Stammo 'mmano à ll'Arte

Villici, zotici napolitani sempre con in mano un babà o una sfogliatella, una tazzina di caffè, il pastore d'un presepe,… un corno di corallo,…. Lo spaghetto ed il soté, il mandolino e le cozze,….pulcinella. Ognuna cosa, sacralmente stipata nell'ermetico ambaradan pittoresco pieno di simboli e di numeri del lotto, di amuleti e di gigli, nel sacro e profano che affonda le sue radici in tradizioni anche millenarie, talvolta e che - come la particolarità della propensione al bel canto ed alla teatralità di tutti i napolitani - poggia le basi sull'acclarata antichissima Civiltà, checché ne dicano i delatori, i razzisti, gli storici di regime. Gli invidiosi e gli schiattosi ! Tutto il bello e il bello dell'Arte; tutta l'Arte è nata al Sud ed è davvero ingiusto voler restringere al solo carattere villano e superstizioso di questo eccezionale popolo, con la solita cattiveria degli animi lividi, ogni espressione di un mito, di una tradizione, di una storia che ha fatto la Storia in molti campi dell'umano divenire.
Napoli - con molte altre città a Sud - è Città d'Arte da almeno 4000 anni , mantenendo quasi intatte le vestigia e le glorie di ogni significativa epoca attraversata. E' una città-femmina poiché contrariaramente alle altre - di solito fondate su miti virili di eroi guerrieri e rapaci - si fonda sul mito della seducente sirena Parthenia, della quale acquisì tutte le nobili peculiarità femminili : i sentimenti, la bellezza, la creatività, la fantasia, la dolcezza. Ecco, perché il suo popolo è pacifico, tollerante, incline all'arte e con un senso ben spiccato per l'estetica. Vi piaccia o no, in tutti questi secoli, le nove Muse hanno sempre partorito qui i numerosi figli !
Ma il mondo, da un po', ha preso a ruotare troppo in fretta sul proprio asse e la famosa globalizzazione cui assistiamo impotenti altro non è che la normale centrifugazione di un'accozzaglia di cose di tutto il pianeta, laddove la materia più grossolana è purtroppo presente in maggior quantità nel frullato di risulta ed allora ogni cosa : le arti, le tradizioni, i gusti, si sono terribilmente deteriorati. E' la storia del cioccolato fatto con il cacao e di quello fatto con il surrogato ! E, questa fase di massificazione del "tutto e di tutti" osano, dappertutto, chiamarla modernizzazione.
Durante le ultime festività, Napoli Città d'Arte ha voluto voltare pagina ed entrare nella moderna cultura, relegando tutta la sua bellezza e le sue antiche arti nel dimenticatoio. In quel Largo di Palazzo - che dai primi giorni della storia del '900 si chiama Piazza del Plebiscito - ch'è il salotto buono della città, palazzi e vestigia, storia e tradizioni sono state degradate a "roba per villici nostalgici", occupando un terzo del salotto buono con una discutibilissima Opera d'Arte d'oltreconfine che, per farsi accettare, spiegava d'essere in stretto rapporto con l'antichissima tradizione e storia della città della sirena. Purtuttavia, l'inganno non pare sia riuscito, stante gli sguardi esterrefatti e disturbati di molti indigeni ma anche di tanti turisti.
Si è pensato di affidare l'addobbo "natalizio" ad un'algida figlia di Ossianne - la tedesca Rebecca Horn, con celebre residenza artistica in N.Y. e dall'onorario piuttosto elevato - per rappresentare i nostri antichi miti. Peccato che, tra tutte le tradizioni solari e colorite , costei abbia ripescato solo le "capuzzelle di morto" cui generalmente, dai tempi passati, i napoletani solevano fare omaggio presso l'ossario detto appunto "delle Fontanelle", perché ritenute simili, per omologazione, alle più famose "anime del purgatorio" o "anime pezzentelle" ; praticamente, resti mortali e animici di poveracci deceduti in massa durante la peste del 1646 e successive disgrazie nei secoli, alle quali non spettò decorosa e pietosa sepoltura. La Horn, cosa ti combina, al colmo di una sfrenata originalmente creativa? Plasma un teschietto privo della mandibola inferiore, lo stampa in almeno un centinaio di copie perfettamente identiche, sacrifica altrettanti bàsoli della bella piazza e cementa in ogni buca una capuzzella nera di morto , per tutto l'emisfero antistante il berniniano colonnato di quella meravigliosa chiesa di S.Francesco di Paola. Ma, perché renda al meglio in estetica, quest'opera macabra, da una rete invisibile di cavi elettrici fa sospendere su ogni teschietto un'aureola viola al neon!
