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Premessa


A cura di Bianca Maria Paladino e dell'Ufficio Analisi e Ricerca, la Direzione Regionale delle Entrate della Campania pubblicava nel maggio 2004 la "guida economica" L'ECONOMIA E LO SVILUPPO IN CAMPANIA NEL 2003, ad uso di tutti gli uffici locali della regione, quale studio propedeutico alla consapevolezza delle realtà economiche territoriali nelle diverse province, utile per la realizzazione delle attività di controllo degli uffici medesimi.
Monitorare la Campania nella sua realtà socio-economica eleggendola regione "campione" di tutto il Sud - dichiara la Paladino - è dovuto al fatto che "... l'intero Mezzogiorno e la Campania in particolare restano luoghi privilegiati d'osservazione dell'economia, tanto più in tempi come questi di rapida trasformazione non solo dei mercati ma anche delle modalità attraverso cui la produzione economica viene attuata (il cambiamento delle regole di accesso al mondo del lavoro, la diffusione della tecnolo-gia, l'adozione sempre più crescente di forme negoziali assunte da sistemi giuridici diversi dal nostro, l'accresciuta presenza dei capitali finanziari nelle società di capitali e la tendenza alle concentrazioni delle aziende, l'allargamento degli spazi economici di mercato oltre i confini degli Stati, ovvero la glo-balizzazione). E, se è vero che i riflessi dell'economia si riversano sempre sulla realtà sociale, gli effetti che questi producono in contesti territoriali nei quali convivono da sempre economie e sub-economie, divengono particolarmente interessanti e talvolta persino imprevedibili "perciò" l'attività di controllo che l'Agenzia delle Entrate svolge sul territorio è proprio per questo complessa e delicata, poiché in certi casi interviene direttamente a regolare un contesto economico che presenta delle anomalie fiscali (attività amministrativa), in certi altri ha necessità di ricorrere all'ausilio di organi di polizia giudiziaria per un più incisivo intervento diretto a rilevare violazioni penali collegate a sistemi di economia sommersa (attività di controllo di ordine pubblico) ". Morale? Ciò che si vuole perseguire attraverso la lettura del dossier in questione è "…sollecitare gli uffici ad una sorta di allargamento dello sguardo, per così dire dalle finanze all'economia, nella coerenza del rinnovato ambito di competenza del Ministero per il quale l'Agenzia svolge i suoi compiti".
Riconosco alla collega Paladino - aldilà dei sufficienti dati statistici completi che l'è stato possibile recuperare - credo, non senza qualche difficoltà (soprattutto, immaginandone il periglioso lavoro di ricerca) - uno specifico merito che sta tutto nel coraggioso tentativo di " umanizzazione" e di rilettura in chiave non cattedratica dell'asettica materia finanziaria e dei fenomeni economici, perché siano comprensibili a chiunque, senza inutili sortite nella sociologia che è, invece, spicciola scienza dell'ovvio se si limita a mera disquisizione semifilosofica e fantastica quando relativa ad un soggetto a-storico.
Dopo aver inquadrato in quest'ottica felice l'innovativo lavoro della collega napoletana mi è parso quasi d'essere stata " invitata a nozze", essendo da decenni - per pura passione culturale - un'apprezzata ricercatrice storico-meridionalista e, con un briciolo d'autostima conquistata duramente sul campo (convinta che non sia scambiata dai lettori per "presunzione"…ch'è invece notoriamente figlia dell'ignoranza!) desidero aprire un dialogo sul controverso tema economico trattato con rara sensibilità dalla D.R.E. della Campania, raccogliendone il testimone, nel pieno spirito democratico della Riforma della P.A., che incoraggia quantomai lo scambio e la comunicazione sul Territorio (tra gli operatori e con l'utenza) nonché prediligendo l'uso di un linguaggio più moderno e sempre meno burocratico, rispetto al recente passato.
Si riconosce la pianta dal suo frutto… Lapalissiano! …ma l'albero spoglio e improduttivo dell'inverno s'identifica dal suo seme, quando si ha difficoltà pure a studiarne il fusto. Questo, per esprimere con una metafora la necessità di comprendere vita, morte e "miracoli" dell'albero spoglio del Sud, attraverso la sua evoluzione, studiandone le "radici" sotto la brina del perenne inverno che, da un secolo e mezzo circa, del luminoso "Mezzogiorno" ne ha fatto una buia "Mezzanotte"!
Vale a dire che non esiste aprioristicamente possibilità di discernimento e di dissertazione sui fenomeni economici e sociali della Campania (ma anche delle altre regioni meridionali) se non la smetteremodi cantilenare fino alla noia la "leggendaria" Questione Meridionale", secondo i soliti canoni lirici ed estetici, triti e ritriti; la chiave di lettura della Questione è scritta correttamente su di una altra partitura; quella, "originale", scritta dalla Storia nei tempi in cui "quella" Storia si dipanava e non andrebbe più interpretata ad uso e convenienza dei posteri e degli alterni regimi.
L'intero Mezzogiorno è da immemore tempo ridotto a bacino depresso d'Italia; oggi, d'Europa!
Il fatalismo delle sue popolazioni, la sfiducia nelle istituzioni, la rassegnazione e la rinuncia di molti imprenditori, lo sfruttamento delle risorse naturali da parte d'aziende non locali e non autoctone,

