"Cenerentola del Policastro" non è il titolo di una fiaba per bambini, purtroppo… e Policastro non è un narratore …E' la storia perigliosa di Sapri e dei suoi abitanti che si snoda, da millenni, sullo scenario del muto e fantastico mare del Golfo di Policastro, sotto il cielo stellato del Mezzogiorno; una bellissima e candida Cenerentola, costretta a sopravvivere in una corte di troppe ingioiellate Regine del Mare, più ambiziose e fortunate di lei, lungo i cento approdi del Sud, eternati in grandi tele, tra il 1789 e il 1793, dal celebre Philipp Hackert "Pittore di Marine di S.M. il Re", quando il Sud deteneva il primato delle vie marittime e della marineria, di cui nessuno parla.
Le corrispondono davvero gli occhi della Spigolatrice, eternati in uno sguardo aulico e fin troppo colto, attribuitole dal Mercantini, che finisce col celebrare un paradosso - come per il Manzoni con la montanara Lucia nell'"Addio ai Monti" degli "Sposi Promessi" - tra la semplice natura di questa dignitosa "cenerentola" dalla vita dura e l'eroina patriota, politicamente impegnata?
Bisogna rendere giustizia a quest'antica cenerentola, scegliendo di vederla attenta all'orizzonte, sdraiata sullo scoglio dello Scialandro, con la stessa fatata allure della Sirenetta di Copenaghen ed occorre restituire dignità al suo antico censo, perché la storia di Sapri è antica quanto i suoi primi abitanti, qui piovuti dal pianeta della preistoria, come testimoniano i reperti degli insediamenti abitativi rinvenuti nei siti di Carnale e di Viole. La fiaba di Cenerentola parte da molto lontano ed ancora oggi, nonostante il frettoloso incontro con gli occhi azzurri e il biondo capo di Carlo Pisacane, ella attende il suo Principe Azzurro. Colui che le restituisca il privilegio delle Radici.
Per secoli si è guardato al Sud solo come paesaggio, utile agli sfondi delle incisioni dei ricchi esploratori dell'epoca del Grand Tour, in disegni e pitture dove non figura mai l'elemento umano, il paesello ma esclusivamente la natura lussureggiante, le alte montagne, il mare in tempesta, la furia della natura, i campi di grano Un Sud visto senza anima, ammirato sempre dal parapetto di una imbarcazione, con occhi miopi. I borghi, le marine, sempre abbozzate in lontananza, per non rovinare l'opera d'arte dell'esploratore straniero, imbibito dei soliti luoghi comuni della arretratezza e della miseria di un Sud che, invece, da Ruggero II ai Borbone, per circa 800 anni è stata una nazione florida, ricca, avanzata, in grado di coprire il fabbisogno di pane del Nord Europa sin dal primo Medioevo. Forse, fu per questo che Ferdinando IV di Borbone decise, come per un atto di governo, di affidare l'onore della verità alla testimonianza degli occhi sinceri di quell'Hackert.
Antiche vestigia testimoniano, ad esempio, l'edificazione in Sapri, sul sito di Cammarelle (cosiddetto proprio in virtù del ritrovamento), di una imponente villa marittima di epoca imperiale, probabilmente residenza di un grande dell'impero romano, poiché munita di approdo, terme e teatro ed anche di mosaici di certo pregio. E già questo denota l'esistenza di un porto romano. Per la presenza, all'inizio del secolo scorso quindi era moderna, di una "calcara" utilizzata per la produzione di calce, si ritiene che la splendida struttura romana, con le memorie di tutti i suoi fasti, sia stata orrendamente riciclata in cava di pietra e polverizzata in calce, e per via di un procedimento animico, è bello pensare che nelle mura di tutte le case di Sapri, risieda l'energia latente di quel Genius Loci che dominava un'epoca migliore.
