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ISTAT

Campani i più poveri, ma il Sud recupera terreno rispetto al Nord
Emilia-Romagna la regione più ricca.


Il Mezzogiorno ha registrato una crescita più sostenuta del reddito disponibile. Ma il gap con i più ricchi resta dell'84%
ROMA - È in Emilia-Romagna che vivono gli italiani più ricchi, in Campania quelli più poveri: il reddito procapite disponibile della più ricca regione italiana supera infatti i 17 mila euro contro i 9.800 del regione fanalino di coda. Dati che emergono da una ricerca Istat: tra il '95 e il 2002 il reddito disponibile delle famiglie si è concentrato per circa il 53% al Nord, per circa il 26% al Mezzogiorno e per il restante 21% al Centro. La ricchezza resta quindi raccolta nelle regioni settentrionali, ma c'è da registrare che nei 7 anni presi in esame hanno perso un punto percentuale a vantaggio di quelle meridionali. Il Sud rosicchia quote, mentre le regioni centrali restano sostanzialmente stabili nel periodo.
IL REDDITO DISPONIBILE - Rispetto a un incremento medio nazionale del 28% dal 1995 al 2002, il Mezzogiorno ha registrato la crescita più sostenuta (31,6%), mentre quella più debole si riscontra nelle regioni del Nord Ovest (25,3% in sette anni). Molise, Campania e Sardegna fanno segnare i tassi di crescita più elevati (rispettivamente 35,1%, 34,6% e 34,2%) Il Piemonte è invece la regione con la crescita più bassa (22,1%). Il gap tra famiglie del Nord-Ovest e quelle meridionali resta comunque nel 2002 dell'84%.
AL SUD PIÙ IMPOSTE MA MENO PRESTAZIONI SOCIALI - Le imposte correnti hanno subito in 7 anni un aumento del 37,7% a livello nazionale, e i contributi sociali del 15,3%, contro un aumento del 38,8% delle prestazioni sociali. Il Mezzogiorno è l'area in cui l'aumento di imposte e contributi sociali risulta più marcato e al di sopra della media nazionale (rispettivamente 48,8% e 22,8%). L'aumento più contenuto si verifica nel Nord-ovest, dove le imposte crescono del 31,4% ed i contributi sociali del 18,1%. Dal 1995 al 2002 è quindi cresciuta la quota di gettito fiscale e contributivo pagata dalle regioni meridionali rispetto al totale nazionale (dal 21,3 al 22,2%), mentre diminuisce l'apporto delle regioni nord-occidentali (dal 34,8 al 33,9%). Il Mezzogiorno registra, invece, il più basso tasso di crescita delle prestazioni sociali ricevute (37,2%), che crescono in maggior misura nel Centro (40,5%).
LOMBARDIA E LAZIO PIÙ TARTASSATE DAL FISCO - La pressione fiscale più elevata è quella del Nord e la più bassa quella del Mezzogiorno: in particolare la Lombardia e il Lazio sono le regioni che registrano i valori più alti, la prima passando dal 14,7% nel 1995 al 15,3% nel 2002 e la seconda dal 14% del 1995 al 15,2% del 2002. La Calabria, invece, registra la pressione fiscale più bassa (passando dall'8,8% al 10,5%). Tuttavia la forbice tra Nord e Sud va gradualmente riducendosi, proprio a seguito della diversa dinamica delle imposte: la distanza era, infatti, di 4 punti nel 1995 e si è ridotta a 3,4 nel 2002
IN EMILIA ROMAGNA I REDDITI PIÙ ALTI - L'analisi dell'Istat sui redditi procapite si ferma al 2000. In quell'anno i cittadini più ricchi sono risultati quelli emilianI: 17.700 mila annui in media. Segue il Trentino Alto Adige (17.500 mila euro), la Valle d'Aosta (17.300) e la Lombardia (17.200). Ultima in classifica la Campania con un reddito procapite di 9.800, preceduta da Calabria, Sicilia e Puglia.
( Corriere della Sera 21 settembre 2004)

Il continuo bombardamento di sondaggi serve a favorire il "condizionamento" dell'opinione pubblica; se così non fosse, per quale motivo - alla luce dei costanti avvilenti dati statistici - il governatore della Banca d'Italia, Fazio, nei giorni immediatamente successivi all'Istat, ha sostenuto che il SUD sarà il nuovo motore di sviluppo dell'Italia intera? Bene, bravo! La notizia ci riempie d'orgoglio ....ma crediamo che almeno qualche chiarimento sia d'obbligo, o NO?!
