlare di Contrada, con il tono del finto stupore ansimante e godereccio, quasi sessuale… quasi pornografico delle prefiche del malaugurio. Ci chiediamo come mai, invece, non abbiano bucato il video, i “giornalai”, solo pochi giorni fa, con l’unica e diversa buona notizia che rimette in gioco, finalmente, l’odissea giudiziaria di Contrada, accertate finalmente le mendaci accuse di alcuni stipendiati “pentiti di professione”, in quel processo a Caltanissetta dove Contrada è PARTE CIVILE! Se siamo, poi, ritornati sulla primaria decisione di non pubblicare lo “scoop” necrofilo è perché, come volevasi dimostrare, quelli senza scienza e coscienza, gli aguzzini, i giustizialisti, i violantini, i travaglino, i dipietrini, i vari perfidi pagnottisti di sempre, hanno iniziato a pensare all’istanza di autorizzazione all’eutanasia come ad un’azione provocatoria, un colpo di teatro, ridicolizzandola e, con essa, ridicolizzando ancor più Bruno Contrada, la sua famiglia, i suoi sostenitori, il suo collegio di difesa. Allora, a malincuore, con profondo dolore che ci fa sentire ancora più inutili, anche da questo foglio… da dove ingenuamente, forse, ma con tanto entusiasmo, principiò molti e molti mesi fa la campagna per la piena riabilitazione di Bruno Contrada, procediamo alla corretta informazione. E’ la prima volta che siamo gli ultimi a fornire un’informazione sul caso Contrada ma lo facciamo unicamente per testimoniare, al di là delle nostre convinzioni, che non si tratta di un’azione provocatoria ne’ di un gesto teatrale. Conosciamo troppo bene la famiglia di Bruno Contrada e già da mesi la povera Anna andava ripetendo che non riusciva più a sostenere gli incontri in carcere con il fratello, sempre più silenzioso e assente, sempre più malfermo sulle gambe, sempre più cieco, sempre più magro… Conosciamo anche bene la serietà professionale di tutto lo Studio legale Lipera, che non ha certo bisogno di certi mezzucci per promuoversi. A parte l’appassionato avvocato Giuseppe LIPERA, i suoi giovanissimi collaboratori… che erano bambini quando l’osceno caso Contrada s’impose alle cronache nazionali… si sono votati completamente a questo vecchio e distrutto uomo, cogliendone e onorandone l’autorevolezza, la pulizia, la dignità, la personalità… Ce ne fossero di “Bruno Contrada” da cui prendere esempio, da indicare ai giovani, in questo immondo porcile italiano!… Non v’è nessuna teatralità, purtroppo, ne’ provocazione, dietro la notizia-shock di stamane. C’è solo tanta disperazione e tanti, troppi, disperati! Intenderla non può chi non ha mai toccato il fondo della disperazione. RISPETTO, VERITA’, COSCIENZA: è il nostro ultimo appello! All’inferno la “beata” Angelica, la Della Pietra, omminicchi e quaquaraquà, quelli che abbiamo già nominato al post precedente e tutti gli altri che, per motivi di spazio, non possiamo citare… con un pensiero speciale anche al nostro attuale presidente della Repubblica, memori della sua ignavia!

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Al Giudice Tutelare del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere
p.c. Ai Presidenti Emeriti della Repubblica Francesco Cossiga Carlo A. Ciampi
per quanto di eventuale competenza
Al Magistrato di Sorveglianza di Santa Maria Capua Vetere

ISTANZA PUBBLICA D’EUTANASIA
Su espresso mandato della signora Anna Contrada, nata a Napoli il 22 luglio 1945, dom. elett. presso lo studio del sottoscritto Legale, sorella del dott. Bruno Contrada, nato a Napoli il 2/9/1931 espone quanto segue. Il Dott. Bruno Contrada, pur se innocente, è stato condannato alla pena di anni 10 di reclusione perché ritenuto colpevole del reato, non previsto dal codice penale ma così ritenuto dalla giurisprudenza “creativa”, di concorso esterno in associazione mafiosa ed attualmente, all’età di 77 anni, si trova rinchiuso, nonostante le infinite patologie da cui è affetto, nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere. Il Dott. Bruno Contrada è oramai divenuto tragicamente un vero e proprio doloroso e disperato caso umano: la sua triste vicenda dimostra come la Giustizia in Italia, in certi casi, possa diventare totalmente cieca, accanendosi su uno stanco e vecchio Uomo, gravemente sofferente per l’età e per una serie innumerevole di malattie indiscutibilmente acclarate. Un Uomo, dicevamo, sicuramente vecchio e stanco, ma che non ha perso, e non perderà mai, la voglia di combattere per chiudere la sua esistenza con la estrema ed invidiabile superba dignità che ha caratterizzato tutta la sua esistenza terrena. Ed per questo che viene presentata da questa difesa, su espresso mandato del suo prossimo congiunto, la sorella Anna Contrada, con immenso e profondo dolore, un’istanza formale di eutanasia. Sembra una richiesta assurda, ma a tutt’oggi si presenta come l’unica strada percorribile affinché il Dott. Bruno Contrada possa mettere fine alle sue infinite pene, chiudendo con coraggio e con forza d’animo una intera vita vissuta all’insegna della intransigente onestà, della correttezza ed anche di quella Giustizia che oggi gli viene costantemente negata, per ultimo dal Tribunale di Sorveglianza di Napoli del 15 aprile 2008 - presidente dott.ssa Angelica Di Giovanni e Magistrato di Sorveglianza di Santa Maria Capua Vetere Dott.ssa Daniella Della Pietra - che con pseudo argomentazioni arrogantemente imperniate di onniscienza, continua insistentemente e ciecamente a respingere le reiterate istanze di differimento pena o di detenzione domiciliare, ritenendo, contrariamente a quanto sostenuto negli innumerevoli ed autorevoli pareri, espressi da insigni luminari della scienza medica, pubblici e privatati, lo stato di salute del Contrada compatibile con lo status detentionis. Il Dott. Bruno Contrada, ex Dirigente Generale della Polizia di Stato, che aveva fatto della Giustizia un ideale di vita, oggi, da quella stessa Giustizia, viene costantemente violentato e vilipeso da oltre 15 anni. La signora Anna Contrada si rifiuta di continuare al pensiero che il proprio fratello Bruno sia ridotto un “dead man walking!” (è l’espressione che usano comunemente i carcerieri americani per annunciare l’ultima passeggiata del condannato diretto dalla sua cella): Bruno è stanco di camminare per raggiungere una chimera chiamata …. Giustizia. Sono questi i motivi, queste afflizioni fisiche e morali, che spingono Anna Contrada a presentare formale autorizzazione per uccidere legalmente il fratello Bruno. Del resto ad un tramonto così amaro è sicuramente preferibile l’eutanasia, ovvero letteralmente una … DOLCE MORTE. Si ricorda che in altri paesi della Comunità Europa, come ad es. l’Olanda, l’eutanasia è considerata una pratica legale per evitare inutili sofferenza ad individui affetti da malattie terminali. E come se non un malato terminale possiamo definire un Uomo, Bruno Contrada, che, viene ripudiato da quel Sovrano (leggasi Stato Italiano) per servire il quale ha quotidianamente combattuto le più atroci battaglie contro cruenti criminali e mafiosi veri, che a quello stesso Sovrano volevano sostituirsi? Produce, qual mezzo al fine, copia dell’ordinanza emessa dal Tribunale di Sorveglianza di Napoli il 3/15-4-2008, n.08/1303, proc. n.408/08 R.G.S. Per quanto sopra CHIEDE formale autorizzazione a porre fine ad un’esistenza oramai contrassegnata solamente da gratuite sofferenze fisiche e morali. Allega mandato della sig.ra Anna Contrada a richiedere l’eutanasia del fratello Bruno.
Catania-Santa Maria Capua Vetere 17 aprile 2008.
Con ossequi - Avv. Giuseppe Lipera

Inviato da: vocedimegaride - Commenti: 3

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Inviato da Anonimo
il 17/04/08 @ 22:15
Avevo già divulgato l'istanza dell'Avvocato e la notizia del ricovero di Bruno. Sono costernata! Sembra un incubo e invece è la realtà. Non ho più parole: siamo in Italia o in una "democratica" repubblica marxista?
Maria

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Inviato da Anonimo
il 18/04/08 @ 01:00
Domani 18 aprile 2008 alle 10,30 sarò all’Ospedale “Melorio” di Santa Maria Capua Vetere a visitare il dott. Bruno Contrada ed a constatare di persona le sue condizioni di salute psicofisiche. Nella mattinata la signora Anna Contrada, insieme ai legali dello Studio Lipera, depositerà nella cancelleria del Giudice Tutelare del Tribunale Civile sammaritano l’istanza di eutanasia, così come annunciato oggi. Per mero scrupolo, mi recherò nell’Ufficio del Magistrato di Sorveglianza di Santa Maria Capua Vetere a depositare una nuova ed ennesima istanza di scarcerazione e/o detenzione domiciliare unitamente ai certificati medici di ricovero. Conto di dare un resoconto completo di quanto accadrà nella giornata alla stampa entro le ore 12, davanti all’ingresso dell’Ospedale Civile “Melorio”.
Avv. Giuseppe Lipera 368 3422127 Avv. Giuseppe Lipera www.studiolegalelipera.it

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Inviato da Anonimo
il 21/04/08 @ 01:34
Contrada e l'eutanasia Scritto da Davide Giacalone venerdì 18 aprile 2008 Spero la dilagata ipocrisia non giunga al culmine di prendere alla lettera le parole della sorella di Contrata, portavoce di un uomo carcerato e malato che chiede di essere ucciso. Aprire un dibattito sull’eutanasia è un insulto alla ragione. Quel che Bruno Contrada dice è di una semplicità assoluta: io da qui non esco perché malato, perché io qui sono entrato da innocente; se non volete farmi uscire riconoscendo che non ho mai favorito la mafia, allora ammazzatemi fisicamente, accelerate la pratica, perché la mia ammissione di colpevolezza non l’avrete mai, non mi piegherete mai. La condanna di Contrata è definitiva, la giustizia ha fatto il suo corso. Purtroppo negando d’essere tale. La pena del carcere serve a privare il detenuto della libertà legata al corpo. Contrada, com’è capitato ad altri, reclama l’innocenza usando il proprio corpo come problema da porre alla collettività. Ciascuno può pensare quel che vuole, ma occorre avere rispetto di un uomo che s’ispira a tale condotta, evitando di credere che stia chiedendo pietà. Chiede vendetta. Purtroppo, penso che Contrada morirà in cella. O subirà l’onta d’esserne estratto poco prima, perché si dica che è morto altrove. L’imputato Contrada, poi il detenuto Contrada, è stato sconfitto. L’uomo vuole ancora giocare la sua partita, mettendo nel conto che potrà concludersi postuma. Noi, con i nostri corpi liberi, dobbiamo sapere che la sua ipoteca sulla memoria collettiva è gravissima. Non si tratta di discutere l’esito di un processo, magari ripetendoci l’ovvio: gli errori giudiziari sono sempre esistiti. No, si tratta di discutere un intero capitolo della nostra storia. Se non siamo capaci di capirlo, siamo noi che meritiamo l’eutanasia.

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Messaggio N°651 16-04-2008 - 20:08
Tags: Giustizia

Contrada: ...e mo' arrestateci tutti!
di Marina Salvadore

Qualcuno, tra i congiunti di Bruno Contrada mi ha definito “temeraria”… temendo per me, per le tante istintive azioni promosse in favore di questo capro espiatorio del post-48, quando le coordinate geopolitiche italiane si tinsero di quel rosso che ancora avvampa l’aura istituzionale e che continua a mietere vittime eccellenti… Sì, a causa della campagna pro Contrada, qualche attacco, qualche disagio l’abbiamo subito un po’ tutti, noi sostenitori ma al par loro non temo niente e nessuno, quando mi servo della libertà di pensiero e della facoltà di giudizio, convinta di agire per la verità, senza vincoli ideologici, in piena onestà intellettuale per opera di quel buonsenso che difetta tra gli accorpati e che offende l’intelligenza media dei sudditi italiani. Commetto, mi chiedo, un reato esprimendo il mio libero pensiero, auspicando un confronto, cercando di far luce? Devo temere ritorsioni violente? Non ho nulla da perdere, avendo già perso tutto per leggenda personale, compreso, per assurdo, il tifo per il campionato di calcio e per uno dei tanti partitelli politici che, credevo, fosse consono ai miei puri ideali. Ecco, ho smarrito soprattutto gli ideali. Le istituzioni bugiarde me li hanno strappati dal cuore e sono condannata, come milioni d’altri italiani, alla depressione, al malessere sociale che diventa malessere fisico, rabbia, ipertensione, ischemia, depressione reattiva: doni che la vita in questo perfido Paese non ha risparmiato neppure ad uno dei suoi figli migliori, l’abusato, consunto servitore dello Stato Bruno Contrada, al quale, per l’ennesima volta, in barba ai principi umanitari ed alla riforma penitenziaria, benché – è lampante! – recluso ingiustamente dopo una farsa teatrale di più di tre lustri, le pie donne del Tribunale di Sorveglianza di Napoli e dell’ufficio di sorveglianza di S.Maria Capua Vetere, hanno negato l’ultimo desiderio del moribondo: morire a casa propria, fissare l’ultimo sguardo già opaco su di un volto amato, ritrovare un attimo di pace nell’antica culla di un abbraccio anelato, perfidamente applicando così in pieno la sentenza occulta di condanna a morte, promulgata in questo Paesaccio dove impera il finto buonismo solidale dei centri sociali, dei disobbedienti, dei brigatisti santificati, degli indultati recidivi: disordine creato ad arte per sobillare ancor più il precario equilibrio nazionale. All’ultima udienza per il differimento della pena, il “criminale” Contrada era presente, unitamente ad un’ineccepibile e qualificatissima mole di ulteriori esami clinici, sottoscritti anche dalla medesima autorità medica penitenziaria. Di là dalla mancanza di rispetto per le altrui professionalità, laddove i tuttologi togati, che immaginiamo esperti solo nella scienza giurisprudenziale e, al più, in qualche hobby casalingo, si sono sostituiti a coloro esperti della scienza medica, stilando personalissime anamnesi e diagnosi, in puro stile mamma Ebe, inammissibili presso qualsivoglia ASL di frazione di provincia, hanno anche abusato dei loro poteri e competenze interrogando Bruno Contrada in merito al già definito processo che lo vede condannato e che è prerogativa d’altra sede a questo deputata ovvero d’altre corti, d’altri magistrati. Ebbene, si evince dal documento di rigetto (archiviato per vostra informazione al link www.vocedimegaride.it/trib. di sorveglianza napoli 3-4-2008.pdf ) tutta l’irritazione manifesta del collegio giudicante nel trovarsi di fronte un Bruno Contrada fine a se stesso ovvero lucido, colto e- udite, udite - con buona proprietà di linguaggio! Ma hanno cognizione di chi fosse, professionalmente, Bruno Contrada prima del 1992, quando loro, le pie donne, ancora giocavano in grembiulino e bavetta a pettinare le bambole? Per questa sua inevitabile autorevolezza e personalità, per i banali pseudopsico motivi suddetti si rifiuta al Grande Invalido Contrada il differimento della pena o l’alternativa dei domiciliari. In breve, le pie donne hanno constatato – o sono state costrette dall’alto a farlo – che il nostro “Giordano Bruno” Contrada non è ancora “marcescente” al grado ultimo della putrefazione, quello di zombie, che ha ancora in se’ il lumicino della ragione, il patrimonio culturale e professionale intatti e… che è vieppiù immeritevole d’umana solidarietà perché colpevole, a 77 anni, di non aver contratto, tra le tante patologie, l’alzheimer o la demenza senile e – punto critico - d’essere convinto d’essere innocente… e non sarebbe da giudicare totalmente folle per questa sua astrusa convinzione o, forse, proprio per questa che sanno essere la verità, egli fa ancora paura. A chi? Facciamoli, una buona volta, questi nomi che da più parti si sentono biascicare, sussurrare sotto bavagli, maschere e chador. Anche le recenti elezioni politiche hanno fatto finalmente strage dell’anacronistica sinistra sovietica: apriamo i loro dossier, una buona volta! C’è chi ha ipotizzato, coraggiosamente( e tra questi, l’ottimo Lino Jannuzzi con autentiche opere editoriali) un feroce caso di “mobbing” tra i due sbirri: Contrada e De Gennaro ovvero tra il SISDE e l’allora nascente DIA. C’è chi postula la tesi femminista delle pie donne, muse del gineceo della sorveglianza, sottomesse alla volontà del misogino capo supremo Caselli (ridanciana qualifica riconducibile, forse, al solo titolo della sua originale benemerita tesi di laurea) … chi, più pragmatico, partendo dall’assassinio del giudice Falcone, postula invece il persistente soviet comunismo di Violante e compagni. Bene! Questo “giornaletto” temerario, fiero della sua campagna pro-Contrada, ha messo in fila i tre nomi impronunciabili. Sono questi i responsabili? Parliamone! Chiediamo anche una consulenza psichiatrica, i test attitudinali invocati da Berlusconi…ma finiamola di biascicare, sussurrare, fantasticare! Chi ha elementi, prove… anche chi volesse, di questi giorni, nella caduta dell’ultima pietra italiana del muro di Berlino, fare ammenda e pararsi il culo dalle eventuali ritorsioni postume ad ogni caduta di regime, si faccia avanti. I pentiti - è nel nostro italico costume - sono sempre bene accolti e tutelati, addirittura ricompensati!… Avanti, ora o mai più e prima che Contrada diventi un’ammuffita polpetta avvelenata del fastfood nazionale!… poiché noi continueremo, ben oltre Contrada, a sostenere le nostre umane ragioni, finchè avremo fiato, specialmente nel cogliere i particolari… Infatti, è forse passata (volutamente) inosservata, stante il momento topico delle elezioni, la laconica agenzia concomitante all’ennesimo rifiuto delle pie donne e che di seguito riportiamo; notizia calzante con la petizione da noi lanciata in rete in tempi remoti ed ancora attiva, che rimette giustappunto in discussione tutto il processo Contrada, perlomeno l’impalcatura fragile, incoerente e vergognosa dell’accusa. Dovremmo, per caso, buffonescamente costituirci anche noi, all’italiana, in un Partito Bruno Contrada, visto che siamo in tanti? E’ l’ora dell’etica. E’ l’ora di sbrogliare la matassa! Ne va della nostra salute mentale, della nostra libertà di pensiero ma soprattutto della nostra dignità!
“CALUNNIO' FUNZIONARIO SISDE, CHIESTA CONDANNA PER PENTITO - Roma, 14 apr. (Apcom) - Condannare a 4 anni di reclusione, per il reato di calunnia, Giuseppe Giuga; assolvere invece Calogero Pulci. Sono state queste le conclusione del pm di Catania, Lucio Setola nel processo a carico dei due ex pentiti di mafia, originari di Sommatino, in provincia di Caltanissetta, per aver falsamente accusato Bruno Contrada, quando era capo della squadra mobile e della criminalpol di Palermo. Il processo è stato aggiornato al prossimo 14 Luglio. Secondo quanto riferito dall'avvocato dell'ex funzionario del Sisde, il penalista catanese Giuseppe Lipera, la richiesta d'assoluzione per Pulci, fatta dal pm, è stata motivata spiegando che non fu quest'ultimo ad istigare Giuga ad accusare Contrada. L'avvocato Lipera, alla Corte, ha chiesto invece la condanna sia di Pulci che di Giuga, oltre ad una provvisionale di 50mila euro di danni. L'avvocato Lipera ha detto: "La requisitoria del pm e le sue richieste sono l'ultima conferma delle tante falsità che sono state raccolte e lanciate contro il mio assistito. Attendiamo ora che anche altri si rendano conto che Bruno Contrada è innocente e non può rimanere in carcere". In base alla ricostruzione offerta dal pm, Contrada fu accusato da Giuga, forse su suggerimento di Pulci (ma sul punto non c'è la prova certa), di avere permesso la fuga dell'allora latitante capomafia Benedetto Santapaola.”

… e mo’, arrestateci tutti!… per vilipendio alla menzogna istituzionale… alla bandiera del PCUS inscritta nel tricolore… ai parenti svendutisi delle vittime eccellenti della “mafia”!… Ah! Sì! Anche per noi, emuli ancor più scemi di candide “Pippa Bacca” e di innocenti Sacco & Vanzetti, vitto e alloggio gratis in una” beauty-farm” di Stato, può andar benone!