magari con le sedi sociali e fiscali ubicate al Nord (nel clima federalista che già si respira e che è anticipatore della promessa "devolution") sono tutti elementi che non aiutano a sperare in una fattiva ripresa economica ed in un futuro sereno, poiché il Sud somiglia sempre più ad una "colonia" piuttosto che ad una provincia di questa Nazione.
Monitorare mediante gli attuali moduli della tecnica stati-stica (che non è "scienza" ma metodo) l'attività economica della Campania (e del Sud intero) è come accendere una telecamera sulla Casa dei Vetti negliscavi di Pompei: gli occhi del telespettatore coglieranno solo l'immagine delle rovine e qualche impercettibile segnale di fasti lontani. Non sembrerà altro che la "casa della lucertola e del ragno". Solo chi è autenticamente es-perto o anche sufficientemente conoscitore delle glorie dell'Antico Impero, riuscirà a far "cantare le pie-tre" ed a sovrapporre all'immagine delle rovine quella dell'originaria e ricca villa patrizia, cogliendone appieno la storia, e gli usi e costumi e tutta la realtà socio-economica collegata a quel popolo su quel territorio, in quel tempo e comprenderà, analizzandoli, anche i motivi politici del decadimento.
E' innegabile (fonti storiche e vestigia sono certificate e documentabili!) che quel territorio - che solo dai tempidel "risorgimento del Nord" è definito Mezzogiorno - sia stato una " macroregione" florida ed avanzata anche tecnologicamente, da tempi molto lontani (1130, se ci riferiamo all'epopea del grande Ruggero II) e fino all'affacciarsi del '900; secolo dal quale si pretenderebbe voler far partire la Storia d'Italia, che sia d'obbligo universalmente valida per tutti gli stati preunitari dal Nord al Sud della penisola, dimenticando che questi, ancor oggi identificano, per costumi e tradizioni, artigianato ed arte, prodotti D.O.C. e D.O.P., lingua e storia, le meravigliose ed indi-struttibili peculiarità e specificità di ognuno dei mille campanili della nostra variegata Nazione!
Ci necessita, istituzionalmente, il requisito dell'onestà intellettuale per lo studio dei fenomeni del presente, possibile solo codificando e interpretando le funzioni sull'intera linea di traiettoria della freccia scoccata dal passato, come nel più razionale dei grafici dell'economia. Nel nostro caso meridiano, la traiettoria è più simile a quella disegnata da un sasso lanciato sulla superficie di un lago perché ne risulta un grafico di quelli detti a "cappello di Napoleone" che, solitamente, disegnano le fasi d'espansione, di boom e di decadimento di un'economia, di una civiltà. Senza animosità né rivendicazioni né sterili nostalgie ma in piena razionalità e verità occorre restituire alla Campania ed al Sud la sua Storia; le…RADICI!…per soprassedere, finalmente, ai logori e falsi luoghi comuni che indicano ancora "lombrosianamente" il Sud quale territorio popolato esclusivamente da "terroni", "malfattori" e "assistiti".
Corre impellente l'esigenza di risvegliare nei meridionali la dignità della loro Storia - quella Veri-tà negata - perché la ignorano; fare in modo che questa Verità sia metabolizzata soprattutto dalla nuova generazione meridionale (la futura classe dirigente del Sud) magari inserendola senz'altro tabù e mistificazioni nei programmi scolastici degli istituti statali e privati d'ogni ordine e grado.Nella sua dotta recensione dell'opera "I Preziosi delle Due Sicilie" (presentata nel novembre 2003 presso la sede istituzionale del Parlamento Europeo in Bruxelles, durante il semestre di Presidenza Italiana, nell'ambito di un progetto culturale sulla meridionalità) l'illustre prof. Ezio Ghidini Citro, presidente del prestigioso Centro Studi di Arte e Cultura "Sebetia-ter" in Napoli, di tendenza murattiana e giacobina, quindi "non di parte", onestamente ritiene che "… La storia l'hanno scritta sempre i vincitori, ma non sempre hanno raccontato i fatti e le cose con obiettività e con realtà, spesso omettendo episodi o fatti che potevano creare dubbio d'ombre alla loro vittoria.
E' sempre stato così, da quando è nato l'uomo. Noi italiani, siamo maestri nel creare eroi e mostri, nel manipolare la storia, i fatti e persino le ideologie politiche, ignorando od omettendo il percorso storico di un popolo. Una nazione come la Francia e la Gran Bretagna (con una tradizione nazionale di molti secoli) non ha mai ignorato la propria Storia, sia nel bene sia nel male - "Tutto ciò che ha segnato il cammino della nostra Patria: fatti, eventi, tragedie nazionali, va ricordato, perché appartiene alla nostra Storia e va rispettato, nell'interesse nazionale" - questo è quanto hanno detto e fatto i francesi e gli inglesi; gli italiani, no… anche perché la nazione italiana ha circa 150 anni di storia ed è "troppo giovane" e… molte verità devono essere taciute ancora.