Il tema della necessità d'istituzione di una Banca Centrale del Sud sarà ancora trattato nelle pagine successive; per il momento, si ritiene illuminante riportare un autorevole commento del prof. Nicola Zitara, esperto di Storia Economica sulla questione pubblicamente sollevata da Giulio Tremonti. Trovandoci concordi, l'esperto rileva che: "…l'originale sortita di Tremonti sul Corriere della Sera continua per mano del meridionalista in capo, Antonio Bassolino, governatore della Campania, il quale ci fa sapere di avere ingaggiato un intero manipolo d'esperti al fine di creare al Sud una banca di credito a medio termine. Non è inutile ricordare che il Sud ha avuto, in tempi non tanto remoti, non UNO ma ben TRE istituti di credito industriale; uno, per il SUD continentale (Isveimer), uno per la Sicilia (Irfis) e uno per la Sardegna (Cis); istituzioni che si presuppone esistano ancora nei capitoli della spesa pubblica. Nessuno di essi ha prodotto qualcosa, tranne i super-stipendi di veri reggimenti di impiegati che, per la verità, è l'unica cosa che soddisfi l'interesse di noi meridionali! Sbaglia Bassolino a ritenere che lo sviluppo di un sistema industriale è legato al potere e all'efficienza delle banche. Senza la volontà dello Stato e i mezzi che esso è in condizione di mettere in campo, un'ipotesi del genere è soltanto fumo."…….
Lo Stato italiano ha affrontato consistenti spese per Napoli e per il Sud ma non ha mai operato in modo da far pensare che considerasse di carattere nazionale le attività economiche che vi si svolgevano. Anzi, all'opposto, ha sacrificato dette attività tutte le volte che potevano disturbare la preminenza delle regioni in cui operava l'alleanza municipalistica fra i produttori (Liguria, Piemonte, Lombardia, una parte della Toscana, l'Emilia, Trieste e il Lazio di Roma e dintorni.
Ergo, a Bassolino lasce-ranno rifare tutte le Isveimer che gli riescono e magari Tremonti gli darà una mano ma sarà danaro due volte buttato via dalla finestra. Gli investimenti industriali vogliono dire STATO. Se lo Stato non c'è, non si fanno. La gente del Sud continuerà a pagare, ma a beneficio dei cittadini padani e bossisti. Come sempre.
La Scienza dello Spirito ritiene che i problemi che si presentano ciclicamente agli esseri umani, nel corso delle diverse età evolutive, siano sempre gli stessi, riproponibili all'infinito se l'atteggiamento mentale dell'individuo sarà costante nell'opporre al problema sempre la stessa soluzione.

Solo quando si modificherà l'atteggiamento nei riguardi del problema (cioè, una diversa metabolizzazio-ne o consapevolezza di esso) cambierà istintivamente la politica nell'affrontarlo e ne risulterà modificata la conseguente azione di risoluzione; anche per le istituzioni, per i governi, vale ciò ch'è detto per i singoli. Nel caso trattato, potremmo all'infinito inventarci dieci Casse per il Mezzogiorno, alternandole a cento Isveimer, ripetendo all'infinito l'errore e non addivenendo mai a soluzione, fino a quando non si sarà in grado di metabolizzare, nella piena conoscenza ch'è consapevolezza, il problema storico del Mezzogiorno e l'origine di tutti i suoi guai. Ancora oggi, troppi luoghi comuni e menzogne di comodo premono sull'identità meridionale, avvolgendola come in un mortale sudario. Tutto è riconducibile all'ignoranza di fondo dei veri motivi scatenanti la Questione Meridionale; un'ignoranza ch'è genuinamente manifesta solo in rari casi poiché in molti altri, invece, è palesemente e falsamente ostentata, autodefinendosi per quel che è realmente ovvero subdolo strumento politico! Prova ne è la seguente "querelle", scelta a campione in un mare spropositato di luoghi comuni:
da: "Corriere della Sera" - domenica 12/05/2000 - "Lettere al Corriere" pag. 33 lettera di Marco F.:
"Caro Mieli, la Lega ha accantonato la secessione. Peccato, perché i reportage che arrivano ciclicamente dalla Sicilia mi fanno pensare che sarebbe la soluzione migliore per tutti. Anche per la Sicilia, che da sola sarebbe infatti costretta a rimboccarsi finalmente le maniche. Gentile signor F. da 141 anni il Nord ed il Sud dell'Italia si comportano esattamente - forse, in maniera meno pirotecnica ma ugualmente dannosa - come la Palestina ed Israele. E sa perché? Perché gli italiani continuano a cibarsi dei soliti luoghi comuni ammanniti insieme alla menzogna ed alla viltà da quel risorgimento che fu SOLO del Nord, ai danni degli stati pre-unitari, con particolare riguardo al Regno delle Due Sicilie. La storia di quattromila anni di CIVILTA' del Sud fu volutamente occultata. Giustamente, Lei sproloquia i soliti luoghi comuni sulla demoralizzata Sicilia perché - come e quanto gli stessi meridionali - a scuola Lei ha studiato sui medesimi libri inneggianti ai Padri della Patria, ma appare impossibile, oggigiorno, dopo il processo revisionistico della storia proibita ante-Italia, non prendere coscienza di pillole di verità, ben supportate dalle fonti, per cui questo continuo riciclo di frasi fatte non onora chi le profferisce.