Inviato da: vocedimegaride - Commenti: 4

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Inviato da Anonimo
il 16/04/08 @ 20:37
Devo dirlo...(da un punto di vista ideale perchè sono felicemente fidanzato)...Io adoro, per non dire amo MARINA SALVADORE! Grazie per la forza interiore che mi dai.
Francesco

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Inviato da Anonimo
il 16/04/08 @ 21:40
Marina, sei unica! Hai detto la verità in un Paese in cui questo coraggio pare non averlo quasi nessuno. Mi associo a quanto hai scritto: ci faremo compagnia nella Beauty Farm.
Maria

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Inviato da Anonimo
il 17/04/08 @ 12:18
Cara Marina.
Voglio dire due cose. Non ho saputo rifiutare l'eredità lasciatami dal compianto Aniello De Lucia. Tu ed il caso Contrada. Mi sono avvicinato , senza conoscenza alcuna, e come qualcuno mi ha detto, mi sono imbarcato in una battaglia persa. Si, Marina, è una battaglia persa, quella di non andare a leggere quello che scrivi, non condividere pienamente e senza alcuna riserva l'amore per la nostra terra, e chiedere all'infinito, rispetto e considerazione per la vicenda di Bruno Contrada. Ho avuto modo di esprimere il mio pensiero, relativamente alla nostra storia, dimenticata, vilipesa, cancellata e come Iannuzzi, ho denunciato quali fossero gli oscuri personaggi che si celavano dietro le disgrazie di Contrada. Il morto che cammina, la Maschera di Ferro, il sepolto vivo. Più dimostra di essere presente a se stesso, di essere vinto, ma non domo e più i suoi nemici ed i loro manutengoli, lo avviliscono o almeno tentano di farlo. Non hanno nemmeno il coraggio di erigere una forca in piazza e giustiziarlo. Questa tornata politica, ha fatto piazza pulita a Napoli ed in tutto l'italico suolo della sinistra parlamentare e non e dei verdi. Forse torneremo ad avere aria pulita. Forse. Comunque rinuncio alla mia condizione d'invalido totale, per essere con te e con Maria nella Beauty Farm o nel manicomio . A proposito, credi che ci imbavaglieranno, o ci daranno anche carta e penna. Un Abbraccio.
Mimmo Di Renzo

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Inviato da Anonimo
il 18/04/08 @ 17:47
Chi tocca i magistrati, al pari dei fili della corrente, muore! UDITE UDITE: 2008-04-18 15:49 INSULTA MAGISTRATI, SGARBI PAGHERA' 180 MILA EURO MILANO - Per aver definito "assassini" tre magistrati milanesi l'ex parlamentare Vittorio Sgarbi, critico d'arte e ora assessore alla Cultura milanese, è stato condannato ad un consistente risarcimento: 180 mila euro più le spese di giudizio. Ad avviare la causa davanti al Tribunale civile di Milano erano stati gli ex pubblici ministeri di 'Mani pulite', Pier Camillo Davigo, Francesco Greco e Gherardo Colombo (quest'ultimo ora in pensione) che avevano citato in giudizio l'ex parlamentare per sue dichiarazioni apparse su due quotidiani e nelle quali si accusavano i tre magistrati di aver fatto morire della gente. L'allusione era ad indagati deceduti per suicidio. "Questi magistrati - aveva affermato fra l'altro Sgarbi - vanno arrestati e processati. Sono un'associazione per delinquere con libertà di uccidere". Il giudice Claudio Marangoni, valutati i fatti, ha riconosciuto a Colombo, Davigo e Greco un risarcimento di 60 mila euro ciascuno, somma che dovrà essere pagata dalla parte convenuta che dovrà far fronte anche alle spese di giudizio calcolate in altri 13.300 euro.

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Messaggio N°645 06-04-2008 - 00:19
Tags: Giustizia

Contrada: giudicate voi!

Nella straziante e già sperimentata attesa degli esiti dell'udienza del 3 aprile u.s. presso il Tribunale di Sorveglianza di Napoli, per cortese autorizzazione dell'avv. Giuseppe LIPERA offriamo l'opportunità a tutti i sostenitori di Bruno Contrada di prendere visione degli ulteriori importanti documenti clinici portati in giudizio. Trattasi di documenti eccezionali, così distinti ai rispettivi link dove li abbiamo archiviati: a) ultima relazione sanitaria dell'Infermeria Speciale dell'Organizzazione Penitenziaria Militare www.vocedimegaride.it/relazionesantaria.pdf
b)Perizia Psicologica www.vocedimegaride.it/contradaperizia.htm
Il dato più inquietante, al di là delle gravi patologie accertate, è la incredibile perdita di peso, circa 15 chili, verificatasi durante la detenzione. Chi scrive rammenta che agli esordi della Riforma Penitenziaria la Legge che ne scaturì stabilisce che la carcerazione deve favorire il pieno recupero del detenuto, ai fini del reintegro nella società. Speriamo che la dottoressa Angelica di Giovanni, capo del collegio giudicante presso il Tribunale di Sorveglianza di Napoli e la dottoressa Daniela Della Pietra, responsabile dell'Ufficio di Sorveglianza di S.Maria Capua Vetere, rammentino questi obblighi.

Inviato da: vocedimegaride - Commenti: 3

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Inviato da Anonimo
il 06/04/08 @ 01:04
A chi fa paura Bruno Contrada? Vogliamo chiedercelo? Solo rispondendo a questa domanda si sveleranno molti misteri italiani. Prego che il dottor Contrada torni al più presto in seno alla sua famiglia e che chi ha sbagliato paghi!
Espedito

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Inviato da Anonimo il 06/04/08 @ 15:49 via WEB
La stessa cosa penso pure io. Ma chi ha paura non deve averne: il Dott. Contrada ha altro a cui pensare, stiano tranquilli e lo lascino tornare per finire i suoi giorni con la propria famiglia.
Maria

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Inviato da Anonimo
il 10/04/08 @ 18:35
Cara Marina. Spero che quanto da noi espresso finora, sia stato reso noto al giudice. E' inquietante il silenzio, è assordante la noncuranza di tutte le ragioni addotte. Ogni tipo di considerazione vale zero, e lo stesso codice umano è stravolto. Di chi è la colpa. Abbiamo forse sbagliato tutto nel considerare la vicenda una questione di vita o di morte. Io stesso mi sento assediato, circondato e non riesco più a vedere una reale situazione di svolta. Sono dubbioso, di ogni tipo di preparazione personale, professionale, di vita, di esperienze fatte o subite. A cosa valgono gli studi universitari; dove sono i precetti impartiti dai professori giuristi; a cosa vale essersi trascinati per più di sessant'anni, preda di una disabilità a cui ho tentato sempre di sfuggire, traendone sensibilità, conoscenza, forza e coraggio; a cosa vale infine di essere oggi il Direttore di un'associazione di disabili, nonostante tutto e tutti. Cosa potrò dire loro, quando mi chiederanno ragione di non essere riuscito a far tornare a casa un disabile di settantasetteanni, affetto da pluripatologie, di per sè, giustamente considerate, invalidanti. Tutto quanto abbiamo tentato, denunciato, suggerito, gridato è caduto nel nulla. Forse non vogliono che Contrada muoia davvero, vogliono essere sicuri di distruggerlo nello spirito, vogliono ucciderlo nella memoria, negli affetti, vogliono che vaghi nel limbo degli sconosciuti, nella solitaria plaga di chi non è mai esistito, dei dimenticati. Dopo, molto dopo, ci sarà il sordo rumore della vanga, di un pugno di terra ed il ricadere di una pietra tombale. Una tomba senza nome. Noi stessi, finiremo con Lui. Ciao. Sono triste.
Mimmo Di Renzo

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Messaggio N°635 30-03-2008 - 20:19
Tags: Giustizia

Contrada: altra stazione Via Crucis

udienza 3/4/2008 INVITO ALL’ ASTENSIONE
Quale difensore di CONTRADA Bruno, nato a Napoli il 2/9/1931, residente a Palermo in Via Maiorana n. 4, ex Dirigente Generale della Polizia di Stato, attualmente detenuto presso il carcere militare di S.Maria Capua Vetere, premesso che dal mese di dicembre del 2007 la Dott.ssa Daniela Della Pietra è stata il Magistrato di Sorveglianza competente a seguire la fase dell’esecuzione della pena del Dott. Contrada;
che già precedentemente la Dott.ssa Della Pietra ha fatto parte del Collegio del Tribunale di Sorveglianza che in data 10/1/2008 ha provveduto su un’istanza di differimento dell’esecuzione della pena detentiva del Dott. Contrada;
che in quell’occasione questa difesa non si era nemmeno posta la problematica relativa all’opportunità che la predetta si astenesse, nonostante avesse già provveduto ad alcune istanze proposte rigettandole, considerato che ancora il complesso quadro di salute del Dott. Contrada andava arricchendosi di elementi e che appariva comprensibile che il Magistrato avesse bisogno di valutare la delicata situazione nel modo più completo possibile;
che da allora sono state proposte innumerevoli istanze di differimento dell’esecuzione della pena, supportate da pareri di medici privati ed appartenenti alla Pubblica Amministrazione, anche militare;
che ogni istanza è stata puntualmente rigettata sempre con le medesime “motivazioni” da cui si desume chiaramente che il convincimento del Magistrato è ormai consolidato e non suscettibile di cambiamenti, nonostante le condizioni di salute del Dott. Contrada siano peggiorate in questi mesi e, purtroppo, siano suscettibili di ulteriori variazioni in peggio;
tutto ciò premesso, considerato che certamente ricorrono le “gravi ragioni di convenienza” di cui alla lett. h) dell’art. 36, comma 1, c.p.p. (cfr.: “Il Giudice ha l’obbligo di astenersi … se esistono altre gravi ragioni di convenienza”)
INVITA
Il Magistrato di Sorveglianza di S.Maria Capua Vetere, Dott.ssa Daniela Della Pietra, ad astenersi dal comporre il Collegio del Tribunale di Sorveglianza di Napoli che il giorno 3/4/2008 deciderà sulla vita del Dott. Bruno Contrada.
Con ossequi
Avv. Giuseppe Lipera

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La redazione ed il "Comitato Bruno Contrada - Napoli" informano che nel giorno dell'udienza di cui sopra sosteranno in religioso silenzio e senza segni distintivi ne' striscioni e cartelli sotto il Tribunale di Napoli, per non inficiare gli esiti della delicata udienza ed anche in segno di rispetto per il dott. Contrada che - se la salute lo assiste - sarà presente in aula.Nel caso il verdetto fosse - come sempre - beffardamente negativo, si procederà invece a manifestazione rumorosa di protesta il giorno 7 aprile, per l'udienza presso l'Ufficio di Sorveglianza in S.Maria Capua Vetere . L'affettuosa partecipazione dei numerosi sostenitori di Bruno Contrada ad ambedue gli appuntamenti sarà molto gradita

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Messaggio N°626 21-03-2008 - 10:08
Tags: Giustizia

Ultimissime "Contrada"

A questo link: www.vocedimegaride.it/Esposto-Denunzia.htm
TESTO INTEGRALE DELL'ESPOSTO DENUNZIA DEL DOTT. BRUNO CONTRADA CHE VERRA' DISCUSSO ALLA UDIENZA DAVANTI AL GIP DI CALTANISSETTA OTTAVIO SFERLAZZA IL 16 APRILE 2008 E SU CUI RENDERA' INTERROGATORIO IL CONTRADA A SANTA MARIA CAPUA VETERE IL 7 APRILE 2008 DAVANTI AL MAGISTRATO DI SORVEGLIANZA DANIELA DELLA PIETRA
Avv. Giuseppe Lipera
(avviso della redazione: se, collegandovi al link, in apertura di pagina salta fuori un cartello di allerta, chiudetelo e continuate tranquillamente la lettura: trattasi del solito "dialer" prodotto da un counter che stiamo provvedendo, pagina per pagina sulla web principale, a cancellare!)

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Inviato da YORNON
il 21/03/08 @ 12:17
Approfitto del mio tempo libero, per augurare una buona pasqua... salve da Fausto, un blogger come te.

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Inviato da Anonimo
il 21/03/08 @ 22:26
Cara Marina, non sapevo come postare la notizia ieri. Così mi hai facilitato il compito. Speriamo che questa volta si avveri quanto tutti noi speriamo.
Maria

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Messaggio N°622 18-03-2008 - 14:44
Tags: Giustizia

"Duri e Puri"... seh!...seh!

Al Capo dello Stato Giorgio Napolitano
Al Consiglio Superiore della Magistratura
Al Ministro della Giustizia Dott. Luigi Scotti
(data odierna)
“Quale difensore di CONTRADA Bruno, nato a Napoli il 2/9/1931, residente a Palermo in Via Maiorana n. 4, ex Dirigente Generale della Polizia di Stato, attualmente detenuto presso il carcere militare di S.Maria Capua Vetere, rassegno le seguenti brevi considerazioni. Non intendo dilungarmi sulla vicenda giudiziaria del Dott. Bruno Contrada, poiché è nota ormai a tutti e certamente a chi legge la presente. Peraltro, la questione è di una semplicità estrema: un uomo di settantasei anni e mezzo è detenuto, nonostante le svariate e gravissime patologie che lo affliggono, nonostante innumerevoli pareri di medici che lo considerano incompatibile con il regime carcerario, nonostante le ripetute istanze proposte da questo difensore al Magistrato ed al Tribunale di Sorveglianza competenti. Ora accade che sono state depositate due istanze, in data 5/3/2008 e 11/3/2008, per il differimento di esecuzione della pena nell’interesse del Dott. Contrada, al Magistrato di Sorveglianza di S. Maria Capua Vetere, Dott.ssa Daniela Della Pietra. Alle predette istanze era allegato rispettivamente l’autorevole parere reso, in seguito al ricorso proposto avverso un’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Napoli, dal S. Procuratore Generale presso la Corte Suprema di Cassazione, Dott. Tindari Baglione, che censurava pesantemente l’operato del Magistrato di Sorveglianza, nonché dello stesso Tribunale di Sorveglianza di Napoli e che concludeva chiedendo l’annullamento dell’ordinanza emessa dal predetto in data 10/1/2008 nonché la consulenza medico-legale resa dal Prof. Mario Barbagallo, Direttore della Scuola di Specializzazione in Geriatria presso l’Università degli Studi di Palermo.Nel suindicato parere medico, redatto all’esito di una visita sulla persona del Dott. Bruno Contrada, effettuata in data 25/2/2008, il docente universitario concludeva per l’incompatibilità del detenuto con il regime carcerario. Orbene, a tutt’oggi, il Magistrato, Dott.ssa Daniela Della Pietra, non ha ancora provveduto in merito ad entrambe le istanze! Sono trascorsi più di 13 giorni dall’istanza del 5 marzo e 7 giorni da quella dell’11, ed il Magistrato non ha ritenuto di disporre in alcun modo, di esprimere il proprio convincimento al riguardo, né di adottare qualsivoglia misura. Ma, considerate le disperate condizioni di salute del Dott. Contrada, oltre che l’età del predetto (classe 1931), non avrebbe dovuto provvedere con urgenza? La Dott.ssa Daniela Della Pietra avrebbe dovuto rendere un provvedimento, o almeno provvedere alla nomina di un C.T.U (cosa che fino a questo momento non ha ancora fatto). E’ evidente che il Magistrato non ritiene urgente la trattazione della vicenda Contrada! Certo, a confronto della vicenda del Magistrato di Gela che non ha depositato la motivazione di una sentenza resa 8 anni or sono, alcuni giorni forse potrebbero sembrare pochi ..., ma il Dott. Contrada non ha altri otto anni a disposizione per attendere che il Magistrato preposto si occupi di lui, per i motivi che sono sotto gli occhi di tutti. In questi giorni, in seguito alla vicenda di Gela, vi è stata una levata di scudi generale; in particolare il Capo dello Stato è intervenuto sottolineando “l’opportunità di invitare i Capi degli uffici ad esercitare con tempestività e rigore i loro poteri di vigilanza e nello stesso tempo di assumere, con l’urgenza che la situazione richiede, le determinazioni procedurali ed organizzative idonee ad evitare episodi del genere o il loro inaccettabile protrarsi” mentre il Ministro Scotti ha invocato la prevenzione per evitare casi come quello di Gela. Ecco, noi stiamo attendendo da giorni un provvedimento che senza dubbio alcuno riveste il carattere della massima urgenza, poiché ha per oggetto le condizioni di salute di un uomo ultrasettantaseinne gravemente ammalato e non possiamo fare altro che scrivere questa missiva per rappresentare il nostro dissenso di fronte a questa gestione della GIUSTIZIA! Vorremmo sapere quale altra attività occupa il Magistrato al punto da impedire di prendere in esame e provvedere tempestivamente sulle istanze depositate nell’interesse del Dott. Contrada, perché fino a questo momento non abbiamo avuto alcuna risposta. Ci rattrista, ci preoccupa e ci indigna nello stesso tempo che in uno Stato di diritto, quale dovrebbe essere il nostro, i fatti diventano importanti soltanto quando fanno notizia, quando balzano agli onori delle cronache! Dobbiamo forse aspettare che il Dott. Contrada muoia in attesa di un provvedimento per poter urlare tutti allo scandalo? E comunque, qualora il provvedimento che attendiamo dovesse essere come tutti gli altri negativo, cosa ci rimarrebbe ancora da fare? Nel caso del Dott. Contrada l’esecuzione della pena è stata fino ad ora considerata dalla Dott.ssa Daniela Della Pietra un’esigenza inderogabile, nonostante le gravi patologie documentate ed accertate, nonostante il parere sinanco dei sanitari del carcere militare, nonostante nel nostro ordinamento esista una sorta di incompatibilità presunta con il regime carcerario per il soggetto che abbia compiuto i settant’anni di età. Insomma, è più che evidente che non è stato effettuato alcun contemperamento tra le esigenze di tutela della collettività ed il rispetto del principio dell’umanità della pena cui si ispira il nostro ordinamento. Il Dott. Bruno Contrada è stato condannato (per mero concorso esterno in associazione mafiosa, reato non previsto dal codice penale ma “creato” dalla giurisprudenza) e adesso deve restare in carcere, nonostante abbia 76 anni e mezzo, nonostante non esista agli atti un giudizio di pericolosità attuale dello stesso, nonostante stia malissimo ed autorevoli medici lo abbiano considerato incompatibile con il regime carcerario. E adesso non viene nemmeno emesso il “solito” provvedimento di rigetto! A questo punto, chi legge perdonerà la mia digressione, mi viene in mente una lettera del Consigliere del Presidente della Repubblica, Loris D’Ambrosio, pubblicata sul Manifesto del 15/3/2008, in riferimento alla pratica di grazia per Adriano Sofri. Il consigliere fa riferimento ad una recente sentenza della Corte Costituzionale (sentenza n. 200 del 2006) che chiarisce che “la grazia è istituto di natura extra ordinem destinato a far fronte ad eccezionali esigenze di natura umanitaria, non tutelabili attraverso gli ordinari strumenti penitenziari”… Sentiamo a questo punto una voce chiedersi: Nel caso del Dott. Bruno Contrada non si ravvisano forse eccezionali esigenze di natura umanitaria? Cosa dobbiamo intendere allora per esigenze di natura umanitaria? Non si dovrebbe forse prescindere, in questo caso, dalla circostanza se il detenuto abbia chiesto o non abbia chiesto la grazia ed andare alla sostanza delle cose?
Con ossequi
avv. Giuseppe Lipera

Inviato da: vocedimegaride - Commenti: 3

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Inviato da Anonimo
il 18/03/08 @ 21:16
CONTRADA: CICCHITTO (FI), DETENZIONE UGUALE A PENA DI MORTE ROMA (ANSA) - ROMA, 18 MAR - "La vicenda di Bruno Contrada, che versa in gravissime condizioni di salute nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, è agghiacciante perché nel suo caso la detenzione può equivalere alla pena di morte. Non possiamo non sottolineare che, diversamente da quanto è avvenuto per Bompressi e per Sofri, nel suo caso invece assistiamo alla persistente volontà di non voler adottare alcuna misura". Lo afferma Fabrizio Cicchitto, vice coordinatore di Forza Italia. "Ormai è del tutto evidente - conclude Cicchitto - che il nostro sistema giudiziario è caratterizzato dalla logica dei due pesi e due misure".(ANSA). I53-PNZ/ S0A S41 QBXO CONTRADA:BONIVER(FI),VICENDA NON PUO'FINIRE IN MODO DISUMANO ROMA (ANSA) - ROMA, 18 MAR - "La vicenda di Bruno Contrada non può concludersi in modo disumano": lo afferma Margherita Boniver, deputata di Forza Italia. "Ho consegnato oggi al Ministro della Giustizia - dice Boniver - la documentazione medica, redatta da specialisti non di parte, che riguarda le gravissime condizioni di salute del dott. Bruno Contrada. Questa è la terza volte che sollevo la questione presso il Ministero e continuerò a battermi affinché sia fatta giustizia per un servitore dello Stato, condannato ad una pena durissima, solo sulla base delle testimonianze di pericolosi assassini, cosiddetti pentiti di mafia". La parlamentare ricorda di aver visitato Contrada nel carcere di S. Maria Capua a Vetere e di avere intenzione di "tornare al più presto per fargli sapere che la sua vicenda non può concludersi in un modo cosi disumano. I medici, ed in particolar modo quelli carcerari, dicono che Bruno Contrada è affetto da decine di patologie: la più grave un'ischemia cerebrale e che quindi è del tutto incompatibile con la detenzione in carcere". (ANSA)

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Inviato da Anonimo
il 19/03/08 @ 13:26
Quale segretario dell'associazione di pazienti anticoagulati, AIPA Giuseppina Vivenzio di Napoli, intendiamo chiedere al giudice La Pietra di S.M.Capua Vetere, quali interventi abbia predisposto per il Dott. Contrada, di anni 76 che presenta un esito di Ischemia cerebrale, e necessità di cure specifiche e terapia da monitorizzare con preciso scadenzario.Domenico Di Renzo Con l'invito ad inoltrare la stessa all'Avv.to Lipera.