Il sottoscritto, pur proveniente da una cultura illuminista, Repubblicana, che nel trinomio Libertà, Legalità e Fraternità ha improntato il suo cammino formativo e politico, non può ignorare la realtà storica degli eventi che hanno determinato l'Unità d'Italia. È inconfutabile che in Europa, 150 anni fa, le Nazioni più importanti dal punto di vista politico, militare, culturale ed economico erano la Gran Bretagna, la Francia, l'Austria e il Regno delle Due Sicilie. Quest'ultimo, si differenziava dalle altre Nazioni per le sue attività innovative e commerciali, raggiungendo grossissimi primati in quasi tutti i campi, divenendo il punto di riferimento di tutta l'Europa".
L'economia e la finan-za, in questa moderna Nazione europea - che tuttavia in materia tribu-taria, applica ancora, in piena contraddizione, molti obsoleti Regi Decreti - non devono essere più strettamente interpretate attraverso le sole formule matematiche attuariali o ragionieristiche, affidate ai freddi numeri delle statistiche e della contabilità dei "profitti e perdite" iscritti nei bilanci. Se l'economia di un Paese è lo specchio che riflette il corso storico delle alterne Politiche dominanti con la naturale emanazione di "politica aziendale" - a maggior ragione, di questi tempi che vedono farsi largo la privatizzazione e la riforma della Pubblica Amministrazione nonché l'insana idea che lo Stato, snaturandosi, possa essere amministrato come un'azienda - è innegabile quanto la Politica medesima debba ricorrere alla consapevolezza ed interiorizzazione del "sociale", analizzando i corsi ed i ricorsi storici d'ogni realtà locale, per individuarne saggiamente i punti deboli, le falle. Laddove la collega Paladino, secondo l'interpretazione della moderna scienza sociologica, giustamente afferma che "… i riflessi dell'economia si riversano sempre sulla realtà sociale" ritengo di dover ribaltare il concetto, alla luce della più classica disciplina della Storia Economica, considerando che, al contrario, sono le diverse "storie" della Storia ad influenzare le realtà economiche (quindi) sociali, modificandole o, più spesso, esasperandole. E' inutile, infatti, riasfaltare le strade senza averne prima riempito le buche, poiché, in breve tempo, al danno incautamente riparato si aggiungerà nuovo irreparabile danno.
Non a caso, l'ouverture di questo lavoro di ricerca, è affidato ad un intervento di certo spessore revisionista di un insospettabile padano, Giulio Tremonti, già ministro dell'Economia e Finanze di questa Repubblica che, seppure ancor gravato da certi granitici luoghi comuni, si inoltra come Indiana Jones nel territorio del "revisionismo storico" ad oltranza, che pare essere diventato - da un po' di tempo - il "refugium peccatorum" dei rampanti politici in auge; quelli che "hanno scoperto l'acqua calda", dimentichi di più illustri censurati predecessori quali Pasquale Villari, Giacomo Mele, Antonio Gramsci, Carlo Alianello, Giustino Fortunato, Tommaso Pedio, Angelo Manna, e tanti tanti altri.
Se Storia c'è da rivedere e raccontare, lasciamo che siano i meridionali a raccontarla e non i padani a confezionarcela addosso, come un nuovo costume per il Carnevale dell'anno! Per questi motivi, s'intende in questa sede rinfrescare un po' la memoria storica, per comprendere la causa del sottosviluppo del territorio in esame ma anche per invocare rispetto e interventi razionali per la Campania e per il Sud intero, poiché è ora di amministrare equamente una intera Nazione, non essendosi mai verificato al mondo, come accade in Italia, il paradosso di "uno Stato di due Nazioni".
Un dato è estremamente indicativo e serve di sprone: il 65% della popolazione italiana è d'origine meridionale!

Marina Salvadore

Avvertenze:

Questa pubblicazione è scevra da intento accademico - che assolutamente non si confà all'autrice - e non vuole essere né un saggio né un dossier. Per rendere agile e gradevole la lettura della tesi a sostegno dell'impegnativo tema trattato si è pensato di farne solo un libro di lettura; una piccola antologia meridionalista, inserendo contributi anche d'altri autori e, soprattutto, una sezione satirica - "Riso Amaro"- che, tra il serio e il faceto, contribuirà ad arricchire di "elementi" lo studio dei fenomeni in esame. Inutile dire che questo lavoro è dedicato, in primis, alle autorità, alle maestranze, agli amministratori della cosa pubblica ed ai "colleghi" napoletani autoctoni, che hanno la fortuna di risiedere e lavorare nella loro splendida città, perché sappiano "far cantare le pietre" di Napoli, per amarla un po' di più; è dedicata, con una lacrima di "pucundria", ai "colleghi" emigrati da Napoli e da tutto il Sud verso ogni Direzione Regionale M.E.F. del Nord Italia, perché ritrovino un briciolo d'orgoglio patrio, perché non si sentano più "emigranti"; meglio, come diceva spiritosamente Troisi, "turisti". Soprattutto, si convincano d'essere ITALIANI del Sud!


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