Sarebbe come dire che i genovesi sono TUTTI avari; i napoletani TUTTI assistiti, i siciliani TUTTI mafiosi, i palestinesi TUTTI ter-roristi… e via di seguito. Un po' di informazione non guasta; quindi, se manca dei rudimenti della Storia italica, generosa-mente glieli fornisco. Un celebre saggio dello studioso inglese David Abulafia - e, sottolineo "inglese" - tratta appunto della superiorità del Sud nel periodo da questi preso in esame ovvero fra il 1200 ed il 1300 (Abulafia ha scritto opere ineguagliabili sui Regni del Mediterraneo; notevole è il suo saggio su Federico II
meglio conosciuto come Stupor Mundi, ne ha mai sentito parlare, signore? Egli, sostiene che il Sud era molto ricco, produceva ampie quantità di cibo, indispensabili per la sopravvivenza delle regioni settentrionali. I mercanti del Nord dovevano scendere in Sicilia o in Campania per fornirsi non solo di generi alimentari ma anche di cotone e di seta. Sotto gli Svevi, gli Angiò e gli Aragona, il Mezzogiorno era dunque prospero e RICCO e lei può misurare la bontà del grado di civilizzazione del Sud, semplicemente verificando l'ingente produzione di arte e cultura di quel territorio in quell'epoca : un popolo lacero, triste ed affamato - quale sarebbe nella visione di certi nordisti pasciutisi di luoghi comuni - non farebbe filosofia, musica, teatro, Arte, poiché queste sono peculiarità di popoli che vivono sereni e che non sono costretti ad impigrire lo spirito per via dello stomaco vuoto ma che, in virtù di una buona qualità della vita possono spaziare anche nell'estetica Se esiste IL TEATRO, per esempio, lo si deve al cinquecentesco BasiIe, napoletano (Ha presente? "Lo cunto de li cunti")...Se esiste la musica, l'opera, lo si deve forse a Napoli con tutti i suoi conservatori; Napoli che nel '700 era LA REGINA dell'OPERA!!!!!! Le Due Siciliae, Nazione ch'è stata autodeterminata ed indipendente per circa 8 secoli, senza MAI modificare i suoi confini, è morta stuprata, oltraggiata, spogliata dai piemontardi savojardi, nel 1860. Oh! Lo so, lo so, adesso Lei penserà che gli "oscurantisti" Borbone ne decretarono la fine (chissà su quanti libri di scuola l'ha letto, dalle elementari all'Università)... Sarò breve: all'atto dell'Unità d'Italia, il Regno delle Due Sicilie, terza Nazione europea in virtù dei suoi molti primati, contribuì alla Cassa del Regno d'Italia per oltre la metà in lire-oro dell'intero totale "razziato" a tutti gli altri stati pre-unitari. Questi tantissimi danari, furono immediatamente e malamente sperperati dalla amministrazione piemontese, per cui quel famoso debito pubblico che ancora oggi grava sulle nostre italiane spalle vide la sua nascita proprio allora, per merito del rag. Cavour, del rag. Garibaldi e del rag. Vittorio Emanuele. Le rammento che per "lire-oro" si intendeva moneta circolante e corrispondente all'esatto valore in oro depositato presso il Banco di Napoli, cui fu rifatto addirittura il pavimento poiché crollò sotto il peso di tanta ricchezza! I ragionieri di cui sopra iniziarono a far circolare, invece, volgarissima CARTA-moneta, il cui corrispondente era esattamente il valore della carta. Al Sud, avevamo circa 5000 industrie ed il fenomeno dell'emigrazione era inverso: dal Nord la gente veniva a lavorare da noi !
Oggi, il Nord continua a campare sui residuati bellici della sua guerra al Sud. Non è una mia stramba idea quella di asserire che i finanziamenti per opere al Sud, per incrementare l'occupazione, siano finiti quasi tutti nelle casse di imprese del Nord che, una volta ottenuto il finanziamento, hanno costruito capannoni industriali che hanno lasciato vuoti ed inoperosi, cattedrali nel deserto, nelle periferie dei centri urbani del Sud (del resto, si chiamava appunto Cassa PER il Mezzogiorno; non Cassa DEL Mezzogiorno...ovvero di "nostro" portava, per carineria, solo l'espressione geografica!).
Le consiglio a riguardo la lettura del saggio del dott. Gennaro Zona "Come il Sud ha finanziato il Nord" ch'è stato anche tema di convegno a Milano, alla presenza dell'On. Pagliarini della Lega, che fu del tutto d'accordo sulle tesi sviluppate dal dott. Zona!!!!