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Inviato da Anonimo
il 19/03/08 @ 20:41
commissioner@coe.int è l'e-mail del commissario europeo per i diritti dell'Uomo. Scrivetegli in massa perchè si occupi di Bruno Contrada. Sommergetelo di messaggi e appelli! Fate girare!
marina

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Messaggio N°613 08-03-2008 - 16:10
Tags: Giustizia

Giustizia: diverse scuole di pensiero!

07/03/2008 – Roma - Trentennale anni di piombo con minaccia di morte
Quest’anno non è solo l’anniversario tanto caro ai sessantottini ma è anche l’anniversario dell’epilogo sanguinoso in cui gli stessi hanno affossato il Paese ovvero gli “anni di piombo” sfociati in moltissimi eventi luttuosi che la nostra Nazione ha dovuto affrontare . Sono passati trent’anni da quando i terroristi portarono via alla famiglia Berardi il capofamiglia ed allo Stato un maresciallo della Polizia, il 10 Marzo 1978, davanti alla fermata del tram numero 5, ligio al dovere fino all’estremo sacrificio come tanti in quel periodo, colpevoli solamente perché credevano nei valori fondamentali della giustizia, del dovere e dell’amore per la propria Patria. Vorrei ricordare anche gli agenti della scorta dell’On Aldo Moro (anche per loro a giorni ricorrerà l’anniversario del barbaro massacro da parte delle Brigate Rosse in via Fani, ammazzati senza pietà: il perché non lo sapremo mai! Non è con l’uccisione di tutte queste persone innocenti che le cose sono cambiate. . Abbiamo faticato parecchio, noi vittime, per far rinverdire la memoria collettiva su quegli anni e dopo trent’anni sembra che finalmente stiano avendo il giusto riconoscimento per il loro sacrificio… ma per qualcuno tutto ciò non va bene. Al sottoscritto, per via del proprio impegno sociale atto a ricordare con la associazione “Domus Civitas” che presiede tutte le vittime del terrorismo e della mafia, proprio in questi giorni sono arrivate via sms sul cellulare delle minacce gravi di morte… ma il sottoscritto non indietreggia: sarà all’altezza di quelli ch’egli vuole ricordare e dice agli anonimi “signori” che questa volta noi tutti non ci faremo trovare impreparati ma risponderemo colpo su colpo e troveranno pane per i loro denti.
Bruno Berardi Presidente “Domus Civitas” Vittime del terrorismo e mafia 3295340474

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di “Mambo” da Il Riformista – 8 marzo 2008- LA GRAZIA PER SOFRI E CONTRADA?
Franco Corleone ha scritto una lettera aperta al presidente Napolitano, pubblicata dal “Manifesto” di ieri, per chiedere la grazia per Adriano Sofri. Corleone annuncia anche uno sciopero della fame. La richiesta è giusta e la condivido. Sciopero della fame no, ho problemi di salute, ma posso chiedere a Bettini, per ragioni analoghe e contrarie, di farlo al mio posto. La grazia a Sofri è una decisione matura. Qualunque cosa si pensi di quegli anni e dei protagonisti di una terribile stagione di delitti, Adriano Sofri ha pagato tanti di quei prezzi da rendere ragionevole, fuori da ogni retorica perdonista, un provvedimento di clemenza che lo liberi in via definitiva. Vorrei suggerire a Corleone e ai numerosi sostenitori della causa di Adriano Sofri un’altra vicenda che li ha affascinati meno ma che a me provoca la stessa indignazione. Il prefetto Bruno Contrada, ristretto in un carcere militare, è in pericolo di vita. La sua detenzione, anche in questo caso indipendentemente dall’opinione che si ha sulla sua colpevolezza, si sta rivelando una terribile punizione, una probabile sentenza di morte. Il prefetto Contrada è sostenuto da una campagna di stampa affollata solo da protagonisti di destra. Ha forse per questo meno diritto a un provvedimento umanitario

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Niente banali mimose, oggi, per Daniela, il magistrato nomen omen Della Pietra ma l’ennesima accorata istanza dell’avvocato Lipera in favore di Bruno Contrada, così rinnovata: “che l’Ill.mo Sig. Magistrato di Sorveglianza di Santa Maria Capua Vetere conceda il differimento esecuzione pena per i gravissimi motivi di salute nell’interesse del dott. Bruno Contrada o in subordine la detenzione domiciliare.” Chissà, magari avrebbe gradito un apparecchietto acustico dell’Amplifon, data la ben nota sordità da cui pare essere affetta. Ora, a prescindere dal suo elevato e rigoroso incarico istituzionale, nel giorno in cui la Donna viene celebrata per le sue peculiarità del tutto assenti nell’Uomo che, solitamente, non si applica ai propri uffici con lo sforzo sincrono di entrambi i due emisferi cerebrali, come avviene per il “gentil sesso”, dalle donne della redazione di Megaride giunge a Daniela Della Pietra una preghiera a voler - da donna sensibile e colta quale la immaginiamo - manifestare almeno un educato cenno di ricezione di questa monumentale partita di istanze inoltratale da dicembre a marzo. Dottoressa Della Pietra, legata ai destini di Bruno Contrada c’è una tal pletora di cittadini italiani che, nel tempo, continua ad ingrossarsi; gente perbene che fa del proprio DOVERE di italiano il proprio vessillo, che paga serenamente le tasse e sopporta i costi esorbitanti della Giustizia poiché vuole credere nella bontà dei servizi e nell’applicazione corretta della Legge… GENTE SENZIENTE ALLA QUALE LEI NON PUO’ NEGARE LA SUA ATTENZIONE ED IL SANO CONTRADDITTORIO… SE NON ALMENO UNA RISPOSTA! GENTE CHE PREFERIREBBE ASSISTERE, NELLA REGIONE DOV’ELLA OPERA, AD UN ACCANIMENTO GIUDIZIARIO NEI CONFRONTI DEI REI DI STRAGE OVVERO DI COLORO CHE HANNO MASSACRATO IL TERRITORIO ED IL POPOLO CAMPANO, PIUTTOSTOCHE’ L'INFIERIRE CRUDELMENTE SU DI UN INOFFENSIVO VECCHIETTO AMMALATO E DIMENTICATO IN UN CARCERE MILITARE! PER GIUDICARE UN UOMO NON BASTA LEGGERE CODICI E CODICILLI, ORDINANZE E DECRETI. DIETRO LE CARTE C’E’ SEMPRE UN UOMO E S’E’ UNA DONNA A GIUDICARE NON PUO’ ESIMERSI DAL METTERCI QUELLA DOTE UNICA FEMMINILE CH’E’ IL BUONSENSO!
BUONA FESTA DELLA DONNA, DOTTORESSA DELLA PIETRA!

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Messaggio N°612 07-03-2008 - 15:03

Comunicazione dell'Avv. Lipera
LA DOTT.SSA DANIELA DELLA PIETRA NON HA ANCORA DECISO

Difficile che per oggi avremo novità sulle sorti di Bruno Contrada da Santa Maria Capua Vetere.
Sia per telefono, che attraverso un nostro incaricato, andato personalmente in cancelleria per avere notizie, ci hanno comunicato che il Magistrato di Sorveglianza dott.ssa Daniela Della Pietra non è in ufficio al momento e non lo sarà sino a lunedì prossimo.
Nel mentre cresce l’ansia dei familiari, oltre che dei legali, i quali, confortati anche dall’autorevole requisitoria del S. Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, Dott. Tindari Baglione, ed allegata alla nuova istanza depositata presso la cancelleria due giorni fa, ancora non smettono di sperare in un mutamento del personale orientamento del Magistrato.
Frattanto si ha notizia che il Prof. Mario Barbagallo, titolare della Cattedra di Geriatria della Facoltà di Medicina dell’Università degli Studi di Palermo, che ha visitato recentemente il Dott. Bruno Contrada, ha rilasciato una relazione scritta in cui, rilevato “il grave deperimento organico del paziente”, dichiara che “lo stato clinico e le cure del detenuto non sono compatibili con il regime carcerario per l’età del medesimo – settantasei anni e mezzo- per l’alto profilo di rischio per morbilità e mortalità da cause cerebro-cardio-metabolici (confermato tutto ciò da precedenti ictus e T.I.A., cioè attacchi ischemici transitori)”.
Avv. Giuseppe Lipera

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Messaggio N°609 03-03-2008 - 14:48
Tags: Giustizia

Contrada: ALLELUJA!

PROCURA GENERALE DELLA REPUBBLICA
PRESSO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
N. 5778/2007 R.G. Cass. Pen. Prot. P.G. n. 502/2 anno 2007
Il Procuratore Generale
Letti gli atti relativi al ricorso proposto nell’interesse di CONTRADA Bruno avverso l’ordinanza in data 10/1/08 con la quale il Tribunale di Sorveglianza di Napoli ha rigettato tre istanze di rinvio dell’esecuzione della pena ex art. 147 c.p.;
rilevato che negli stringati motivi di ricorso è dato leggere: “erra il Tribunale di Sorveglianza quando nel valutare lo stato di salute del dott. Bruno Contrada attraverso la lettura delle relazioni rilasciate dai medici che lo hanno visitato, procede con un’analisi analitica elencando le singole patologie che lo affliggono … , mentre se si allarga la visione all’insieme delle malattie, … una tale richiesta (di differimento pena – n.d.r.) sarebbe stata accolta, apparendo evidente in tutta la sua gravità la condizione in cui versa il suo stato di salute”;
ritenuto che in effetti una valutazione di sintesi e complessiva dello stato di salute del ricorrente non risulta essere stata compiuta dal Tribunale di Sorveglianza;
che tale valutazione si rende necessaria anche perché le conclusioni dell’organo giudicante divergono dalle conclusioni mediche sia delle strutture sanitarie (carcerarie ed ospedaliere) sia dei consulenti di parte, che ritengono versare il Contrada in condizioni di salute incompatibili con il regime carcerario;
ritenuto che il sussistente vizio di motivazione risulta ancora più evidente se si tiene conto che nel provvedimento impugnato non si fa alcun riferimento alla attuale pericolosità sociale del ricorrente, valutato il percorso di reinserimento sociale all’interno della struttura carceraria e tenuto conto dell’età avanzata del ricorrente: Contrada Bruno è nato il 2/9/1931;
che sotto quest’ultimo aspetto conserva ancora validità (anche dopo l’entrata in vigore dell’art. 7 L. 5/12/2005 n. 251) quanto affermato dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. Pen., Sez. I 12/02 – 20/04/2001 n. 16183 RV. 218640) sia pure in relazione ad altra fattispecie, ma con riferimento all’istituto in esame, e cioè che:
“E’ immanente al vigente sistema normativo una sorta d’incompatibilità presunta con il regime carcerario per il soggetto che abbia compiuto i settanta anni, sicché, nell’ipotesi di esecuzione della pena detentiva che lo riguardi, in presenza di un’istanza di differimento per motivi di salute o, in alternativa, di detenzione domiciliare, l’indagine del giudice in ordine alla gravità delle infermità che lo affliggono e alla loro compatibilità con lo stato detentivo non è decisiva, pur se utile, mentre è determinante l’accertamento della sussistenza di circostanze eccezionali, tali da imporre l’inderogabilità dell’esecuzione stessa ovvero da contrastare con la possibilità di renderla meno afflittiva, ricorrendone le condizioni di legge, mediante la detenzione domiciliare”;
che, inoltre, il giudice in casi quale quello in esame deve tenere conto che “il divieto di concessione del beneficio della detenzione domiciliare ai condannati per i reati di cui all’art. 4 bis della legge n. 354 del 1975 non è applicabile nel caso in cui sussistano le condizioni di grave infermità fisica che giustificherebbero il rinvio dell’esecuzione della pena ex art. 147 c.p., atteso che l’applicazione della misura alternativa della detenzione domiciliare in siffatta ipotesi costituisce un contemperamento tra le esigenze di tutela della collettività (in relazione alla pericolosità del soggetto) ed il rispetto del principio di umanità della pena, sotto il profilo della sua abnorme afflittività nel caso di accertata grave infermità fisica” (si veda Cass. Pen., Sez. I, 19/02 – 28/04/2001 n. 17208, RV. 218762);
ritenuto, infine, che debba disporsi la riduzione dei termini per il giudizio stante la motivata richiesta del ricorrente il tal senso;
visti gli artt. 611, 623, c.p.p., 169 disp. att. c.p.p.;
chiede
che il Sig. Presidente della Corte di Cassazione disponga la riduzione dei termini stabiliti per il giudizio di legittimità;
che la Corte di Cassazione annulli l’impugnata ordinanza con rinvio al Tribunale di Sorveglianza di Napoli.
Roma 27 febbraio 2008
Il Sostituto Procuratore Dott. Tindari Baglione

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La decisione del ricorso proposto dall’Avv. Giuseppe Lipera nell’interesse di Bruno Contrada avverso la ordinanza del 10/1/2088 del Tribunale di Sorveglianza di Napoli, che ha negato la liberazione o la detenzione domiciliare per gravissimi motivi di salute, è stata fissata per l’udienza del 27 marzo 2008, avanti la prima sezione penale della Corte Suprema di Cassazione.
Con decreto 29/2/08, il Presidente della prima sezione penale, ai sensi dell’art.169 disp. att. del codice di procedura penale, accogliendo la formale istanza dell’Avv. Lipera, ha disposto la riduzione dei termini, stante l’urgenza.

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Inviato da Anonimo
il 03/03/08 @ 14:51
Stavo per pubblicarlo io: sono veramente felice e ringrazio Dio.
Maria

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Messaggio N°605 01-03-2008 - 19:21
Tags: Giustizia

Contrada: Tribunale sorveglianza fissa udienza scarcerazione

Il Tribunale di Sorveglianza di Napoli ha fissato per il prossimo 3 aprile l'udienza per discutere la richiesta di differimento della pena o di detenzione domiciliare per Bruno Contrada, il 77nne ex funzionario del Sisde detenuto nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere per scontare una condanna a 10 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa.
Fa seguito alla richiesta, per gravi motivi di salute, avanzata dal legale di Bruno Contrada, l'avvocato Giuseppe Lipera, del foro di Catania.

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Inviato da vocedimegaride
il 01/03/08 @ 19:23
Bruno, resisti! speriamo che questa volta ti concedano di finire i tuoi giorni a casa.
Maria

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Messaggio N°604 29-02-2008 - 23:38
Tags: Giustizia

Catania 28/2/2008
Al Sig. Magistrato di Sorveglianza
Dott.ssa Daniela Della Pietra
SANTA MARIA CAPUA VETERE
Qual difensore di Bruno Contrada, di anni 77, prigioniero del carcere militare di Santa Maria Capua Vetere,
espongo
Mi rimbombano nelle orecchie le parole dette recentemente da Benedetto XVI “ … la società intera e in particolare i settori legati alla scienza medica sono tenuti ad esprimere la solidarietà dell'amore, la salvaguardia e il rispetto della vita umana, in ogni momento del suo sviluppo terreno” e inevitabilmente penso al dottore Contrada.
Ha poi aggiunto Papa Joseph Ratzinger … “un più grande rispetto della vita umana individuale passa inevitabilmente attraverso la solidarietà concreta di tutti e di ciascuno, costituendo una delle sfide più urgenti del nostro tempo” e fatalmente mi chiedo: di chi e a chi parla il Sommo Pontefice? Sono solo parole astratte e dette in generale o hanno un minimo di senso?
Anche per queste riflessioni è mio dovere insistere nel chiedere la liberazione di Bruno Contrada.
c
on ossequi
Avv. Giuseppe Lipera

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Messaggio N°603 29-02-2008 - 23:35
Tags: Giustizia

Catania 26/2/2008
Al Sig. Magistrato di Sorveglianza
Dott.ssa Daniela Della Pietra
SANTA MARIA CAPUA VETERE
Solo per ricordare alla S.V. che le condizioni di salute del dott. Bruno Contrada, sono gravissime.
Pertanto o ne ordina la scarcerazione, o nomina un perito medico-legale o lo va a trovare al carcere militare e de visu accerta quanto lamentato dal difensore.
Con ossequi.
Avv. Giuseppe Lipera

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Messaggio N°602 29-02-2008 - 23:27
Tags: Giustizia

"Lo sbirro e lo Stato"
di Lino Jannuzzi

Giovedì 28 febbraio alle ore 12.00, presso la Sala stampa della Camera dei Deputati (via della Missione 4) è stato presentato il libro del Senatore Lino Jannuzzi, “Lo sbirro e lo Stato”, edito da Koinè.
Nel suo libro-inchiesta sulla sottile perfidia del potere, l’Autore ricostruisce quindici anni di guerra della Procura di Palermo contro i Carabinieri, prendendo in esame ed analizzando nel dettaglio il “caso Bruno Contrada”: «quindici anni – scrive Jannuzzi – di persecuzioni e di processi basati soltanto sulle calunnie dei “pentiti”, senza riscontri e senza prove».
Alla presentazione del libro sono intervenuti, oltre all’Autore, l’On. Stefania Craxi, che ne ha curato la prefazione, e l’Avvocato Giuseppe Lipera, legale del Dott. Bruno Contrada.
"Demolire l'infernale macchinazione che ha portato a seppellire vivo Contrada, un fedele servitore dello Stato, nel carcere di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) , travolto dalle accuse pilotate di criminali incalliti".
E' questo per Stefania Craxi, parlamentare di Forza Italia, lo scopo del libro scritto dal giornalista e senatore di Fi Lino Jannuzzi, "Lo sbirro e lo Stato" (edito da Koine'), su caso di Bruno Contrada, presentato nella sala stampa di palazzo Montecitorio.
"La verita', semplice e lampante -sostiene la Craxi- e' che Contrada e' la prima vittima di quel terzo livello, che dicono sia l'invenzione politica di Luciano Violante, che ha spostato l'attenzione dalla caccia ai mafiosi alla caccia ai politici loro presunti complici e grazie al quale, caso strano, sono stati colpiti avversari politici non allineati.
Strumenti di questo cambiamento sono i pentiti che la Dia gestita da De Gennaro individua e sforna a getto continuo". E cita i processi ad Andreotti, Mannino, Musotto, Dell'Utri, Berlusconi, Mori, Carnevale.
Stefania Craxi elogia l'autore del libro su Contrada: "E' l'atto di coraggio di un uomo, Lino Jannuzzi, che non si arrende di fronte all'ingiustizia e non esita a ricostruire i fatti cosi' come appaiono a chi li voglia giudicare senza preconcetti e senza secondi fini, mettendo in luce contraddizioni, interpretazioni di comodo, travisamenti che hanno portato alla condanna di un uomo innocente, prima vittima della corporazione costituita dai professionisti dell'antimafia".