Chi avesse lanciato un superficiale sguardo d'insieme dalla prospettiva del Palazzo Reale - ch'è di fronte - di primo acchito avrebbe ipotizzato il fresco passaggio di un carabiniere a cavallo di un "cavallo scostumato e con le viscere sossopra"..... com'è accaduto di ipotizzare alla ancora ignara scrivente. Questo, solo per dare l'idea dell'effetto estetico in lontananza eppoi, si sa, le cacche portano comunque fortuna e sono augurio d'abbondanza soprattutto per chi le pesta !..... ma, approssimandosi all'opera artistica, chiunque - sincerandosi di quella raccapricciante visione - non ha potuto fare a meno di recitare scongiuri, strofinare amuleti, "grattare" fugacemente i propri attributi, bestemmiare la sfiga, eseguire gesti rituali d'evocazione della "buona ciòrta", levare la mano destra in atto di corna ben tese, recitare un Gloria,..... in un solidale rito di fattucchieria globale antimalocchio. Persino a dei giapponesi ho visto far questo! Probabilmente, - cerco di immedesimarmi nella complicata personalità dell'autrice - la napoletanizzazione dell'opera consisteva nella reazione provocata nel pubblico e non nell'essenza dell'opera stessa!.... Certo, non si poteva pensare ad addobbo natalizio più dissacrante in Napoli Città d'Arte ma anche Città del Natale ovvero dell'esclusiva arte presepiale, nota e celebrata in tutto il mondo, con estimatori d'oltreoceno che si fiondano qui solo per acquistare le preziose figure del Presepe Napoletano......... Probabilmente, se il Comune avesse organizzato un più idoneo presepe vivente o un'opera artistica monumentale di artisti e artigiani di casa, a tutti noi - indigeni e stranieri - sarebbe sembrato veramente Natale piuttostoché Halloween e, avrebbe risparmiato un bel po' di migliaia di euro che avrebbero consentito di far trascorrere un decente Natale a chi non è tuttora in condizione di imbandire tavole nemmeno nel quotidiano.
Qualcuno, tra i radical-chic ha obiettato che se Napoli Città del Natale e Città d'Arte avesse decorato il suo salotto buono con le solite nostre "pulcinellate" e stantii simboli della NOSTRA tradizione, l'intellighentia europea, gli intellettuali mondiali, avrebbero guardato a noi con somma pietà ed invece è tempo di innovazione, di aprirsi all'attualità del villaggio globale e di tutte le sue elevate espressioni, scevre del nostro barocco e volgarissimo modo di condurci in questa nuova società. Cosa avranno voluto dire, che questa opera d'arte (che, mi si consenta, di artistico aveva veramente poco, essendo più artistici i crani veri; quelli, che ci portiamo inconsapevolmente sul collo) rappresentava il nostro slancio nel futuro? Ma...se le "cape di morto" rappresentano non solo il passato ma i "trapassati", che cavolo ci azzeccano con il futuro?..... Comunque, le capuzzelle dell'algida Rebecca hanno fatto il loro dovere; hanno portato una sfiga colossale a tutta Napoli e provincia e a quasi tutto il Sud : dal Paese del Sole, la luce è fuggita inesorabilmente, lasciando il posto a giorni e giorni bui, freddi, gonfi di tempesta e di inondazioni terribili. Non c'è più stato un solo giorno sereno ad accompagnare Napoli e il Sud nell'alba del nuovo anno di questo millennio. I morti vanno lasciati in pace; soprattutto, le capuzzelle sperdute e le anime del Purgatorio. Me ne frego d'essere nella civiltà moderna e nel villaggio globale : sono terribilmente napoletana e schifosamente superstiziosa, come ogni napoletano che si rispetti!


Marina Salvadore (A.D.2003)
 







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