E' come se ci fosse stato un blakout, per secoli, sulla storia di Cenerentola, che rispunta dagli annali solo per via della spedizione di Carlo Pisacane, che finisce col diventare emblema saprese, quasi un marchio di fabbrica, dignitario e garante dell' identità di questa affatata cittadina, che, invece, con i popoli autoctoni degli Irpini discendenti dei Sanniti,nelle montagne interne della Campania Felix, e più a sud con i Lucani del Vallo di Diano e del Cilento costituiscono storicamente le vere origini della medesima Regione Campania!
Da Pisacane, ai primi anni del '900 dove parrebbe essere unico evento la dotazione della stazione ferroviaria in questa cittadina, poiché è l'unico strumento in grado di apportare, finalmente, un progresso economico e sociale - come vogliono farci credere - non tenendo alcun conto della cultura agreste e marinara di un popolo che, anche se nascosto dietro il sipario della storia, era presente nella storia con le sue storie…ed i suoi uomini… Insomma, parrebbe quasi che solo con la ferrovia i sapresi conoscono il resto del mondo, ospitando ferrovieri provenienti dalle limitrofe regioni e viaggiatori, con il risultato che i sapresi finiscono col perdere anche il proprio dialetto ed i costumi, adattandosi alle nuove popolazioni, per non parlare, poi, della Diaspora Meridionale che, intorno agli anni 20 privò Sapri di molti nuclei familiari che presero il mare verso terre lontane ed a loro ostili, per affrancarsi da quella maledetta, eterna, indifferenza della storia nei loro riguardi e per trovare orizzonti senz'altro meno belli di quello fissato dalla Spigolatrice sullo Scialandro, ma più ampi e possibili.
La ferrovia, in questo Golgota saprese, si lega anche in maniera drammatica alla città quando nel '43, per colpire un treno carico di carburante e fermo nella stazione, gli anglo-americani bombardarono l'intera linea ferroviaria, radendo al suolo il quartiere San Giovanni e colpendo la Galleria del Timpone, ove avevano trovato riparo molte persone, tra cui molti bambini e neonati, che vi perirono.
Per somma ironia della sorte, il dopoguerra riservò un minimo slancio economico alla cittadina, con l'alba appena accennata di un nuovo settore commerciale, il Turismo, che necessitò di nuovi servizi, di strade e strutture per l'accoglienza, laddove gli anni 60 segnarono l'apice di stagioni turistiche eccezionali, con la gente del Nord che veniva a conoscere - questa volta non attraverso il mirino di un fucile nemico del Risorgimento - i fratelli d'Italia del Sud.
La bella Cenerentola si racconta, muta nei millenni, solo attraverso il respiro del suo mare, ch'è quello che all'unisono col pulsar delle stelle, fa alzare e sollevare il suo petto, al ritmo delle maree. Le sue memorie, pagine strappate da mani sacrileghe dal libro della Storia, come linfa vitale, si macerano nel sottosuolo dei magnifici campi che fioriscono ad ogni raccolto in enormi tappeti di sole, nella fragranza dei bellissimi fiori spigati del Trammelice, pianta cara alle sacerdotesse greche, per i suoi poteri antiafrodisiaci, che inonda del suo viola i lunghi margini del torrente Brizzi, fino al mare.
Scrive la sua lunga storia ingiustamente obliata, la bella creatura, ed affida ad un messaggio in bottiglia l'appello ai suoi figli, perché ritrovino finalmente i brandelli di memoria della sua Storia, la Dignità delle Radici e riscrivano, finalmente, la Leggenda Personale della Cenerentola del Policastro, perché un popolo che non ha memoria di se' non ha Identità.
Sul far del tramonto, dallo Sciarallo, Sapri lancia sul tuo orizzonte la sua bottiglia nel grande mare, confidando nel suo riscatto, ch'è annunciato nell'alba del domani e nelle tue operose mani.

Marina Salvadore (A.D. 2005 - 09)