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Messaggio N°596 18-02-2008 - 20:15
Tags: Giustizia

Un briciolo di umanità per Contrada

Ci viene notificata in questo momento, ore 20,00 pari data, l'ordinanza della Corte di Appello di Caltanissetta. La difesa apprezza il provvedimento della Corte che, nonostante il contrario parere del P.G. Luigi BIRRITTERI, pur rigettando allo stato la richiesta di sospensione della esecuzione della pena, mostra di voler approfondire – vista la complessità della questione – l’esame degli atti processuali (compreso le sentenze già intervenute) sia in relazione al dedotto contrasto tra giudicati (V. sentenze assolutorie Andreotti e Carnevale) nonché anche in relazione alle richieste di nuove prove formulate (le richieste di escussione testimoniale del sen. Francesco Cossiga e dei poliziotti Francesco Belcamino e Francesco Cardillo). Senza voler esternare del facile ottimismo è palese che se la richiesta di revisione fosse stata manifestamente inammissibile e infondata, come incautamente e sbrigativamente ha sostenuto il P.G. col suo parere, non avrebbe la Corte emesso una siffatta ordinanza.Siccome il nostro obbiettivo è il Giusto ed il Vero rimaniamo in attesa e fiduciosi.
Avv. Giuseppe Lipera
www.studiolegalelipera.it

N° 36/08 R.G. REVISIONE
CORTE DI APPELLO DI CALTANISSETTA
SEZIONE PRIMA
La Corte di Appello di Caltanissetta, riunita in Camera di Consiglio così composta:
dott. Salvatore Cardinale Presidente rel.
dott. Maria Carmela Giannazzo Consigliere
dott. Ignazio Pardo Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
Vista l’istanza depositata in Cancelleria il 16 gennaio 2008 con la quale il difensore di Contrada Bruno, nato a Napoli il 2 settembre 1931, condannato alla pena di anni 10 di reclusione con sentenza della Corte di Appello di Palermo in data 25 febbraio 2006 divenuta definitiva in seguito al rigetto del ricorso in Cassazione pronunciato dalla Suprema Corte con sentenza del 10 maggio 2007, ha chiesto, in pendenza del giudizio di revisione, la sospensione dell’esecuzione della pena ai sensi dell’art. 635 c.p.p.;
ritenuto che l’istanza proposta trova fondamento nella dedotta sussistenza dei requisiti del fumus boni iuris, inteso quale probabilità che la richiesta di revisione venga accolta e del periculum in mora in considerazione della avanzata età del condannato;
che la difesa istante ha altresì richiesto disporsi, in linea subordinata, in considerazione delle gravi condizioni di salute del Contrada documentate sulla base della documentazione trasmessa in data 31 gennaio 2008 una misura coercitiva meno affittiva si sensi della particolare disciplina dettata dall’art. 635 c.p.p.;
visto il parere espresso dal Procuratore Generale che si è opposto alla sospensione della pena osservando che l’istituto predetto ha presupposti del tutto diversi da quelli del rinvio obbligatorio o facoltativo della pena per motivi di salute previsto dagli artt. 146 e 147 del codice penale, rientrante nella esclusiva competenza della Magistratura di Sorveglianza sicché in sede di revisione alcuna facoltà di disporre la sospensione della pena per motivi di salute ha la Corte di Appello funzionalmente competente;
che inoltre lo stesso rappresentante della pubblica accusa ha dedotto l’insussistenza del fondamento della sospensione, la cui disposizione postula la formulazione di una prognosi favorevole sulla fondatezza della richiesta di revisione, nel caso in esame invece inammissibile e comunque infondata per le motivazioni espresse nel parere recante data 7 febbraio 2008;
che, tanto premesso, va poi ricordato come secondo l’autorevole insegnamento della Suprema Corte:
“La sospensione dell’esecuzione della pena, ai sensi dell’art. 635 cod. proc. pen., in pendenza di procedimento di revisione, costituisce istituto di carattere eccezionale, in quanto derogatorio al principio dell’obbligatorietà dell’esecuzione, e presuppone l’esistenza di situazioni in cui appaia verosimile l’accoglimento della domanda di revisione e la conseguente revoca della condanna” (cfr. Sez. F. Sentenza n. 35744 del 20/08/2004);
Considerato che, nella specie, la richiesta di revisione trova il proprio fondamento innanzi tutto nella dedotta esistenza di un contrasto di giudicati, ex art. 630 lett. A) c.p.p., tra la pronuncia di condanna emessa nei confronti del Contrada e quelle di assoluzione divenute definitive pronunciate all’esito dei giudizi svoltosi dinanzi la medesima autorità giudiziaria palermitana nei confronti degli imputati Carnevale Corrado ed Andreotti Giulio;
che altresì viene dedotta, ex art. 630 lett. C) c.p.p., la sopravvivenza di nuove prove che sole o unite a quelle già valutate dimostrano che il condannato deve essere prosciolto a norma degli artt. 529, 530 o 531 c.p.p. costituite dalla pendenza di procedimento penale per il delitto di calunnia in danno del Contrada nei confronti di Pulci Calogero e Giuca Giuseppe dinanzi all’autorità giudiziaria di Catania;
che con successive istanze depositate in Cancelleria il 2 ed il 5 febbraio 2008 sono state dedotte come nuove prove, inconciliabili con l’affermazione di responsabilità del Contrada, le richieste di escussione testimoniale del sen. Francesco Cossiga e dei poliziotti Francesco Belcamino e Francesco Cardillo;
che al fine di formulare un giudizio di verosimile fondatezza dell’istanza di revisione questa Corte deve procedere ad acquisire e valutare approfonditamente la pronuncia di secondo grado emessa dalla Corte di Appello di Palermo in data 25-2-2006, poi confermata in Cassazione, di condanna del Contrada per il delitto di concorso esterno in associazione mafiosa (artt. 110 e 416 bis c.p.) al fine di analizzare se effettivamente a sostegno dell’affermazione di responsabilità siano state poste a fondamento le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia indicati nell’istanza di revisione e cioè degli imputati di procedimenti connessi: Brusca Giovanni, Buscetta Tommaso, Cangemi Salvatore, Costa Gaetano, Di Carlo Francesco, Marino Mannoia Francesco, Mutolo Gaspare, Pennino Gioacchino e Siino Angelo;
che inoltre deve essere valutato se a fronte delle dichiarazioni provenienti dai predetti collaboratori la Corte di Appello suddetta abbia valorizzato altri elementi di prova quali dichiarazioni provenienti da altri testimoni o argomenti deducibili da produzioni documentali;
che inoltre bisogna altresì valutare quale sia effettivamente il contrasto insanabile tra i fatti affermati nella pronuncia di condanna del Contrada e quelli contenuti nelle richiamate sentenze assolutorie emesse all’esito dei giudizi svoltisi nei riguardi degli imputati Andreotti Giulio e Carnevale Corrado;
che occorre altresì valutare, pur se in astratto nella fase della valutazione dell’ammissibilità dell’istanza, la conducenza e rilevanza delle dichiarazioni acquisibili dai testimoni indicati nelle successive istanze depositate il 2 ed il 5 febbraio 2008 dal difensore del Contrada;
che pertanto la particolare complessità delle valutazioni da operare rende al momento non formulabile alcun giudizio di verosimile fondatezza dell’istanza, sicchè l’istituto della sospensione per il suo carattere eccezionale in quanto derogatorio al principio generale dell’obbligatorietà dell’esecuzione, non può essere allo stato applicato al caso in specie;
che peraltro in tale fase processuale alcuna rilevanza assumono le dedotte gravi condizioni di salute dell’istante non essendo compito rimesso a questa Corte, chiamata a valutare l’istanza di revisione, giudicare le stesse al fine di disporre la sospensione della pena;
P.Q.M.
visto l’art. 635 c.p.p.;
rigetta allo stato la richiesta di sospensione dell’esecuzione della pena avanzata dal difensore di Contrada Bruno.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di competenza.
Caltanissetta 14 febbraio 2008-02-18
I Consiglieri Il Presidente est.
Depositato in cancelleria il 14/2/080 alle ore 15,15.
Spedito per notifica
f.to il cancelliere.

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In data odierna l’avv. Lipera ha inoltrato Al Sig. Magistrato di Sorveglianza Dott.ssa Daniela Della Pietra in quel di SANTA MARIA CAPUA VETERE, copia della relazione medico-legale redatta dal dr. Giuseppe Caruso, sulle condizioni di salute gravissime del dott. Bruno Contrada, ricoverato d’urgenza la settimana scorsa al nosocomio civile in sede.
In segno di rispetto alla persona del dott. Bruno CONTRADA e per garantirgli anche un minimo di privacy, questa redazione si limiterà esclusivamente alla pubblicazione delle SOLE conclusioni cui è giunto il medico-legale, dichiarando di aver peraltro preso visione del documento integrale la cui lettura, anche ai meno esperti in campo medico, fa molto riflettere su quello che sembra essere nella sostanza il perfido accanimento giudiziario nei confronti di quest’uomo che – senza fare dell’astratta fantapolitica – senza dubbio “qualcuno” vuole morto.

“Io sottoscritto Dott. Giuseppe Caruso, medico chirurgo, specialista in medicina legale e delle assicurazioni, specialista in tossicologia medica, sono stato incaricato dall’Avv. Giuseppe Lipera, di esprimere un moti­vato parere medico-legale riguardo le condizioni di salute del Dott. Bruno Contrada nato a Napoli il 02/09/1931, già detenuto presso il Carcere Militare di Santa Maria Capua Vetere (NA), in atto ricoverato presso l’Ospedale Civile di Santa Maria Capua Vetere, in relazione alla com­patibilità con l’ambiente carcerario. Per tale motivo, ottenute le necessarie autorizzazioni, ho proceduto, in data 15/02/2008, a visitare il paziente ed a visionare il diario clinico.
“CONCLUSIONI”
Da quanto sopra evidenziato si può affermare, che le condizioni di salute del Dott. Bruno Contrada - affetto da “Grave deperimento organico; vasculopatia cerebrale cronica in esito a sequela di accidenti vascolari; emianopsia destra; grave disturbo depressivo con marcata ansia reattiva; diabete mellito tipo 2; vasculopatia ostruttiva carotidea; insufficienza vertebro-basilare con vertigini marcate e persistenti; cardiopatia ipertensiva con bradicardia marcata; ipoacusia bilaterale con acufeni persistenti; ipertrofia prostatica con disturbi della minzione; colelitiasi; BPCO; poliartropatia diffusa con artralgie a marcata incidenza funzionale; deficit funzionale della spalla destra per lesione della cuffia dei rotatori; sinusite fronto-mascellare; gastro-duodenite con disturbi della digestione” – non sono assolutamente compatibili con il regime di detenzione.
Tale giudizio, peraltro, è stato espresso da tutti i medici che in questi ultimi tempi hanno visita il paziente, come il Prof. Silvio Buscemi e, finanche, dal Dirigente del Serv. Sanitario del Carcere Militare di Santa Maria Capua Vetere ed oggi risulta confortato anche dalla ultima e recente relazione riassuntiva e globale del 04/02/2008 del Prof. Franco Rengo, Geriatra, Direttore del Policlinico Federico II di Napoli.
Il paziente, infatti, si ritiene, specie a causa delle patologie vascolare cerebrale, cardiaca, metabolica e psicologica, sia da ritenersi ad altissimo rischio di re-ictus.
La severità di tale quadro clinico, senza dubbio, impone di ritenere il paziente in immanente pericolo di vita essendo la prognosi altamente sfavorevole sia quoad valitudinem che quoad vitam.
Per tale motivo, secondo il principio dell’imprescindibile diritto alla salute, si ritiene che al Dott. Bruno Contrada vadano concessi quantomeno gli arresti domiciliari al fine di dargli la possibilità di curarsi in maniera più efficace, evitando così che le sue condizioni di salute possano peggiorare drasticamente ed irrimediabilmente con grave rischio per la vita stessa del paziente.
In fede
Catania 18/02/2008
DOTT. GIUSEPPE CARUSO

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Inviato da Anonimo
il 19/02/08 @ 22:49
Finalmente si è riacceso il lumicino della speranza: è la prima buona notizia dopo tanto tempo. Speriamo che sia la prima di una lunga serie. Maria

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Inviato da Anonimo
il 19/02/08 @ 23:36
Finalmente...ci voleva una boccata d'ossigeno...

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Inviato da Anonimo
il 20/02/08 @ 10:29
Sembrava tutto maledettamente fermo. Ora pare che qualcosa si muova. Che il Signore assista il povero BRUNO. Gli siamo tutti affettuosamente vicini.
Augusto

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Messaggio N°587 11-02-2008 - 11:13
Tags: Giustizia

ECC.MA CORTE DI APPELLO PENALE DI CALTANISSETTA
MEMORIE DIFENSIVE
AVVERSO IL PARERE DEL PROCURATORE GENERALE SULLA DOMANDA DI REVISIONE DELLA SENTENZA
Quali difensori e procuratori di Contrada Bruno, nato a Napoli il 2/9/1931, residente a Palermo in via Maiorana, n.4, ex Dirigente Generale della Polizia di Stato, attualmente detenuto presso il carcere militare di Santa Maria Capua Vetere,
espongono
La prima cosa che ci viene da pensare, rileggendo il parere del S. Procuratore Generale dott. Luigi Birritteri, è l'anomalia di alcune norme del nostro ordinamento e segnatamente quelle che riguardano l'istituto della ricusazione.
Una parte processuale, attore, convenuto, imputato, può ricusare il magistrato che fa il Giudice (ricorrendone ovviamente dei presupposti) mentre non può ricusare il magistrato che fa il P.M. cioè il consulente del Giudice (queste sono in definitiva le funzioni che svolge in Corte di Appello o in Corte di Cassazione il P.M.).
In base a quale ratio questa differenziazione?
Se si dimostra che un Giudice ha delle idee precostituite nei miei confronti lo posso ricusare, se in vece è il P.M. che con la sua attività (V. il parere o la requisitoria) può influenzare una certa decisione del Giudice anziché un'altra non lo posso ricusare.
Ha un senso tutto ciò?
E cosa c'entra tutto questo col caso Contrada?
Non è colpa nostra se in certi processi penali in Italia si sono formati stranamente degli schieramenti per così dire … ideologici.
Se difendi un imputato coinvolto negli scontri del G8 di Genova o un ultras dello stadio, tutta la sinistra è con te, mentre la destra ti attacca; se difendi un imputato di mafia, a prescindere se sia colpevole o innocente, tutta la sinistra è contro di te, la destra è invece garantista.
E' inspiegabile ma è così!
Allora se così è, chi ha idee politiche precostituite o preconcette su determinati processi, a prescindere di chi è la persona imputata, deve semplicemente astenersi dal trattarli, sia esso Giudice o mero P.M..
Ci si potrebbe obbiettare: io magistrato ho delle idee politiche ma me li tengo per me, perché quando esercito la mia funzione non mi faccio condizionare da esse.
Benissimo, diciamo noi, ci mancherebbe che così non fosse, ma un vecchio adagio purtroppo ci ricorda che "la moglie di Cesare non solo deve essere onesta ma deve sembrare onesta!".
In Italia purtroppo è avvenuto che una parte politica, tutti sanno quale è, ha fatto di una ovvietà un programma politico, ove per ovvietà deve intendersi la lotta alla mafia, con la benda agli occhi: chi è accusato di mafia, o qualcosa di simile, a prescindere se sia colpevole o innocente, è un appestato (il principio costituzionale di innocenza non esiste più).
E non stiamo dicendo fandonie … è così che vanno le cose.
Tutti sanno che a fine dicembre fu chiesto al Presidente della Repubblica di intervenire valutando la possibilità di concedere sua sponte la Grazia a Bruno Contrada.
Apriti cielo!
La sinistra, con Rita Borsellino in testa, si è ribellata (non è insorta né per il graziato Ovidio Bompressi, compagno di "Lotta Continua" accusato dell'omicidio del Commissario Luigi Calabrese, vice-responsabile della squadra politica della Questura di Milano, né per il graziato Graziano Mesina, il famoso bandito sardo).
E siccome Bruno Contrada, vecchio e morente, ha poi dichiarato pubblicamente, attraverso i giornali e le televisioni, che si aspettava un Grazie da questo Stato e non una Grazia (in effetti né Lui né i difensori avevano chiesto la Grazia, ma - repetita iuvant - hanno semplicemente esortato la concessione della Grazia … d'Ufficio) non c'è stata occasione migliore per … archiviare la pratica.
Adesso siamo alla domanda di revisione del processo.
Manco a farlo apposta, o nulla succede a caso, il Magistrato chiamato a formulare il parere sulla domanda di revisione sarà, e senz'altro lo è, un buon magistrato ed un fine giurista, ma - guarda il caso - è stato candidato nelle liste del centro sinistra (nel 2003, ad Agrigento, il magistrato Luigi Birritteri non è riuscito a strappare la poltrona all'uscente Vincenzo Fontana di Forza Italia, che ha ottenuto il 56,4% dei voti, V. Erminia Guastella in www.ateneonline-aol.it, 27/5/2003).
Ma cosi è se vi pare (diceva Luigi Pirandello) … e andiamo avanti ad esaminare e ribattere le deduzioni del P.G..