Le aziende del Nord che producono al Sud, guardi caso, hanno TUTTE la sede sociale e fiscale al Nord, per cui, anche in tema di federalismo il Sud, oggi, è l'eterno penalizzato!
Le consiglio vivamente, prima di cantare - come ha fatto - il ridicolo ritornello della medesima canzone (che il Sud è costretto ad ascoltare da 141 anni) di informarsi presso le fonti storiche (esistono!!!) se non altro per acquisire una capacità di giudizio, prima di procedere a giudicare. Sa com'è, noi meridionali siamo tutti bravi cantanti e compositori; il nostro genio ci porta ad una esemplare produzione artistica; di musica e canzoni ne abbiamo scritte tantissime, conosciute in TUTTO il mondo... Non può pretendere che noi si ascolti ancora e sempre lo stesso DISCO, suonato da VOI !!!!!!!
E... siccome ci avete lasciato in mutande è ovvio che, non indossando magliette, le maniche non ci è dato di rimboccarcele!
Marina Salvadore
(risposta personale al lettore… che reagì malissimo. Vi si risparmia la controreplica, per motivi di buona creanza)
* * *

Proprio nei giorni della succitata "querelle", nel maggio dell'anno giubilare 2000, si tenne nell'esasperata "celtica" Milano dell'epoca - organizzato dalla sottoscritta e da pochissimi altri meridionalisti immigrati da tempo in Padania - l'affollatissimo convegno "Come il Sud ha finanziato il Nord", che produsse vasta eco di stampa a diffusione nazionale e gran successo di pubblico, composto in maggior parte da giornalisti, imprenditori e liberi professionisti.
L'incontro si articolava su di un pregevole lavoro di ricerca effettuato sul finire degli anni '90 da Gennaro Zona e da Domenica Bellusci, in contrapposizione alla supremazia "geopolitica" ed "economica" espressa nella presenza, quale ospite, dell'on. Giancarlo Pagliarini della Lega Nord.
Chi credette di dover assistere al solito masochistico gioco al massacro di un Sud che elemosinava attenzioni dal Nord fu praticamente deluso, poiché era nello spirito del convegno, prioritaria e corag-giosa, l'intenzione che fosse il Sud, per la prima volta, a chiamare con piglio deciso a confronto il Nord!
L'ex ministro Pagliarini rimase piacevolmente ammirato davanti alla portata degli argomenti e soprattutto dinanzi ai pannelli della mostra da noi allestita sulle Industrie del Regno delle Due
Sicilie, così come commentò anche in una lunga intervista rilasciata al quotidiano leghista "La Padania". Addirittura, propose ai due autori meridionali della ricerca di scrivere insieme un libro sulla politica finanziaria italiana, con espresso riferimento alle ricerche effettuate da Zona e Bellusci a confronto con simili documentazioni e ricerche in suo possesso.
Rimase comunque inevasa la sua proposta di Federalismo ai meridionali, per gli ovvi e comprensibili motivi ormai noti.
Il solo quotidiano "IL GIORNALE" trattò per ben due giornate consecutive del trionfo del NOSTRO convegno ma non ci lasciammo abbacinare dalla potente luce di quell'incredibile successo; anzi, amara-mente, in contrapposizione, si fece pressante in noi un truce quesito che trovò più amaro riscontro: "Se avessimo organizzato il medesimo convegno a Napoli, a Caserta, piuttosto che a Messina, a Brindisi o a Palermo…avremmo ottenuto il medesimo successo di pubblico, di critica e di stampa? ". Sicuramente, NO! No, perché il Tabù della nostra VERA Storia è l'obbligo ed il limite imposto ai soli meridionali; altrove, al Nord ed all'estero - lo so per esperienza, avendo collaborato alla stesura di ben quattro tesi di laurea in Storia per "pupils" americani, tedeschi, inglesi e lombardi - la nostra storia la conoscono MOLTO BENE! Giù, da noi, è motivo d'ordine "economico" e "politico" che rimanga un tabù in eterno. E' scientificamente provato, infatti, da 144 anni, che fino a quando le popolazioni sudiche saranno tenute in condizione di vergognarsi della loro "meridionalità" (persino della loro LINGUA dispregiativamente definita "dialetto" ) il Nord potrà tenere l'intero Mezzogiorno sotto il "tacco dello stivale"…e…non solo in senso metaforico e…geografico!
Ritengo pertanto efficace proporre in lettura, in questa sede, la tesi sviluppata da Gennaro Zona, invitando i lettori a meditarla opportunamente e ad integrarla personalmente, alla luce degli avvenimenti e delle "politiche" succedutesi in quest'ultimo decennio, con espresso riferimento, per ulteriori approfondimenti "di contrasto", ai recenti casi FIAT, Parmalat e Alitalia…tanto, per gradire.


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