* * * * * * *

Per noi validi e sempre attuali restano gli insegnamenti di Francesco Carnelutti per cui l'avvocato è chiamato a soccorrere col suo aiuto il cliente, come il medico l'ammalato, prescindendo da ogni idea politica.
Bruno Contrada deve essere difeso, perché chi lo soccorre lo ritiene innocente, nè può diventare colpevole solo perché vi è una sentenza di condanna definitiva.
Il P.G., nel suo parere di inammissibilità e rigetto alla domanda di revisione, cita la sentenza resa dal Tribunale di Palermo il 5/4/1996, poi confermata dalla Corte di Appello il 25/2/2006 e divenuta irrevocabile il 10/5/2007.
E' fuor di dubbio che il Procuratore Generale ha saltato, certamente senza volerlo, un passaggio che però noi riteniamo fondamentale: non è che la sentenza del Tribunale di Palermo del 5/4/1996 è stata così, sic et simpliciter (come vorrebbe fare apparire il P.G.), confermata dalla Corte di Appello, perchè l'iter processuale è stato un tantino più "complesso" e vale la pena ricordarlo e sottolinearlo: la sentenza di condanna di primo grado fu totalmente riformata dalla sentenza della Corte di Appello di Palermo del 4/5/2001, che ebbe ad assolvere il Dott. Bruno Contrada perché il fatto non sussiste (poi la Corte di Cassazione il 12/12/2002 ebbe a sentenziare che questa decisione assolutoria non era scritta bene, quindi vi fu un nuovo procedimento concluso con la sentenza citata dal P.G., poi confermata, perché scritta meglio, evidentemente, secondo i giudici di legittimità).
Quindi la storia già di per sè non è poi così tanto chiara come si vorrebbe fare apparire perché, a prescindere del visto di legittimità, alla sentenza assolutoria negato e alla sentenza di condanna concesso, abbiamo avuto due distinti Collegi, due sezioni della Corte di Appello di Palermo, che, valutando lo stesso materiale probatorio sono pervenuti, a due decisioni diametralmente contrapposte, una di assoluzione e l'altra di condanna a dieci anni di reclusione: il Nadir con lo Zenit, il che significa che, sinanco a prescindere dall'esito che avrà questa domanda di revisione, il dubbio di un condannato innocente rimarrà sempre e resterà scritto indelebilmente negli annali secolari della storia giudiziaria italiana.
Se a tutto ciò si aggiunge la particolare imputazione "concorso esterno in associazione mafiosa"(reato creato dalla giurisprudenza anziché dal legislatore), senza alcuna contestazione di reato fine (nessuno contesta al Dott. Contrada un favoreggiamento personale o reale, o un interesse privato in atti di ufficio, una corruzione, un'omissione di atti di ufficio, un abuso in atti di ufficio), non vi è chi non veda che il dubbio diventa enorme, gigantesco, insopportabile come non mai.
I difensori non possono non apprezzare lo sforzo dialettico e l'impegno giuridico profuso dal P.G. col suo parere del 7/2/2008, tuttavia scienza e coscienza ci obbligano a contestarlo duramente e con convinzione, pur conoscendo i limiti normativi dell'istituto della revisione, certamente non arricchito dagli interventi giurisprudenziali di questi ultimi anni.
Contestare un giudicato irrevocabile, invocarne la sua sospensione, è come chiedere agli Dei di fare accadere un terremoto, ne siamo consapevoli; ma avendo letto gli atti di questo processo - iniziato così male il 24/12/1992 (vigilia di Natale, giorno dell'arresto del Dirigente Generale della Polizia di Stato Bruno Contrada) e conclusosi dopo 15 anni (la sentenza della Cassazione del 10/5/2007 è stata depositata soltanto il giorno 8 del mese scorso) - e avendo avuto la possibilità e la fortuna (ringraziando Iddio di questo) di parlare ore e giorni, noi sì guardandolo negli occhi, col Dott. Bruno Contrada, abbiamo avuto non il dubbio, ma la certezza più assoluta che quell'uomo è innocente ed è rimasto vittima suo malgrado di un errore giudiziario, che noi vorremmo contribuire a riparare.
Or fino a quando i luoghi ove si amministra la giustizia si chiameranno palazzi e aule di Giustizia e non edifici e stanze di Legge o di Diritto, si avrà il dovere di reclamare sempre e comunque il trionfo della verità e della giustizia, che giammai potrà essere ostacolato dai freddi formalismi giuridico processuali e/o giurisprudenziali.
Il fatto che il delitto contestato sia come anzi detto concorso esterno in associazione mafiosa e non ad esempio un omicidio volontario o un furto di un cosa mobile non è cosa da poco né è da sottovalutare.
Il concorso esterno in associazione mafiosa viene creato dalla giurisprudenza di merito (ed incautamente avallato da quella di legittimità) in un momento di grande tensione emotiva: erano appena morti, trucidati da mani assassine e vili, due grandi magistrati ed insieme a loro tanti innocenti poliziotti che li scortavano; comprensibile che in quegli anni vi fosse una rabbia enorme e che purtroppo annebbiava le menti.
Ma il concorso esterno in associazione mafiosa rimane un parto della fantasia: è bastato unificare disarmonicamente due norme del codice penale, artt. 110 e 416 bis c.p., per far sì che nascesse una mostruosità giuridica; ma l'interprete delle leggi, il Giudice per antonomasia, può solo applicarle, Egli non può crearle, perché con lo stesso ragionamento qualcuno potrebbe contestare il delitto di tentato omicidio colposo combinando semplicemente l'art. 56 all'art. 589 del codice penale e ciò sarebbe un assurdo.
Le norme e le disposizioni che da esse si rilevano possono e devono essere combinate tra esse, ma devono sempre rispondere alla logica e al raziocinio; in fondo quel che regola il diritto applicato al caso concreto è l'armonia, come nelle note musicali: la melodia si crea combinando le note, l'accordo non può avvenire senza regole perché se no si rischia non di creare melodie ma stonature, non suoni ma rumori.
Dopo 15 anni di processi al Dott. Bruno Contrada alla fine gli si contesta che cosa?
Di essere stato colluso (genericamente) con dei mafiosi e ciò perché lo hanno dichiarato dei c.d. "pentiti", ex mafiosi, ovvero criminali reo confessi.
Ma sono talmente labili queste accuse, così prive di riscontro oggettivo, che non hanno consentito neppure alla Pubblica Accusa di avanzare un reale contestazione per un reato specifico (corruzione, favoreggiamento, ecc.).
Se io fossi accusato di omicidio da Tizio in sede di revisione potrei avanzare la prova del mio alibi oppure portare la prova che Tizio non è morto (chi non ricorda il caso Gallo?), ma se sono destinatario di accuse fumogene ed evanescenti, erroneamente valorizzate da alcuni giudici e non da altri, con l'ausilio di teorie fantasmagoriche (leggasi convergenza del molteplice) come faccio a dimostrare la mia innocenza?
Quindi verità innanzi tutto è che non esiste il reato, anzi diciamolo ancora più chiaramente: la legge non prevede il concorso esterno in associazione mafiosa come reato.
Cosa c'è di scandaloso in tutto questo?
Ma la ricordate la storia di un tale chiamato Aldo Braibanti che fu accusato e condannato per il reato di plagio e come finì questa storia?
Finì semplicemente col fatto che la Corte Costituzionale (C. Cost. 8/6/1981 n. 96 che dichiarò l'illegittimità costituzionale dell'art. 603 c.p.) ebbe a dichiarare l'illegittimità costituzionale di quel reato e solo così si poté salvare Aldo Braibanti.
Il povero Contrada, più sfortunato certamente di Braibanti, non può invocare neppure l'intervento della Corte Costituzionale, per il semplice fatto che questo reato non esiste nel nostro ordinamento, quindi non si può dichiarare incostituzionale una norma che non c'è.
Neppure il Parlamento può intervenire perché non si può fare una legge per abrogare una norma che non esiste.
Solo chi lo ha creato lo può distruggere: i giudici lo hanno creato e i giudici lo devono distruggere!
Guardate cosa scriveva la Corte Costituzionale a proposito dell'art. 603 del C.P. e diteci se non è riferibile pari pari al concorso esterno in associazione mafiosa:
"L'esame dettagliato delle varie e contrastanti interpretazioni date al … nella dottrina e nella giurisprudenza mostra chiaramente l'imprecisione e l'indeterminatezza della norma, l'impossibilità di attribuire ad essa un contenuto oggettivo, coerente e razionale e pertanto l'assoluta arbitrarietà della sua concreta applicazione. Giustamente essa è stata paragonata ad una mina vagante nel nostro ordinamento, potendo essere applicata a qualsiasi fatto che implichi … mancando qualsiasi sicuro parametro per accertarne l'intensità".
Non è finita:
(la norma) … in quanto contrasta con il principio di tassatività della fattispecie contenuto nella riserva assoluta di legge in materia penale, consacrato nell'art. 25 Cost., deve pertanto ritenersi costituzionalmente illegittimo.
Ragionamento che calza a pennello col reato di concorso esterno in associazione mafiosa.
Le disquisizioni giuridiche del P.G., pur lodevoli per un trattato astratto, invero non si ritengono apprezzabili per affrontare il caso concreto.
Censura il P.G. la domanda di revisione in riferimento alle sentenze Carnevale ed Andreotti deducendo una "evidente diversità di contesto fattuale geografico e anche temporale" e che "la parziale identità dei collaboratori di giustizia escussi in tutti e tre i giudizi (Andreotti, Carnevale e Contrada) … non possono creare … alcuna inconciliabilità tra i due giudicati … diversi essendo i fatti materiali su cui si è formato il libero convincimento dei giudici in ciascuno dei tali procedimenti".
Ma queste sono doti divinatorie che non coincidono con i fatti e con le imputazioni: i processi Andreotti, Carnevale e Contrada avevano la stessa imputazione (concorso esterno in associazione mafiosa), il territorio è lo stesso (Palermo), i periodi identici (dagli anni '80 in poi), quindi è l'esatto contrario di quello che deduce il P.G. perché invece è identico proprio il contesto fattuale, geografico e anche temporale.
Se poi al P.G. non piace come si sono conclusi i processi Andreotti e Carnevale è un altro paio di maniche, ma qui sì che abbiamo le invalicabili colonne di Ercole.
Forse intuisce il P.G. della fragilità di dette considerazioni e va oltre incentrando la sua successiva attenzione alla differenza tra la diversità di valutazione e la diversità del fatto (e, diciamola tutta, avvalendosi del conforto di un paio di sentenze della S.C., non certo illuminanti o di particolar pregio).
Diversità di valutazione e diversità del fatto
A nostro avviso porre così il problema è certamente fuorviante: qui i fatti non esistono, altro che diverso fatto.
Se ci fosse stato il fatto, fatto costituente reato previsto e represso dal codice penale, ci sarebbe stata l'imputazione e cioè la corruzione, il favoreggiamento, ecc..
Invece il fatto sarebbe che Andreotti sarebbe stato un colluso con la mafia, Carnevale idem e entrambi come Contrada, per il "pentito dire" dei reo confessi criminali e mafiosi.
Però Andreotti e Carnevale vengono assolti, Contrada condannato, che poi è proprio il caso di contrasto solitamente schematizzato, "una sentenza di condanna e due di assoluzione" (V. ad es. Cass., sez. III, 3/11/1994 - 10/12/1994, n.12320, CED 200729).
E' convincente tutto questo?
Sarebbe come affermare che Tizio viene condannato perché imputato di avere ucciso Caio, solo sulla base della testimonianza di Sempronio mentre Vattelapesca viene assolto di avere ucciso Caio, pur avendo come prova a suo carico solo la medesima testimonianza di Sempronio e tutto questo sarebbe regolare perché si tratta … non di una diversità del fatto ma di una diversità di valutazione.
Ma stiamo scherzando?
Ma chi è che non vede che da una diversa valutazione discende una diversità del fatto? (si pensi ad un omicidio per legittima difesa anziché volontario, il fatto è identico, c'è un morto ma cambia tutta la scena).
Ora nel caso che ci occupa ovvero delle propalazioni dei "pentiti", criminali o ex criminali, vi è certamente e in definitiva anche una diversità di valutazione che però è strettamente connessa ad una diversità del fatto e ciò lo si rileva dalla circostanza che manca, al di fuori della propalazione, il fatto che costituisce reato (perché se ci fosse stato il fatto-reato il Giudice avrebbe tranquillamente contestato lo specifico reato).
Tutta questa confusione, ce ne rendiamo perfettamente conto, è prodotta dal concorso esterno mafioso (reato inesistente in Italia come lo è diventato il plagio) e dallo strumento che è servito per la condanna, cioè il libero convincimento desunto dalla c.d. convergenza del molteplice (se tanti parlano male di te alla fine qualcosa di vero ci sarà).
E fu così che Contrada è e dovrà rimanere in carcere (fine pena 2014, quando avrà 84 anni)?
Ovviamente non siamo d'accordo: la finalità della revisione è quella di risolvere una contraddizione tra verità, contraddizione tale da porre in evidenza l'ingiustizia (cfr. Cass. 10/12/94 n. 12320) e nel caso in parola ciò risulta evidente.
Così pure secondo il P.G. il processo pendente contro i due "pentiti" o ex "pentiti" (Pulci e Giuca) accusati di calunnia continuata e aggravata contro il dott. Bruno CONTRADA non proverebbe nulla; cioè la dimostrazione evidente del rischio (chiamiamolo eufemisticamente così) del "pentitificio" sarebbe un fattore neutro.
Certo valutato singolarmente potrebbe apparire neutro quest'altro elemento, ma insieme a tutte le altre circostanze (V. quanto argomentato dalla Corte di Appello che ha assolto Contrada il 4/5/2001) rappresenta oggettivamente un plus.
Che dire poi della chiesta testimonianza del Presidente Emerito della Repubblica Francesco Cossiga (degradato dal P.G. al mero rango di senatore)?
Certo non pretendiamo che la parola di Francesco Cossiga valga più di quella di un Giovanni Brusca o di un Tommaso Buscetta o di un Francesco Marino Mannoia o di un Gaspare Mutolo, sarebbe pretendere troppo, ce ne rendiamo perfettamente conto, ma non si può non considerare che anche questa prova "non acquisita nel precedente giudizio può essere considerata una prova nuova e quindi rilevante" (cfr. Cass. Sez. Un. 26/9/01 n.624), capaci peraltro, in quanto "dichiarazioni testimoniali", di avere la forza di "ribaltare il costrutto accusatorio" (cfr. Cass., Sez. VI, 10/3/2003 - 17/4/2003, n.18338; Cass. 29/1/2003 - 12/6/2003, n.25680; Cass. Sez. Un. 26/2/1988, Macinanti, GI 89, II, 264).
Non va dimenticato, infatti, che la funzione che il giudizio di revisione è chiamato ad assolvere nel sistema processuale risulta nel vigente codice di rito notevolmente rafforzata e ampliata, perché l'art.631 c.p.p. stabilisce - a differenza di quanto prevedevano gli artt. 554 e segg. dell'abrogato codice di rito - che la revisione è ammessa anche se l'esito del giudizio possa condurre al ragionevole dubbio circa la colpevolezza dell'imputato a causa dell'insufficienza, dell'incertezza o della contraddittorietà delle prove d'accusa: in tal senso depone il chiaro tenore letterale della disposizione dell'art.631 c.p.p., che esplicitamente richiama tutte le formule assolutorie prefigurate dall'art. 530 c.p.p., comprese quelle di cui ai commi 2 e 3 ispirate al canone di garanzia in "dubbio pro reo" (cfr. Cass. 12/5/04 n.25678).
In ogni caso essa testimonianza è una prova nuova che viene dedotta, così come quella chiesta dei poliziotti Francesco Belcamino e Francesco Cardillo, ai sensi dell'art. 630 lett. c) c.p.p., poiché non hanno formato oggetto del precedente accertamento nell'ambito del giudizio conclusosi con la sentenza irrevocabile (V. per tutte Cass. 22/2/02, n. 12472).
E non è affatto vero quanto sostiene erroneamente il P.G. che esse fanno "riferimento a fatti che non riguardano il thema decidendum" (cfr. parere del P.G. pagg. 5 e 6); il thema decidendum, stante il tipo di imputazione scelta (concorso esterno in associazione mafiosa) è proprio questo: stabilire se una data persona è onesta oppure è un colluso; ora secondo quei criminali novelli pentiti Bruno Contrada era un colluso, mentre secondo Francesco Cossiga, Francesco Belcamino e Francesco Cardillo non lo era.
Ad accusa generica … difesa generica in base al principio d'egalitès des armes; dov'è lo scandalo?
Noi riteniamo che la prova dedotta sia "di per sé idonea a inficiare l'accusa posta a fondamento della sentenza definitiva impugnata" (cfr. Cass., Sez. V, 27/11/95 - 19/12/95, n.12446).
Voler poi definire "imponente impianto probatorio e motivazionale" ciò che ha determinato la condanna di CONTRADA significa voler mistificare la realtà e non ultimo voler disconoscere la sentenza assolutoria della Corte di Appello di Palermo del 4/5/2001 già più volte citata.
Insomma, venissero pure gli stessi collaboratori di giustizia a dire "guardate ci siamo sbagliati" o ancora di più "vedete che abbiamo detto solo delle falsità contro il dott. Bruno Contrada" niente potrebbe scalfire - secondo il P.G. - il giudicato.
Non siamo d'accordo, non siamo d'accordo, non siamo d'accordo e per favore non si citino le impressioni di un giovane commissario o le esternazioni di una vedova perché quelle non sono riscontri, ma maldicenze irrilevanti persino per un giornale specializzato in gossip.
Ad impossibilia nemo tenetur
Il dott. Bruno Contrada con esposto del 27 marzo 2007 (che per migliore scienza si allega) al Procuratore della Repubblica di Caltanissetta ha denunciato "tutti coloro che si sono resi responsabili di azioni e comportamenti integranti estremi di reato, quali calunnia e diffamazione, falsa testimonianza e false dichiarazioni a P.M., violazione del segreto investigativo e sviamento delle indagini, favoreggiamento personale e omissione di atti di ufficio, o altri illeciti penali".
Il P.M. presso il Tribunale di Caltanissetta con richiesta del 21/1/2008 ha chiesto al GIP in sede di disporre l'archiviazione del consequenziale procedimento iscritto al n.1877/07 R.G.N.R. mod.44 ed il relativo avviso è stato notificato alla P.O. in data 4/2/2008 ("condotte asseritamene diffamatorie e calunniatorie rese dai soggetti indicati dal CONTRADA … negli anni immediatamente seguenti il periodo delle stragi e pertanto in ogni caso coperte da prescrizione", cfr. richiesta di archiviazione P.M. cit.).
Il dott. Bruno Contrada, nei modi e termini di Legge, proporrà opposizione avverso la suddetta richiesta di archiviazione, fatto è tuttavia che dall'esposto-denunzia di cui sopra si rilevano tali e tante incongruenze, che già di per sé imporrebbero la celebrazione di un nuovo processo.

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IN ORDINE ALLA RICHIESTA DI SOSPENSIONE EX ART. 635 C.P.P..
Noi siamo dei doctores in iures, ma solo dei modestissimi legum periti, tuttavia riteniamo di conoscere la differenza tra l'istituto della sospensione dell'esecuzione, regolato dall'art. 635 c.p.p. e quello del rinvio obbligatorio o facoltativo della pena per ragioni di salute, previsto dagli artt. 146 e 147 del c.p..
Aver rappresentato incidenter tantum la circostanza che il dott. Bruno Contrada è purtroppo e tristemente un uomo vecchio ed ammalato, le cui condizioni di salute sono state giudicate incompatibili da tutti i medici che lo hanno visitato, sinanco quelli della Direzione Sanitaria del carcere militare di Santa Maria Capua Vetere, ove si trova recluso, non significa aver invocato l'applicazione degli artt. 146 e 147 del C.P. (è una questione che riguarda il Magistrato di Sorveglianza di Santa Maria Capua Vetere e in ultimo il Tribunale di Sorveglianza di Napoli, che però non ne vogliono sentire); esso serviva solo a far sapere anche ai Giudici della Corte di Appello di Caltanissetta quale è la situazione allo stato, questo sol perché noi riteniamo che i Giudici hanno anche coscienza e senso d'umanità (proprio ieri sera al Tg abbiamo sentito il caso di quel ragazzo, Carretta, che ha assassinato i genitori, che è stato dichiarato incapace di intendere e volere e ha già lasciato la comunità terapeutica per essere totalmente libero; a volte così va il mondo in Italia, insomma i pazzi e pluricriminali liberi e le persone anziane e che stanno male in galera).
Tutto quanto sopra confermando, disatteso il contrario parere del P.G.,
insistono
perché venga accolta la proposta domanda di revisione e in via cautelare che venga disposta, ai sensi dell'art. 635 c.p.p., la sospensione della esecuzione e quindi la liberazione di Bruno Contrada ovvero in subordine l'applicazione di una misura coercitiva meno afflittiva quale quella degli arresti domiciliari.
Allegato:
Esposto-denunzia del 27 marzo 2007 del dott. Bruno Contrada al Procuratore della Repubblica di Caltanissetta.
Caltanissetta 11/2/2008
Avv. Graziella Coco - Avv. Giuseppe Lipera

Inviato da: vocedimegaride - Commenti: 3

riferimento

Inviato da Anonimo
il 11/02/08 @ 18:26
Evidentemente anche in tribunali sono presenti pensatori “astrattisti ed informali”, che trovano e vedono quello che non esiste .
complimenti R.Altini

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Inviato da Anonimo
il 12/02/08 @ 00:05
Qui c'è poco da commentare: quel bambino della favola che vedendo il re ebbe il coraggio di dire "il re è nudo" esclamerebbe "è un macroscopico caso di persecuzione giudiziaria", però qui non stiamo raccontando favole, questa è realtà.
Maria

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Inviato da Anonimo
il 12/02/08 @ 00:07
Aggiungo che mi auguro che al giudice sia sfuggito qualcosa e che riveda il caso alla luce di quanto scrive l'Avv. Lipera.
Maria

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Messaggio N°586 10-02-2008 - 13:06
Tags: Giustizia

CONTRADA: Concerto per PIFFERI

PROCURA GENERALE DELLA REPUBBLICA
presso la Corte d'Appello di Caltanissetta
Al Sig. Presidente della Corte di Appello
SEDE
Il Procuratore Generale
Letta la richiesta presentata dai difensori (e procuratori speciali ex art.633 c.p.p.) del condannato Contrada Bruno nato a Napoli il 2.9.1931, con la quale si invoca il giudizio di revisione della sentenza resa dal tribunale di Palermo in data 5.4..1966, confermata con sentenza della Corte di Appello di Palermo del 25.2.2006 e divenuta irrevocabile il 10.5.2007, con la quale al Contrada è stata inflitta la pena di anni 10 di reclusione per il delitto di concorso (c.d. esterno) in associazione mafiosa (artt.110 e 416 bis c.p.) nonché l'immediata sospensione della pena ex art. 635 c.p.p.;
esaminati gli atti allegati alla richiesta;
rilevato che con successiva nota, pervenuta via fax il 31.1.2008 l'Avv. Lipera ha inoltrato una ulteriore nota (che risulta parimenti trasmessa anche al Magistrato di Sorveglianza di S.M. Capua Vetere) nella quale si illustrano le patologie di cui soffre il condannato;
ritenuto che con ulteriore nota al seguito, pervenuta il 2.2.2008, ha prodotto la richiesta di applicazione della custodia cautelare in carcere formulata dal P.M. a carico del dott. Contrada e la conseguente ordinanza applicativa emessa dal G.I.P., sollecitando altresì l'escussione quale testimone del sen. Francesco Cossiga; considerato che, con ennesima nota, pervenuta il 5.2.2008, l'Avv. Lipera chiede vengano ammessi a testimoniare anche Francesco Belcamino e Francesco Cardillo, entrambi Poliziotti addetti ai servizi di scorta dei Giudici Paolo Borsellino e Giovanni Falcone;
OSSERVA
La difesa formula due distinti motivi di revisione.
Si afferma in primo luogo, ex art. 630 lettera a) c.p.p., che i fatti posti a fondamento della sentenza di condanna pronunciata a carico del dott. Contrada non possono conciliarsi con quelli stabiliti in altre due sentenze penali irrevocabili in virtù della quali il dott. Corrado Carnevale e l'on. Giulio Andreotti sono stati assolti da medesimo reato (concorso esterno in associazione mafiosa).
In particolare secondo la tesi difensiva l'inconciliabilità dei fatti testimoniati nei suddetti giudicati rispetto a quelli che riguardano l'odierno condannato deriverebbe dalla valutazione di inattendibilità formulata in quei giudizi sugli stessi collaboratori di giustizia escussi nel procedimento che lo riguarda e ritenuti, invece, pienamente affidabili.
Ciò, conclude testualmente la difesa sul punto "…fa sorgere il sospetto che in quell'unico caso si sia commesso un errore di valutazione…" (cfr. pag. 9 della richiesta di revisione).
Sotto altro distinto profilo la difesa deduce, stavolta ex art. 630 lettera c) c.p.p., l'esistenza di nuove prove che sole o unite a quelle già valutate dimostrano che il condannato deve essere prosciolto a norma dell'art.631 c.p.p..
E tuttavia la difesa non specifica, ne documenta, quali siano le nuove prove di cui chiede la valutazione ma si limita soltanto ad indicare (senza nulla aggiungere sul punto) l'esistenza dinanzi al Tribunale di Catania di un procedimento penale per calunnia aggravata e continuata in danno del dott. Contrada a carico dei collaboratori di giustizia Pulci Calogero e Giuca Giuseppe.
Sicchè, in buona sostanza, secondo l'assunto difensivo la sola esistenza di un tale procedimento costituirebbe la "… prova del malcostume diffuso tra i c.d. "collaboratori di giustizia " che al fine di convincere i magistrati ed ottenere così i benefici che tutti conosciamo… non hanno mai esitato a fare nomi, possibilmente altisonanti, trascinando così nel loro stesso fango anche soggetti di specchiata onestà…" (si veda pag. 10 della richiesta).
Con le successive note depositate il 2.2.2008 ed il 5.2.2008 la difesa aggiunge tra le nuove prove:
1) la richiesta di audizione del sen. Francesco Cossiga che dovrebbe essere escusso per confermare i suoi rapporti di conoscenza ed amicizia con il condannato ed i propri sentimenti di solidarietà tuttora esistenti;
2) la richiesta di escussione dei poliziotti Francesco Belcamino e Francesco Cardillo, entrambi addetti ai servizi di scorta dei Giudici Paolo Borsellino e Giovanni Falcone, chiamati a testimoniare in ordine all'esistenza di cordiali rapporti riguardanti anche la personale stima professionale tra costoro ed il condannato.
Ciò premesso va preliminarmente osservato - in punto di diritto - che l'istituto della revisione sconsacra il mito del giudicato valicandone le colonne d'Ercole, di regola intangibili, nel superiore interesse che, soprattutto in materia penale, prevalgono le esigenze di verità e giustizia reali.
Ma tale sua caratteristica va bene intesa posto che la revisione è un mezzo straordinario mediante il quale l'ordinamento giuridico risolve la contraddizione tra la verità formale del giudicato ed una successiva verità reale che trae origine da situazioni nuove non valutate nella sentenza ed idonee a denunciarne la sostanziale ingiustizia, facendo venir meno la presunzione di verità che assiste ogni sentenza di condanna resasi definitiva.
Per converso la dottrina e la giurisprudenza sono monolitiche nel ritenere che la revisione non è un mezzo di riparazione della sentenza che abbia fatto malgoverno del diritto o del fatto, perché tutto ciò è definitivamente coperto dalla verità formale del giudicato (che com'è noto, copre non soltanto il dedotto ma anche il deducibile) e non è ammissibile una riconsiderazione del diritto o del fatto se non attraverso le impugnazioni ordinarie.
Proprio per tali ragioni l'ordinamento esige che l'istanza di revisione superi un primo vaglio, in sede di giudizio c.d. rescindente, ai sensi dell'articolo 634 c.p.p., finalizzato alla verifica della sua ammissibilità, stante la tassatività delle ipotesi di revisione, nonché al successivo controllo dell'eventuale sua manifesta infondatezza, in sede di sommaria cognitio del thema probandum proposto nell'istanza stessa.
Occorre in altri termini valutare se il novum rientri tra i casi di revisione previsti dalla legge ed abbia, se confermato nella successiva fase di merito (il c.d. giudizio rescissorio), una potenzialità demolitrice della verità formale consacrata nel giudicato di cui si invoca la revoca.
Orbene, nella fattispecie, la chiesta revisione non appare idonea a superare il prescritto vaglio in sede rescindente e si palesa come inammissibile (oltre che manifestamente infondata).
Invero, quanto al dedotto profilo dell'inconciliabilità del giudicato in esame con le sentenze Carnevale ed Andreotti va anzitutto rilevato che pur essendo stata elevata anche a costoro la medesima imputazione ascritta al Contrada (concorso esterno nell'associazione mafiosa "Cosa Nostra") non può certo affermarsi che sia stato loro contestato, quanto alla materialità della condotta, il medesimo fatto, atteso che le specifiche contestazioni in tali giudizi manifestano, sia con riferimento al ruolo svolto che con riferimento alle specifiche epoche dei contributi associativi contestati, una evidente diversità di contesto fattuale, geografico ed anche temporale.
Ciò premesso, la parziale identità dei collaboratori di giustizia escussi in tutti e tre i giudizi (Andreotti, Carnevale e Contrada) e le valutazioni di attendibilità che su di essi hanno espresso i collegi giudicanti non possono cerare, già in linea di principio, alcuna inconciliabilità tra i rispettivi giudicati, diversi essendo i contesti delle verifiche probatorie formulate nei singoli giudizi (con peculiare riferimento ai profili di attendibilità estrinseca) e, in ultima analisi, diversi essendo i fatti materiali su si è formato il libero convincimento dei giudici in ciascuno di tali procedimenti penali.
In altri termini, seppure è vero che in tutti questi processi si è discusso della delicatissima materia dei rapporti tra la criminalità mafiosa e alcuni uomini delle Istituzioni (dal magistrato, al funzionario di Polizia, al politico) le acquisizioni probatorie specifiche e le verifiche di attendibilità dei collaboranti riguardano contesti fattuali del tutto differenti e, dunque, tutt'altro che inconciliabili tra loro.
Ma, prescindendo da tali considerazioni, quel che più conta e che la richiesta di revisione risulta sotto tale aspetto formulata in relazione ad una tipologia di inconciliabilità - per così dire logica - non prevista dalla legger perché riferita alla diversità di valutazione operata dai giudici in ciascuno dei procedimenti in esame e non alla diversità del fatto.
Al riguardo è giurisprudenza pacifica che l'istanza di revisione che si fondi su una diversa valutazione degli elementi di prova posti a base della condanna da parte di altro giudice in un diverso, ancorché connesso, procedimento, è inammissibile perché non viene denunciato un errore di fatto ma una diversa valutazione dello stesso fatto (si veda tra le tante Css. n.1515 del 1999, che si legge in Css. Penale 2000, p.1029, Cass. n.7111 del 1998; Css. n.8135 del 2001; Cass. n. 40819 del 2005, Cass. n. 36121 del 2004).
In altri termini nella fattispecie revisionale prevista dalla lettera a) dell'art. 630 c.p.p. ove si fa riferimento all'inconciliabilità tra "i fatti stabiliti a fondamento della sentenza…con quelli stabiliti in un'altra sentenza penale irrevocabile…", per "fatti stabiliti a fondamento" devono intendersi i "fatti" ritenuti nelle sentenza come essenziali a giustificare la conclusione raggiunta.
E sebbene le situazioni di contrasto di giudicati possono essere le più varie e non sono definibili in numero chiuso è parimenti sicuro che la richiesta di revisione di cui al richiamato art.630 c.p.p., lett.a) da rilievo all'errore di fatto e non alla valutazione del fatto, con esclusivo riferimento agli elementi storici presi in considerazione per la ricostruzione del fatto-reato addebitato a chi formula la richiesta.
La norma non prevede la possibilità di rivalutare lo stesso fatto, sul mero rilievo di un contrasto di principio tra due sentenze essendo necessario dimostrare una diversa realtà fattuale, irrevocabilmente accertata in altra sentenza ed idonea a scagionare il condannato.
Sul punto il Supremo Collegio ha più volte ribadito "… il principio che in tema di revisione ciò che è emendabile è l'errore di fatto e non la valutazione del fatto, che costituisce l'essenza della giurisdizione, onde non è ammissibile l'istanza di revisione che fa perno sul fatto che lo stesso quadro probatorio sia stato diversamente appezzato per assolvere un imputato e condannare un concorrente nello stesso reato in due procedimenti distinti…" (così testualmente in parte motiva Cass. n. 1515 del 1999 cit.).
La regola è, quindi, chiara e mira ad affermare che il concetto di inconciliabilità tra sentenze irrevocabili non deve essere inteso in termini di contraddittorietà logica tra le valutazioni effettuate nelle due decisioni ma come oggettiva incompatibilità tra gli accertati elementi di atto.
E giova ricordare che tali principi risultano ribaditi in una pronuncia della Corte di Cassazione per un caso, sotto il profilo giuridico, del tutto simile a quello che ci impegna ove si è ritenuta "…inammissibile l'istanza di revisione fondata sulla sentenza di assoluzione di altri coimputati in quanto fondata sulle stesse fonti di accusa utilizzate per la condanna del ricorrente…" (si veda Cass. n. 8135 del 2001).
Sicché e conclusivamente sul punto, la richiesta di revisione formulata dai difensori del Dott.Contrada, con riferimento all'art.630 lettera a) c.p.p., per la diversità di valutazione della valenza delle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia deve ritenersi inammissibile ex art. 634 primo comma c.p.p..
Passando all'esame del secondo profilo di revisione proposto dalla difesa del dott. Contrada ancor più evidenti risultano i profili di inammissibilità e manifesta infondatezza dell'istanza.
Giova al riguardo premettere che dopo l'ampliamento della nozione di nuova prova impostosi per le vie interpretative in esito da una nota pronuncia delle Sezioni Unite (Cass. S.U. N.624 del 2001) - che ha avuto il merito di chiarire che per prove nuove debbono intendersi non solo quelle sopravvenute dopo la sentenza definitiva di condanna ma anche quelle ad essa precedenti, ma scoperte successivamente ovvero comunque non acquisite o non valutate - ancor più rilievo assume l'obbligo per il giudice di formulare un'attenta valutazione della rilevanza del novum già in sede rescindente (pena la celebrazione di nuovi giudizi, in sede rescissoria, del tutto superflui e non in linea con la natura di strumento processuale straordinario della revisione stessa).
Ciò premesso, quanto all'inammissibilità, va osservato che la mera esistenza di un procedimento per calunnia a carico di due collaboranti (Pulci e Giuga) in danno del dott. Contrada non assume in alcun modo la veste di nuova prova nel senso voluto dall'art. 630 lettera c) c.p.p..
Giova anzitutto rilevare che si tratta di collaboranti che non risultano essere stati presi in considerazione nel procedimento di cui si chiede la revisione quale fonti di prova a carico del dott. Contrada e che, pertanto, il mero rilievo dell'esistenza della suddetta imputazione non si vede come possa da solo (e, tantomeno, unitamente alle prove già valutate) dimostrare che il condannato deve essere prosciolto. E ciò vale a testimoniare oltre che la inammissibilità anche la manifesta infondatezza della chiesta revisione.
Analogamente irrilevante si palesa la richiesta di audizione del sen. Francesco Cossiga, formalizzata con riferimento a fatti che non riguardano il thema decidendum preso in esame nella sentenza di condanna. Le stesse considerazioni possono svilupparsi con riferimento alla chiesta testimonianza dei poliziotti Francesco Belcamino e Francesco Cardillo, chiamati a deporre su una circostanza di tipo valutativo del tutto ininfluente sull'esito del procedimento.
Insegna sul punto la giurisprudenza che, sempre in sede rescindente, il Giudice della revisione è chiamato anzitutto a formulare una valutazione astratta in ordine all'attitudine effettiva della nuova prova di determinare l'assoluzione dell'istante (si veda da ultimo Cass. n. 35697 del 2007).
Con efficace espressione si spiega in dottrina che tale valutazione concerne la verifica, già in astratto, della resistenza del giudicato rispetto alla nuova prova, nell'ipotesi di positiva acquisizione della stessa, nella considerazione che la prova nuova non comporta di certo il semplice ed automatico azzeramento delle prove a suo tempo poste a base della pronuncia di condanna (si veda in tal senso anche Cass.n. 14591 del 2007 nonché Cass. n. 24291 del 2005).
Orbene, considerando l'ipotesi che dovesse risultare conclamato che Pulci e Giuga hanno inteso calunniare il dott. Contrada , davvero non si vede come un elemento di tal genere possa ritenersi idoneo a scardinare l'imponente impianto probatorio e motivazionale che ha determinato la condanna dell'odierno istante e che con tali soggetti non manifesta alcun specifica relazione ne diretta ne indiretta, ne qualsivoglia collegamento di sorta.
Analoghe considerazioni vanno svolte per l'ipotesi che il sen. Cossiga dovesse confermare di conoscere il dottt. Contrada e di nutrire nei suoi riguardi la massima stima e considerazione perché una tale risultanza (peraltro, squisitamente valutativa e, dunque, di per sé del tutto irrilevante) non si vede come possa incidere, travolgendolo, sul giudicato del quale si chiede la revisione.
Stessa sorte processale è necessario assegnare alle deposizioni dei poliziotti Francesco Belcamino e Francesco Cardillo, poiché ove costoro dovessero confermare di essersi avveduti (ovviamente dall'esterno) dell'esistenza di buoni rapporti tra i dottori Borsellino e Falcone ed il dott. Contrada, non si vede come ciò possa incidere in modo significativo sul nucleo essenziale dei fatti presi in esame nell'ambito di un processo che con tale tema di prova manifesta una marcata distinzione in punto di fatto.
Insegna sul punto il Supremo Collegio che "… Ai fini dell'ammissibilità della richiesta di revisione è necessario valutare, a norma dell'art.631 cod. proc.pen. se gli elementi sui quali la richiesta è fondata sono idonei a condurre al proscioglimento dell'imputato; è pertanto richiesto in questa fase un giudizio prognostico in ordine alla rilevanza dei suddetti elementi ai fini del possibile esito positivo della richiesta revisione, da effettuarsi in astratto, perciò senza invadere la sfera propria del giudizio di merito (rescissorio) che va effettuato con le garanzie del contraddittorio. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva dichiarato l'inammissibilità della richiesta di revisione fondata su prove nuove, sia per l'intrinseca inidoneità delle suddette prove a condurre ad un giudizio di proscioglimento, sia per la loro inidoneità a scalfire la valenza probatoria degli elementi già in precedenza raccolti, non presentando esse un apprezzabile collegamento con i punti della decisione ritenuti vulnerabili dall'istante in revisione)… (si veda Cass. n.1932 del 2000).
Nella fattispecie il complesso quadro probatorio ritenuto idoneo a determinare la condanna del Dott. Contrada risulta composto non soltanto dalla dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia ( in quella sede ritenuti intrinsecamente attendibili ) ma anche dalla valutazione di altre testimonianze (basti citare, per mera esemplificazione, quelle del funzionario di polizia Renato Gentile e di Gilda Ziino, vedova dell' ingegnere Parisi) e di dati documentali (si veda ad es. la relazione a firma del Questore Vincenzo Immordino) ritenuti nel celebrato giudizio di merito riscontri oggettivi ( su fatti specifici) determinanti ai fini dell' affermazione della colpevolezza dell'odierno richiedente (e su questa valutazione, giova ripeterlo, non è possibile alcuna revisione).
Sicché, ove pure si provasse che Pulci e Giuga hanno inteso calunniare il Dott. Contrada ( non è dato di sapere con quale specifica accusa poiché l'istante nulla ha sul punto dedotto e/o documentato) e si acquisissero le deposizioni del senatore Cossiga e dei poliziotti Cardillo e Beccamino ( la cui valenza e senza meno del tutto generica) è di tutta evidenza che un tale risultato non è in grado di mutare in alcun modo e tanto meno di travolgere l'esito del giudicato di cui si chiede la revisione, poiché a tale eventuale prova detto giudicato ampiamente "resiste".
Alla luce di tale insegnamento e delle considerazioni sopra svolte appare,dunque, di tutta evidenza l'inammissibilità e, in ogni caso, la manifesta infondatezza dell' istanza proposta.
In ordine alla richiesta di immediata sospensione della pena ex art. 635 c.p.p. formulata in considerazione dell' età avanzata del condannato, con contestuale richiesta di scarcerazione ovvero, in linea subordinata di applicazione di altra misura meno affittiva, tenuto conto delle "…note gravi condizioni di salute…" (si veda pag. 11 della richiesta ) va osservato quanto segue.
Va preliminarmente osservato che l'istituto della sospensione dell' esecuzione della pena ex art. 635 c.p.p. ha presupposti del tutto diversi dagli istituti del rinvio obbligatorio o facoltativo della pena da eseguire per ragioni di salute, rispettivamente previsti dagli artt. 146 e 147 del codice penale.
In particolare, i suddetti provvedimento di rinvio per ragioni di salute rientrano, ex art. 684 c.p.p. , nell' esclusiva competenza della magistratura di sorveglianza, dovendosi escludere, per assenza di previsione normativa e data l'eccezionalità da cui è caratterizzato l'intero procedimento di cui agli art. 630 e segg. c.p.p., che il Giudice della revisione abbia un concorrente potere di rinviare la pena per ragioni di salute.
E di ciò anche la difesa mostra di avete piena consapevolezza come risulta dalla nota inviata il 31/01/2008 che risulta inviata anche al magistrato di sorveglianza territorialmente competente per le determinazioni in via d'urgenza.
Sicché, per la parte in cui la difesa sembra chiedere anche un semplice attenuazione del regime carcerario con sostituzione con altra misura meno affittiva per ragioni di salute la Corte d' Appello adita dovrà dichiararsi incompetente disponendo la trasmissione degli atti alla magistratura di sorveglianza territorialmente competente ( anche per gli eventuali provvedimenti d' urgenza).
Insegna al riguardo il Supremo collegio che " durante il giudizio di revisione le competenze del giudice di sorveglianza rimangono immutate; ne deriva che ogni determinazione relativa all' eventuale differimento della esecuzione della pena, nei casi previsti dall' art. 146 e 147 cod. pen. , và devoluta alla competente magistratura di sorveglianza, secondo le cadenze ed i presupposti sanciti dall' art. 684 del codice di rito" (si veda in parte motiva cass. n. 35744 del 2004) .
Ciò premesso, l'art. 635 c.p. stabilisce, come è noto, che la corte d'Appello, investita della richiesta di revisione, possa in qualunque momento disporre con ordinanza la sospensione della esecuzione della pena, "applicando , se del caso, una della misure coercitive previste dagli articoli 281,282,283 e 284" del codice di rito".
La ratio di tale disciplina secondo l'insegnamento della Suprema Corte di Cassazione si inspira dichiaratamente alla omologa previsione che compariva sotto l'art. 559 della abrogato codice di rito del 1930, poiché identica rimane la finalità dell' istituto che è quella di impedire che, in presenza di situazione in cui appaia verosimile l'accoglimento della domanda di revisione e, dunque, revocabile la condanna, il soggetto debba patire un periodo di restrizione della libertà ( verosimilmente) inutile ed ingiusto.
Sicché, nella sostanza , il chiesto provvedimento di sospensione con conseguente remissione in libertà necessariamente postula un quadro di concreta prognosi di favorevole delibazione della richiesta di revisione, in linea , d'altra parte, con il carattere eccezionale che caratterizza l'istituto della sospensione della esecuzione della pena.
Nel caso di specie , i presupposti per l'applicazione della sospensione dell' esecuzione di cui innanzi si è detto- sospensione che è ovviamente l'antecedente logico giuridico rispetto al tema, del tutto eventuale, concernente l'applicazione della misure cautelari- appaiono essere vistosamente carenti.
Cio agilmente si desume dalla palese inammissibilità e manifesta infondatezza dell' istanza di revisione neoi termini sopra argomentati (si veda in tal senso Cass. n. 35744 del 2004 cit. che si legge in Diritto e Giustizia 2004, fasc. 41 p. 40 con nota di L. Blasi dal titolo " scarcerazione in pendenza di revisione solo con prove evidenti….").
Per tali ragioni si
CHIEDE
che la Corte di Appello adita :
1. Dichiari de plano, ex art. 634 c.p.p. inammissibile la richiesta di revisione di che trattasi;
2. Rigetti la richiesta di sospensione dell' esecuzione della pena per l'insussistenza dei presupposti di legge;
3. Dichiari la propria incompetenza a provvedere in ordine alla richiesta di rinvio e/o sospensione della pena per ragioni di salute disponendo la immediata trasmissione di copia degli atti alla magistratura di sorveglianza competente.
Caltanisetta 7 febbraio 2008
il Sostituto Procuratore Generale
LUIGI BIRRITTERI

Inviato da: vocedimegaride - Commenti: 1

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Inviato da Anonimo
il 10/02/08 @ 23:23
Avevo cercato di farne un sunto, invece ho visto che hai già provveduto tu mettendola per intero. Temevo che anche questa volta la risposta sarebbe stata negativa e purtroppo i miei timori si sono rivelati fondati. Maria

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Messaggio N°584 07-02-2008 - 14:38
Tags: Giustizia

Le condizioni di salute di Bruno Contrada stanno peggiorando

Catania 7/2/2008
All’Ill.mo Sig. Magistrato di Sorveglianza
Dott.ssa Daniela Della Pietra
S.M. CAPUA VETERE
ISTANZA PER LA IMMEDIATA CONCESSIONE DIFFERIMENTO ESECUZIONE PENA – EX 147 1 COMMA N. 2 C.P. E ART. 684, 2° COMMA C.P.P. – PER GRAVISSIMI MOTIVI DI SALUTE
IN SUBORDINE DELLA DETENZIONE DOMICILIARE.
Qual difensore di CONTRADA Bruno, nato a Napoli il 2/9/1931, detenuto presso il Carcere Militare di Santa Maria Capua Vetere, condannato con sentenza della Corte di Appello di Palermo del 25/2/2006 alla pena di anni 10 di reclusione per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa, nel segnalare quanto segue
ESPONGO
Mi giunge notizia che il Dott. CONTRADA sta sempre peggio.C’era da aspettarselo: egli sta vivendo il suo settantasettesimo anno di vita e secondo i dati ufficiali l’aspettativa di vita media di un uomo è di settantotto anni.
In pratica egli avrebbe un anno di vita ancora, così almeno secondo le
statistiche ufficiali mediche italiane.
Ma così continuando non arriverà a compiere settantotto anni, perché la
sofferenza a cui è sottoposto è enorme.
Secondo il Prof. Dott. Silvio Buscami, Diabetologo, del Policlinico Universitario di Palermo, il Dott. CONTRADA vive in condizioni di malnutrizione clinicamente rilevanti (l’ulteriore aggravamento è stato rilevato attraverso le
immagini televisive) del resto è inequivocabile il calo ponderale di quindici chili circa dall’epoca del suo arrivo a Santa Maria Capua Vetere ad oggi.
Nelle condizioni in cui vive il Dott. Bruno CONTRADA “continuerà a dimagrire e questo potrebbe seriamente minacciare la sua vita!” secondo il pensiero dell’Illustre clinico Prof. Buscami, il quale ha rilevato che, secondo lo schema nutrizionale che gli ha comunicato il paziente, lo stesso “risulta assolutamente carente per quanto concerne l’apporto giornaliero di calcio, potassio, sodio, ferro, zinco, acido folico, riblofavina, vitamina A, vitamina D, tiamina, Vitamina B6, Vitamina C”.
A parere del sanitario “la carenza di alcuni nutrimenti soprariportati può favorire o accelerare la progressione delle malattie cardiovascolari” di cui è affetto il povero vecchietto Bruno CONTRADA.
Per tutte queste ragioni
CHIEDO
La liberazione del condannato, in virtù del differimento esecuzione pena, o in subordine la detenzione domiciliare, il tutto perché notoriamente affetto da gravissime patologie che lo rendono incompatibile con il regime carcerario.
La S.V. potrà avere modo di riscontrare quanto sin qui dedotto richiamando a sé il diario clinico aggiornato con le ultime relazioni sanitarie direttamente richiedendole all’Infermeria Speciale del Carcere Militare in Sede.
Con ossequi
Avv. Giuseppe Lipera
Delego per il deposito in cancelleria della presente istanza il Signor Gen. a r., Giancarlo TIRRI, nato a Napoli il 9/3/1943 ed ivi residente in Via S. G. B. De La Salle n. 2.
Avv. Giuseppe Lipera

Inviato da: vocedimegaride - Commenti: 1

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Inviato da antonio.gambini
il 09/02/08 @ 09:32
CIAO. http://blog.libero.it/antoniogambini/?nocache=1199365098

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Messaggio N°583 05-02-2008 - 10:13
Tags: Giustizia

Brusca libero e Contrada in carcere

Giovanni Brusca pluri pregiudicato non fa neanche un giorno di carcere
04/02/2008 - Il mafioso Giovanni Brusca con 14 omicidi sulla coscienza (sempre ne abbia una) è ancora libero, quando lo catturarono fummo convinti visto e considerato l’inesistenza di una giustizia in questo paese, che il noto pregiudicato non avrebbe fatto neanche un giorno di carcere, e di fatti ci abbiamo azzeccato in pieno, questa nostra previsione fu pubblicata anche dall’autorevole quotidiano di un paese libero da censure il noto TIMES, ora a distanza di tempo e dopo di aver riscontrato che molte persone che hanno servito lo Stato come per esempio Bruno Contrada che sta scontando la Pena di Brusca mentre brusca sta riscuotendo dallo stato il premio che sarebbe toccato a Contrada.
Si può trarre delle conclusioni alla luce di come in Italia vengono trattati carnefici e vittime, cioè che la preponderante avanzata della delinquenza, con i protagonisti ex Terroristi, dei mafiosi e dei politici corrotti che hanno preso il sopravvento sulla società civile in nome del potere a tutti i costi e con qualsiasi mezzo ed i risultati sono sotto gli occhi di tutti, la perdita di autorità delle istituzioni, vedi la Regione Campania con la sua monnezza, omicidi e criminalità inarrestabile, forze dell’ordine e magistratura allo sbando, condito da una profonda propaganda dei mass media che enfatizzano ormai i protagonisti di azioni delittuose fino a farli diventare super stars da imitare alimentano con nuove leve il futuro criminale di questo paese ed allora cosa pretendete, se vi piacciono questi stereotipi in negativo eroi dei giorni nostri dovete anche subire tutto ciò che loro producono cioè CAOS.
Bruno Berardi “Domus Civitas”
Vittime del terrorismo e mafia
http://www.sabaudiain.it/notizia.php?id=1202106600

Inviato da: vocedimegaride - Commenti: 2

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Inviato da Anonimo
il 05/02/08 @ 15:53
VIVA L'ITALIA DEI CORROTTI

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Inviato da vocedimegaride
il 05/02/08 @ 16:04
Ma questo è uno "STATO", se si può definire tale, di DIRITTO???
Mauro

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Messaggio N°582 04-02-2008 - 14:42
Tags: Giustizia

Nuove testimonianze

Catania - Caltanisetta 4/2/2008
All’Ecc.ma Corte di Appello
I^ Sezione Penale di CALTANISSETTA
Presidente Dott. Cardinale
e per quanto di competenza
Al Procuratore Generale
presso la Corte di Appello
di CALTANISSETTA
ULTERIORE NOTA A SEGUITO
dell’istanza di revisione – proc. n.36/08 RG
Il sottoscritto Avv. Massimiliano Bellini del Foro di Caltanissetta, quale sostituto processuale, già nominato in atti, dell’Avv. Giuseppe Lipera del Foro di Catania, difensore del Dott. CONTRADA Bruno, in atti generalizzato, recluso presso il carcere militare di Santa Maria Capua Vetere, facendo seguito all’istanza di revisione del 16/1/2008 pendente avanti questa Ecc.ma Corte, ancora qual mezzo al fine, produce:
A) nota 21/1/2008 inviata all’Avv. Giuseppe Lipera a firma del Poliziotto Cardillo Francesco (indicata l’utenza mobile) il quale dichiara di essere stato componente della scorta del Dott. Chinnici,
Dott. Falcone e anche Dott. Borsellino, aggiungendo: “per circa un anno sono stato a loro fianco per proteggerli, quindi potevamo benissimo vedere che tra le persone che quasi giornalmente frequentavano gli uffici giudiziari in modo particolare i succitati magistrati vi era il Dott.
Bruno CONTRADA che intratteneva dei cordiali rapporti sia di stima che di lavoro”.
B) nota 22/1/2008 inviata all’Avv. Giuseppe Lipera a firma del Poliziotto Belcamino Francesco, arruolato in polizia nel 1971,
in atto in servizio a Firenze presso il Reparto Prevenzione Crimine in Toscana.
Scrive il Belcamino: “dal settembre 1979, fino al 1984, ho fatto parte della Sezione Inv. e Catturandi. In quel periodo, per la durata di circa due anni, ho avuto il privilegio di essere stato il primo uomo ad essere assegnato alla tutela e alla scorta del Dott. Giovanni Falcone e Dott. Paolo Borsellino. Grandi uomini e magistrati, indelebili in me. E questo il motivo per cui sono disposto a confronti con chicchessia onde poter smentire categoricamente che il Dott. Bruno Contrada non godeva di stima da parte di tutti i magistrati. Ricordo perfettamente che ogni qual volta il Dott. Contrada veniva negli uffici del Tribunale era affabilmente accolto dal Dott. Borsellino, con cui spesso sorbiva il rituale caffè, presso il bar interno del Palazzo di Giustizia. Voglio aggiungere che il Dott. Contrada era stimato dal Dott. Borsellino anche per le sue capacità investigative che metteva a sua disposizione per combattere il fenomeno mafioso...”
Conclude la nota: “mai c’è stata una lamentela o un’ombra di dubbio da parte del magistrato nei suoi confronti”.
PROVA TESTIMONIALE
Si chiede sin d’ora che i
suddetti poliziotti Francesco BELCAMINO e Francesco CARDILLO vengano chiamati a testimoniare in favore del dott. Bruno Contrada.
Allegati ut supra.
Con ossequi
Il sostituto processuale
dell’Avv. Giuseppe Lipera
Avv. Massimiliano Bellini

Inviato da: vocedimegaride - Commenti: 0

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Messaggio N°581 03-02-2008 - 12:43
Tags: Giustizia

Istanza al Magistrato di sorveglianza
Catania - Caltanisetta 4/2/2008
All’Ecc.ma Corte di Appello
I^ Sezione Penale
di CALTANISSETTA
Presidente Dott. Cardinale
e per quanto di competenza
Al Procuratore Generale
presso la Corte di Appello
di CALTANISSETTA
ULTERIORE NOTA A SEGUITO
dell’istanza di revisione – proc. n.36/08 RG
Il sottoscritto Avv. Massimiliano Bellini del Foro di
Caltanissetta, quale sostituto processuale, già nominato in atti, dell’Avv.
Giuseppe Lipera del Foro di Catania, difensore del Dott. CONTRADA Bruno,
in atti generalizzato, recluso presso il carcere militare di Santa Maria Capua
Vetere, facendo seguito all’istanza di revisione del 16/1/2008 pendente avanti
questa Ecc.ma Corte, ancora qual mezzo al fine, produce:
A) nota 21/1/2008 inviata all’Avv. Giuseppe Lipera a
firma del Poliziotto Cardillo Francesco (indicata l’utenza mobile) il
quale dichiara di essere stato componente della scorta del Dott. Chinnici,
Dott. Falcone e anche Dott. Borsellino, aggiungendo: “per
circa un anno sono stato a loro fianco per proteggerli, quindi potevamo
benissimo vedere che tra le persone che quasi giornalmente frequentavano gli
uffici giudiziari in modo particolare i succitati magistrati vi era il Dott.
Bruno CONTRADA che intratteneva dei cordiali rapporti sia di stima che di
lavoro”.
B) nota 22/1/2008 inviata all’Avv. Giuseppe Lipera a
firma del Poliziotto Belcamino Francesco, arruolato in polizia nel 1971,
in atto in servizio a Firenze presso il Reparto Prevenzione Crimine in Toscana.
Scrive il Belcamino: “dal settembre 1979, fino al
1984, ho fatto parte della Sezione Inv. e Catturandi. In quel periodo, per la
durata di circa due anni, ho avuto il privilegio di essere stato il primo uomo
ad essere assegnato alla tutela e alla scorta del Dott. Giovanni Falcone e
Dott. Paolo Borsellino. Grandi uomini e magistrati, indelebili in me. E
questo il motivo per cui sono disposto a confronti con chicchessia onde poter
smentire categoricamente che il Dott. Bruno Contrada non godeva di stima da
parte di tutti i magistrati. Ricordo perfettamente che ogni qual volta il
Dott. Contrada veniva negli uffici del Tribunale era affabilmente accolto dal
Dott. Borsellino, con cui spesso sorbiva il rituale caffè, presso il bar
interno del Palazzo di Giustizia. Voglio aggiungere che il Dott. Contrada
era stimato dal Dott. Borsellino anche per le sue capacità investigative che
metteva a sua disposizione per combattere il fenomeno mafioso...”
Conclude la nota: “mai c’è stata una lamentela
o un’ombra di dubbio da parte del magistrato nei suoi confronti”.
PROVA TESTIMONIALE
Si chiede sin d’ora che i suddetti poliziotti Francesco
BELCAMINO e Francesco CARDILLO vengano chiamati a testimoniare in
favore del dott. Bruno Contrada.
Allegati ut supra.
Con ossequi
Il sostituto processuale dell’Avv. Giuseppe Lipera
Avv. Massimiliano Bellini

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Messaggio N°580 02-02-2008 - 11:01
Tags: Giustizia

Riceviamo dall'Avv. Lipera
Catania - Caltanisetta 2/2/2008
All’Ecc.ma Corte di Appello I^ Sezione Penale di CALTANISSETTA
Presidente Dott. Cardinale
e per quanto di competenza
Al Procuratore Generale presso la Corte di Appello di CALTANISETTA
NOTA A SEGUITO dell’istanza di revisione – proc. n.36/08 RG
Quali difensori del Dott. CONTRADA Bruno, in atti generalizzato, facendo seguito all’istanza di revisione del 16/1/2008 pendente avanti questa Ecc.ma Corte, i sottoscritti difensori, qual mezzo al fine, producono:
A) richiesta di applicazione di misura cautelare del 21/12/1992 a firma dei PP.MM. di Palermo (Dott. Guido Lo Forte, Dott. Alfredo Morvillo, Dott. Roberto Scarpinato, Dott. Gioacchino Natoli e Dott. Antonio Ingroia) vistata dal Procuratore della Repubblica Aggiunto di Palermo (Dott. Vittorio Aliquò) il 22/12/1992, dep. nella Cancelleria del G.I.P. del Tribunale di Palermo il 22/12/1992, procedimento n°7415/92 N.C. D.D.A.;
B) consequenziale ordinanza di custodia cautelare in carcere (che altro non è che la trascrizione integrale della richiesta del P.M.), emessa dal G.I.P. di Palermo (Dott. Sergio La Commare), in data 23/12/1992, proc. n° 6714/92 R.G.G.I.P., notificata il 24/12/1992.
Dalla produzione dei suddetti due documenti si evince che l’atto introduttivo del processo, di cui si chiede la revisione della sentenza, è alquanto singolare: infatti, in un solo giorno, il G.I.P. ha esaminato la corposa richiesta dei PP.MM., ha analizzato e studiato gli atti allegati, tra cui rapporti di P.G., nonché verbali contenenti le dichiarazioni di Mutolo Gaspare, Marchese Giuseppe, Buscetta Tommaso, Spatola Rosario e quindi preparato e redatto il provvedimento coercitivo (interamente e supersonicamente copiato dalla richiesta del P.M.) che altro non è, appunto, che l’atto introduttivo del processo di cui si chiede giustamente la revisione.
Intelligenti pauca!: nel senso che un processo nato male … non poteva che finire peggio (tant’è l’odierna domanda di revisione).
PROVA TESTIMONIALE
Sempre qual mezzo al fine, i sottoscritti difensori chiedono sentirsi come testimone il Senatore Prof. Avv. Francesco Cossiga, nato a Sassari il 26/7/1928, per essere sentito da questa Ecc.ma Corte di Appello sul seguente articolato:
1. - vero è che Egli è stato Ministro dell’Interno?
2. - vero è che Egli è stato Presidente del Consiglio dei Ministri?
3. - vero è che Egli è stato Presidente della Repubblica e quindi Capo delle Forze Armate dal 1985 al 1992?
4. - vero è che Egli ebbe a conoscere il Dott. Bruno Contrada, Funzionario prima e poi Dirigente Generale della P.S.?
5. - vero è che Egli conserva il miglior ricordo del detto Dott. Bruno Contrada?
6. - vero è che Egli prova tuttora sentimenti di amicizia e di solidarietà verso il Dott. Bruno Contrada?
Con ossequi
Avv. Graziella Coco Avv. Giuseppe Lipera

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Messaggio N°571 22-01-2008 - 13:25
Tags: Giustizia

LE ULTIME DA SANTA MARIA CAPUA VETERE

RICHIESTA DI INTERVENTO AL PRESIDENTE ROMANO PRODI QUALE MINISTRO AD INTERIM DELLA GIUSTIZIA
Con decreto 17/1/2008, depositato il 18/1/2008, il cui contenuto si è appreso solo qualche minuto fa, il Magistrato di Sorveglianza di Santa Maria Capua Vetere, Dott.ssa Daniela Della Pietra, ha dichiarato inammissibile l’ultima istanza di differimento dell’esecuzione della pena detentiva proposta dall’Avv. Giuseppe Lipera nell’interesse del Dott. Bruno CONTRADA ed avanzata il 16/1/2008.
Il Magistrato ha rilevato che l’istanza era stata proposta solo a mezzo fax mentre il giudice Della Pietra sostiene che il telefax “può essere utilizzato solo dai funzionari di cancelleria” e che in ragione di ciò “non può procedersi ad alcuna valutazione di merito”.
Il Giudice non ha preso atto – ha affermato sdegnato l’Avv. Giuseppe Lipera – che l’istanza in parola è stata trasmessa sia a mezzo fax, come fatto del resto in precedenza, ma anche via email nonché a mezzo posta, come consente la Legge del resto, giusta raccomandata del 16/1/2008 delle ore 08, 26 n. 17156- 06 -0006 spedita dall’Ufficio Postale di Catania.
Qualsiasi cavillo è buono pur di negare un provvedimento legittimo e sacrosanto che invano viene reiteratamente richiesto.
I politici italiani in massa si schifano perché al Papa Ratzinger non viene consentito di parlare alla Università Sapienza di Roma, nessuno disprezzo corale per un servitore dello Stato che a settamtasesi anni e quattro mesi sta morendo nelle patrie galere militari perché ha la dignità di gridare ancora la Sua innocenza e di rivolgersi allo Stato dicendo: “e adesso chiedetemi scusa!”.
Questo è quanto accade a Santa Maria Capua Vetere.
Inutile dire che nel frattempo alla Signora Daniela Della Pietra sarà pervenuto il plico raccomandato contenente l’istanza non accettata via fax, per cui dovrà comunque decidere.
L’Avv. Lipera tuttavia si impegna a recarsi nuovamente a Santa Maria Capua Vetere e presentare per “iscritto mediante deposito in cancelleria”, secondo le formalità borboniche del codice di procedura, un’istanza al giorno fino a quando questo giudice non si convincerà che ha sbagliato perché le condizioni di salute del Dott. CONTRADA sono gravissime e incompatibili con il regime carcerario, così come affermato da tutti i medici, primi fra tutti i sanitari del carcere militare, cioè i medici dello Stato.
Ribadisce l’Avv. Giuseppe Lipera, al Presidente Romano Prodi, nella neo qualità del Ministro della Giustizia ad INTERIM, quanto già chiesto al suo predecessore Clemente Mastella, di far verificare attraverso monitoraggio tutti i provvedimenti emessi dai Magistrati di Sorveglianza e dai Tribunali di Sorveglianza d’Italia, al fine di rilevarne la incomprensibile disparità di trattamento tra i detenuti.
Non può accettarsi che un detenuto subisca un trattamento più favorevole o meno a secondo se si è reclusi in una sede anziché in un'altra, posto che enfaticamente in tutte le aule di giustizia appare la scritta che la Legge è uguale per tutti.
Catania 22 gennaio 2008
Avv. Giuseppe Lipera

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Si fa presente, solo per amore del giusto e del vero, che l’ultima istanza riguardante sempre le gravissime condizioni di salute del Dott. Bruno CONTRADA, oltre al Magistrato di Sorveglianza di Santa Maria Capua Vetere, per quanto di eventuale competenza è stata altresì trasmessa, tra gli altri, a Sua Ecc.za il Procuratore Generale presso la Corte Suprema di Cassazione nonché al Ministero della Giustizia ed al Consiglio Superiore della Magistratura.
Catania 22 gennaio 2008
Avv. Giuseppe Lipera

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Messaggio N°568 19-01-2008 - 21:36
Tags: Giustizia

Riflessioni legittime

CONTRADA/ REVISIONE, ANDREOTTI E CARNEVALE ASSOLTI CON PENTITI Roma, 17 gen. (Apcom) - I processi al senatore a vita Giulio Andreotti ed al giudice Corrado Carnevale sono connessi a quello di Bruno Contrada, ma è "evidente" il "contrasto sui risultati conclusivi", e perciò "alla luce delle considerazioni in ordine alla validità del materiale fornito dai testimoni nei suddetti processi" il difensore dell'ex funzionario del Sisde, l'avvocato Giuseppe Lipera, ha presentato istanza di revisione e l'ha depositata alla Corte d'appello di Caltanissetta. Contrada è stato infatti condannato con sentenza definitiva a 10 anni per concorso esterno in associazione a delinquere di stampo mafioso. "Com'è possibile che su tre imputati in altrettanti processi nei quali uniche fonti di accusa sono gli stessi testimoni - ci si chiede nell'atto- che raccontano di fatti fra loro concatenati, due siano assolti per la dimostrata inattendibilità degli autori di quei racconti, mentre il terzo è condannato sulla scorta di propalazioni fornite dagli stessi elementi già ritenuti privi di attendibilità, se non addirittura motivati da spirito vendicativo per rancori e risentimenti personali, perché non si può non ricordare che Contrada quegli stessi criminali, per l'occasione 'pentiti', li aveva osteggiati, braccati e fatti catturare nel corso della sua carriera di funzionario di polizia".Nel ricorso poi si sottolinea poi che è pendente un processo per calunnia a Contrada nei confronti dei pentiti Calogero Pulci e Giuseppe Giuca, un reato che, secondo i legali, "potrebbe essere esteso a chi sa quanti altri collaboratori di giustizia". Ma è sull'analisi del percorso che ha portata alla condanna che si sottolinea come "l'impianto accusatorio abbia poggiato esclusivamente sulle dichiarazioni di collaboratori di giustizia, in altre parole di criminali reo confessi". E poi, alla luce di ciò, ci si chiede: "Ma quanto sincero e attendibile è il loro pentimento?". Infine si spiega: "Anche il giudizio sulle presunte attività del senatore Andreotti in favore di organizzazioni mafiose è dipeso in via esclusiva dall'ascolto degli stessi testimoni sentiti al processo Carnevale (e al processo Contrada) e, per le stesse ragioni di inaffidabilità e mancanza di riscontri sulla veridicità delle dichiarazioni, esso si risolve in favore dell'imputato che viene assolto 'perché il fatto non sussiste'".

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GIUSTIZIA: COSSIGA, IL CSM E' LA PIU' POTENTE LOBBY ITALIANA Roma, 18 GEN (Velino) - "Tutti nel Pd e in particolare negli ex-Ds si aspettavano che di fronte all'arresto della moglie e del consuocero di Mastella e in realta' all'arresto di quasi un intero partito, Forza Italia e in particolare l'amico Silvio Berlusconi sferrassero un duro attacco contro i magistrati militanti; l'ordine di Silvio e' invece stato: 'Zitti e muti, non mettiamo in imbarazzo l'amico Walter Veltroni!'". Lo afferma il presidente emerito della Repubblica Francesco Cossiga. "Leggo oggi il testo della richiesta con la quale diciannove membri del braccio secolare della piu' potente lobby politica d'Italia, l'Associazione nazionale magistrati e cioe' il Consiglio superiore della magistratura, con una prepotenza e ignoranza che 'gareggiano e vincono entrambe', chiedono che venga convocato il braccio secolare per censurare le dichiarazioni che un senatore e ministro della Giustizia ha reso alla Camera dei deputati! Conosco gia' la storia e ricordo quando in un caso analogo ma meno grave la maggioranza del Csm voleva esprimere la sfiducia al presidente del Consiglio dei ministri. Io mandai i carabinieri minacciandoli di cacciarli fuori del Palazzo dei Marescialli e si c....o sotto! Oggi non lo posso fare e mi limitero' a scrivere domani o dopo una lettera al capo dello Stato. Per il momento, specie dopo aver visto che faccia ha il segretario della lobby, ormai al limite dell'organizzazione sovversiva e o dell'organizzazione di stampo mafioso, mi limito a dire: 'Andate a fa' in c...o!'".

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di Mauro Mellini per www.giustiziagiusta.info - 18 gen 08 -
Ho sotto gli occhi tre articoli che scrissi per “Giustizia giusta” allora mensile stampato, sul caso Contrada, rispettivamente il 31 luglio 1995, il 30 aprile 1996 e un altro successivo in tre fasi cruciali di quella vicenda così arruffata ed, allo stesso tempo, lineare. Tre articoli ispirati a sostanziale scetticismo, a sdegno per le assurdità e le ingiustizie che si andavano consumando ed a volontà e necessità che su quel caso non si mollasse, nell’interesse di Contrada, certo, ma di molti, moltissimi altri la cui libertà era (ed è) ugualmente in giuoco in condizioni in qualche modo simili a quelle del ben noto “Superpoliziotto”. A leggere, a distanza di anni quel che scrivevamo allora, ricavandone che ben poco avremmo oggi da aggiungerci, è cosa che ci allarma più di quanto non possa soddisfarci. Non si tratta, infatti, di particolare acume divinatorio: il copione era chiaro. Bastava attenersi al copione per conoscere il presente e il futuro. In particolare ci ha colpito rileggerci in questo passo: “ A Contrada si fa carico di aver agito da Agente e Capo dei Servizi. I Servizi che si vollero impegnati nella lotta alla mafia e che non potevano agire come un’altra squadra di polizia giudiziaria della Procura, a costo di provocare le ire, i sospetti, le suscettibilità degli “intoccabili”. E questo è il nocciolo della vicenda. Contrada è stato individuato come un poliziotto capace di concepire e gestire un’azione autonoma anche di prevenzione e di contrasto generale di una situazione di alta criminalità. Un’azione che non può né identificarsi né esaurirsi in quella di polizia giudiziaria alle dipendenze della Magistratura. Ma la Magistratura rivendica a sé ben più che le attività tipiche di veri e propri procedimenti penali. Vuole avere campo libero di “cercare” le notizie di reato, senza aspettare che ad essa prevengano dalla polizia o altrimenti, come era giudiziosamente stabilito nel Codice del 1930. Per i P.M. che intendano sfruttare a fondo la sciagurata riforma che dell’esercizio dell’azione penale ha fatto il codice di procedura del 1989, c’è posto, magari, per studi delle stesse Procure sull’incidenza di trattamenti cui vengano sottoposti i calciatori sugli indici di mortalità negli ultimi 50 anni. Non c’è posto per un’azione di prevenzione e contrasto generale della criminalità condotto autonomamente dalla Polizia e, magari, dai Servizi Segreti, che si vogliono tuttavia impegnati, ma in modo “trasparente” ed al guinzaglio dei Sostituti Procuratori nell’azione antimafia. Certo, quanto addebitato a Contrada lascia altamente perplessi per ben altro. Che lo abbiano accusato alcuni mafiosi che aveva fatto arrestare dieci o più anni prima per l’assassinio di un suo agente, assolti da tale reato proprio dal Presidente che poi li ha ritenuti “attendibili” quando, pentiti, sono diventati testi d’accusa contro Contrada, è cosa che fa pensare a ben altro che ad un conflitto di competenze e di sistemi di polizia e di indagini. Ma una Magistratura che combatte contro la mafia (e la droga, e il terrorismo e la pedofilia etc. etc.) anzitutto combattendo per estendere il proprio potere e per limitare quello di altri organismi dello Stato, è cosa da suscitare preoccupazioni e consentire di dubitare anche di ciò che dovrebbe essere indubitabile. Questo, ricordiamolo è il caso Contrada. Lo è stato quando si discuteva della sua colpevolezza (ed, intanto, della sua salute nella carcerazione preventiva). Lo è stato nella sentenza definitiva. Lo è nella gestione della revisione e della grazia. E sempre si tratta della vita o della morte di un uomo.

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Messaggio N°567 19-01-2008 - 13:24
Tags: Giustizia

Telegramma urgente del 19 gennaio 2008

N.48/3° poste italiane
AT MAGISTRATO DI SORVEGLIANZA TRIBUNALE DI SANTA MARIA CAPUA VETERE
DIFENSORE DI BRUNO CONTRADA DETENUTO CARCERE MILITARE SANTA MARIA CAPUA VETERE RIFERIMENTO ULTIMA ISTANZA 16 CORMES, DIFFERIMENTO PENA CIOE’ LIBERAZIONE AUT SUBORDINE DETENZIONE DOMICILIARE, PER GRAVISSIMI MOTIVI DI SALUTE, INVITOLA PROVVEDERE ENTRO PROSSIMO LUNEDI’ 21 GENNAIO, CIOE’ ENTRO CINQUE GIORNI RICHIESTA, ANCHE IN ANALOGIA DISPOSIZIONI EX ART. 299 C.P.P.. SE DOVESSERO VERIFICARSI AL DOTT. BRUNO CONTRADA ICTUS CEREBRALI O ISCHEMIE CARDIACHE O COMUNQUE PEGGIORAMENTI DECLINO SIN D’ORA OGNI RESPONSABILITA’ STOP
AVV. GIUSEPPE LIPERA FORO CATANIA

Catania 19 gennaio 2008
Contrada, ricorso in Cassazione per il rinvio dell'esecuzione della pena. I legali di Bruno Contrada hanno presentato ricorso in Cassazione contro la decisione del Tribunale di sorveglianza di Napoli di respingere il differimento dell'esecuzione della pena per gravi motivi di salute dell'ex funzionario del Sisde, che e' detenuto nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere per scontare una condanna a 10 anni per concorso in associazione mafiosa. Nella richiesta, l'avvocato Giuseppe Lipera scrive che "non si puo' negare che Contrada versi in una condizione di gravita' dell'infermita' fisica", che "il suo diritto alla salute e' stato violato" e che "si e' palesemente lesa la sua integrita' fisica e la sua salute". Il penalista ricorda anche che "i medici del carcere sostengono reiteratamente che le condizioni di Contrada sono incompatibili con la detenzione". Secondo il legale "il tribunale ha seguito un percorso non corretto nel giudicare lo stato di salute di Contrada perche' non ha tenuto in considerazione il quadro clinico complessivo, ma ogni singola patologia". Nelle richiesta si chiede infine che il ricorso "venga trattato con la massima sollecitudine, viste le gravissime patologie e l'eta' avanzata di Contrada"

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Messaggio N°566 19-01-2008 - 00:53
Tags: Giustizia

Comportamento inaccettabile

da on. Antonio Palmieri
"Qualche ingenuo pensava che la magistratura napoletana fosse impegnata nell`individuare i responsabili di questo scandalo della spazzatura che ha distrutto l`immagine dell`Italia nel mondo. E invece la solita magistratura politicizzata cerca invano di colpire l`immagine del leader dell'opposizione con accuse ridicole e risibili. Che vergogna". Così Paolo Bonaiuti, portavoce di Silvio Berlusconi, ha commentato la richiesta di rinvio a giudizio nei confronti di Berlusconi, presentata oggi dalla Procura della repubblica di Napoli a opera del Pm Vicenzo Piscitelli, titolare dell'indagine sulle raccomandazioni di attrici in Rai.
Come ha detto Sandro Bondi, "la sensazione anche oggi e' di vivere in un Paese capovolto: in una citta' sommersa dai rifiuti, con conseguenze incalcolabili sul piano economico, sanitario ed ambientale, mentre ancora si cercano i responsabili di questo disastro, e nel momento in cui si invoca la collaborazione e la solidarieta' dell'intera opposizione, si chiede di processarne il leader con accuse risibili''.
Questa vicenda è la degna conclusione di una settimana che ha messo ha danneggiato duramente la reputazione dell'Italia nel mondo. Prima la spazzatura, poi il veto alla visita del Papa alla Sapienza, quindi la vicenda giudiziaria dei Mastella e dell'UDEUR. Come ha detto ieri nel suo discorso alla Camera Elio Vito, "da ormai sedici anni in questo Paese cambiano i Governi, ma con una cadenza preoccupante si ripropone il problema di sempre: quell'emergenza democratica - come l'ha chiamata in quest'aula il Ministro della giustizia del vostro Governo - rappresentata anche da pezzi della magistratura che pretendono di dettare i tempi e gli equilibri della politica.". Fino a quando potremo andare avanti in queste condizioni.

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Messaggio N°564 17-01-2008 - 23:37
Tags: Giustizia

Contrada sulla cresta dell'onda

Per chi - con noi - sta ancora combattendo per Bruno Contrada, diffondiamo il seguente messaggio dell'amico Alessio Di Carlo di www.giustiziagiusta.info , da sempre impegnato in iniziative con Il Comitato Bruno Contrada:
Ciao Marina.
Ti segnalo - e ti sarò grato se vorrai estendere la segnalazione agli altri amici del comitato pro Contrada - la puntata che andrà in onda domani alle 17,05 su decidere radio all'indirizzo
http://radio.decidere.net/index.php?option=com=21&Itemid=34
cui abbiamo preso parte l'Avv. Lipera ed io.
A presto!
Alessio

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Messaggio N°560 16-01-2008 - 21:53
Tags: Giustizia

il caso Contrada non conosce soste

Caltanissetta 16 / 1/ 2008
Questa mattina alla Corte di Appello di Caltanissetta nelle mani del Cancelliere Dott. Vincenzo Di Pietra, l’Avv. Massimiliano Bellini, nominato sostituto ad hoc dall’Avv. Giuseppe Lipera, ha depositato domanda di revisione della sentenza di condanna del Dott. Bruno Contrada emessa dalla Corte di Appello di Palermo il 25/2/2006, confermata dalla VI^ Sezione della Corte Suprema di Cassazione il 10/5/2007 e depositata l’8/1/2008.
Il Dott. Bruno Contrada ha nominato difensori avanti la Corte di Appello di Caltanissetta l’Avv. Giuseppe Lipera e l’Avv. Grazia Coco.
Non si hanno notizie invece di alcun provvedimento da parte del Magistrato di Sorveglianza di Santa Maria Capua Vetere Dott.ssa Daniela Della Pietra.
Nei prossimi giorni saranno rese note le argomentazioni della domanda di revisione presentata oggi.
Avv. Giuseppe Lipera
www.studiolegalelipera.it

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Inviato da Anonimo
il 17/01/08 @ 00:41
Non facciamoci prendere dallo sconforto e andiamo avanti: certo i nomi di queste persone contengono la stessa materia con cui è fatto il loro cuore: pietra.
Maria

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Messaggio N°549 10-01-2008 - 21:28
Tags: Giustizia

Altro che monnezza: MERDA!
Marina Salvadore

Mentre siamo in attesa di conoscere dall'Illustrissimo Tribunale di Sorveglianza di Napoli se e quando Contrada potrà essere sottoposto a regime domiciliare, per i BEN NOTI moventi umanitari (ammesso che qualche togato abbia cognizione di "umanità") come una staffilata giunge notizia che la presidenza della Repubblica ha richiesto al Guardasigilli Mastella di bloccare l'iter per la concessione della Grazia. L'avvocato Lipera è stato informato dell'evento, telefonicamente, mentre rientrava in auto da Napoli a Catania, dopo un'altra eroica giornata di vandea. Sembrerebbe legata ad un ipocrita gioco lessicale la decisione della presidenza della Repubblica, in quanto la motivazione sarebbe insita - ancora? - nel solito contraddittorio distinguo tra SUPPLICA del legale e GRAZIA non richiesta dal detenuto; gioco sporco sul quale, da subito, certa stampa immonda ha istruito un massacro mediatico, fino a far partorire alla chetichella le famose motivazioni della sentenza di Cassazione, latitanti per mesi, mescolandole alla perniciosa notizia in contemporanea del rigetto della istanza di differimento della pena dall'Ufficio di Sorveglianza di S.M.Capua Vetere QUANDO ANCORA DOVEVA TENERSI L'UDIENZA DI STAMANE per la eventuale concessione dei "domiciliari" presso il TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA DI NAPOLI!!! Ma l'ipocrisia della presidenza della Repubblica non si è fermata solo al gioco lessicale e, con notevole impaccio, ha dovuto anche far intendere che allorquando aveva dimostrato tutta la sua generosità nell'accogliere una SUPPLICA al posto di una richiesta di GRAZIA, si sono poi scatenati degli eventi incontrollabili che parlavano di "revisione del processo" e di tante altre CATTIVE INTENZIONI a cura del legale e dei sostenitori di Contrada, così ingenuamente smascherandosi la presidenza della Repubblica e mostrando il suo vero volto a NOI POPOLO SOVRANO SENZIENTE, non ancora totalmente obnubilato dalla globalizzazione, dalla monnezza, dai mutui e dall'hi-tech. Perchè, caro signor presidente Napolitano, noi italiani abbiamo mille risorse e durante i vari "regimi" ci siamo abituati a leggere le labiali e tra le righe...e quando fingiamo di essere ottusi è solo in grazia di quel proverbio contadino "fare i fessi per non andare alla guerra" ovvero, nel nostro caso e DATO L'ESEMPIO, fare i fessi per non fare i "Contrada" della situazione! Del resto, caro signor cittadino Giorgio Napolitano (ma dovrebbero ribattezzarla Ponzio Pilato) lei è solito "lavarsene le mani", sgusciare via come un capitone: l'ha dimostrato di recente alla SUA AMATA NAPOLI, prendendo le opportune distanze dalla MONNEZZA la cui sola puzza raggiungeva Capri (ma con un più gentile e consono sentore di impepata di cozze)... facendo il NAPOLITANO nell'isola azzurra mentre i suoi concittadini morivano in un'infernale discarica, appestati e ingiustiziati. Ingiustiziati, come Contrada!

Inviato da: vocedimegaride - Commenti: 3

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Inviato da Anonimo
il 10/01/08 @ 21:57
Che vigliacchi: stanno uccidendo un uomo morto, morto perchè impotente, morto perchè ammalato, ma vivo ben più di loro. Quanto putridume devono coprire?

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Inviato da vocedimegaride
il 11/01/08 @ 11:57
Adriano Sofri sabato prossimo, con la delicatezza che gli consentono l’uso di mondo e la conoscenza dei meccanismi mediatici, ci illustrerà i suoi rimarchevoli pensamenti presentando il suo ultimo saggio. Discetterà di nobili cause e di superiori obiettivi - civili, sociali, morali - dalla cattedra fasulla di Fabio Fazio, su Raitre, of course, per illuminarci, spronarci, indurci magari a pentirci, per schiudere le nostre menti limitate alle ampiezze insospettate dell’orizzonte progressista. Paghiamo il canone anche per questo e allora ci godremo, si fa per dire, pure il Sofri officiante di una religione del lassismo e dell’illegalità che sta consumando la società italiana. Adriano Sofri è un detenuto, condannato con sentenza definitiva a 22 anni di reclusione per l’uccisione del commissario Luigi Calabresi. I suoi faziosi sostenitori possono anche continuare a credere nella sua innocenza, ma la nostra democrazia si basa sui giudicati formali. Adriano Sofri è un assassino, a termini di legge, e lo sforzo di nessuna lobby - trasversale, motivata da confuse solidarietà intellettuali, sociali ed ideologiche - potrà eliminare questo dato di fatto. La domanda, allora, è una sola: può un condannato per omicidio impartire lezioni al Paese dalla più efficace cattedra mediatica? A questo serve il servizio pubblico? Adriano Sofri è un condannato super, un soggetto unico. Ha goduto dei privilegi che la buonista legislazione carceraria - non per tutti, sia chiaro - consente. E oggi ha gli arresti domiciliari. È interessante notare che in occasione delle polemiche per il caso di Bruno Contrada, Adriano Sofri si è lamentato perché si era contrapposto il trattamento riservatogli a quello assicurato all’ex dirigente del Sisde. Ha sostenuto che nessun favoritismo gli è stato concesso, ma la verità va al di là delle sue proteste; Sofri è oggettivamente un privilegiato al quale si garantiscono opportunità mai assicurate a ospiti delle patrie galere. La scarsa, bassissima credibilità della giustizia italiana dipende dalle sue forzature ideologiche. I cittadini avvertono che un giudizio, nel percorso processuale o post-processuale, può dipendere dall’orientamento ideologico dei giudici o dei mezzi d’informazione. Adriano Sofri è stato condannato per l’omicidio di Luigi Calabresi, ma è come se fosse stato assolto. Ha una libertà di movimento che nessun condannato per omicidio ha mai avuto, pontifica e insegna, legittimo ritenere che presto ci riproporrà una storia d’Italia adeguata alla sua condizione di pregiudicato La condizione di particolare favore assicurata a Sofri è un segno dei tempi. La nostra democrazia si consuma in lassismi, buonismi e cecità ideologicamente motivata. Tutto si tiene: non è un caso che la cattedra televisiva ad Adriano Sofri venga offerta mentre alla periferia di Napoli brucia, nei cassonetti e nei mezzi dei vigili del fuoco, la residua credibilità dello Stato. Tutto si tiene. Lo sbracamento, la resa incondizionata all’incedere dell’illegalità e della disgregazione ci condannano. Adriano Sofri è un testimonial di questo degrado. Salvatore Scarpino http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=233083

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Inviato da blue.chips
il 11/01/08 @ 13:52
Nella Prefazione all´Antico regime e la Rivoluzione, Toqueville scrive: "Non temo affatto di affermare che il livello medio degli animi e delle menti non cesserà di degradarsi fino a quando uguaglianza e dispotismo procederanno insieme".
Grazie per questo blog che alza una voce di bellezza per Napoli. :)

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Messaggio N°547 09-01-2008 - 18:12
Tags: Giustizia

Giuseppe Lipera: sull'Onestà Intellettuale!

CASO CONTRADA DOMANI UDIENZA AL TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA DI NAPOLI
INTANTO LE POLEMICHE DOPO IL DEPOSITO DELLA MOTIVAZIONE DELLA SENTENZA DELLA CASSAZIONE
Venti anni fa moriva Enzo Tortora, esattamente il 18 maggio del 1988. Il suo caso giudiziario, quello scandaloso errore giudiziario, il suo tormento,la sua morte prematura non sono serviti a nulla. Dopo 20 anni siamo punto e a capo. Tant’è che adesso abbiamo il caso Contrada. Prova che nulla è cambiato. Anzi.
Però l’opinione pubblica è uscita dal suo torpore e ha cominciato a chiedere, a protestare, dove sono le motivazioni della sentenza della cassazione del 10 maggio 2007? Alla vigilia della udienza del Tribunale di Sorveglianza di Napoli (dovrebbe tenersi domani 10 gennaio) ecco il deposito della sentenza atteso dal 10 maggio scorso. Si placherà la folla blaterante (qualcuno avrà pensato), ma non è così: questa sentenza irrita e sconvolge ancor di più le coscienze degli uomini giusti: non basta dire questo è il verdetto della Cassazione, tacete sudditi! No non basta.
La sentenza Contrada con le sue 68 pagine non convince nessuno.
Ci auguriamo che i giuristi saggi, i docenti universitari, gli studiosi, leggano e studino urgentemente questa sentenza della sesta sezione penale della Corte Suprema di Cassazione (la n.00542/08 depositata l’8 gennaio scorso, estensore il consigliere dott. Giacomo Paoloni) di cui alla udienza pubblica del 9/10.05.2007, sul ricorso (n.46388/2006) proposto da CONTRADA Bruno. Gli scienziati, disinteressati alla causa, devono dire il loro pensiero. Milioni di italiani lo chiedono. E i poi parlamentari, cioè quell’organo chiamato a fare leggi, il c.d. “legislatore”, che ne pensa? Quella sentenza non decide una caso, crea diritto, diritto penale. E’ logico tutto questo? Il concorso esterno è reato (senza alcuna imputazione di reato fine, cioè senza favoreggiamento, senza corruzione, ecc.), ma chi lo ha deciso? E se la cassazione un giorno dovesse stabilire che è reato il tentato omicidio colposo? Tutti a ubbidire?
La vergogna della spazzatura in Campania ha fatto il giro del mondo, il caso Contrada non dico nel mondo ma certamente verrà quanto prima attenzionato a livello europeo. Tortora morì prematuramente ma assolto, quindi tutto quel movimento di giustizia intorno al suo caso si fermò. Bruno Contrada morirà vecchio, già lo è, immeritatamente martoriato, ma anche se non avrà il tempo di essere assolto in sede di revisione, paradossalmente proprio perché condannato contribuirà a risolvere il caso Giustizia, il caso Italia, più grave certamente della spazzatura napoletana. Quel che chiedo ai giornali, a tutti i mass media in genere non è di pubblicare commenti o spezzoni della sentenza Contrada; gli italiani sono molto meno ignoranti e stupidi di quanto si immagini: pubblicatela tutta la sentenza Contrada per intero. Chiunque deve sapere, conoscere, capire e poter esprimere la propria opinione. Il dibattito si fa più esteso e se non ci si ribella adesso è finita; un’occasione come questa non ricapiterà tanto facilmente.
da Napoli 9 gennaio 2007
Avv. Giuseppe Lipera

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