Circa 100 complessivamente gli opifici nel settore metalmeccanico, fondamentalmente anche per tutte le altre industrie; tra questi 15 avevano più di 100 addetti e 6 oltre 500 addetti (Archivio di Stato di Napoli, fondo Ministero Agricoltura Industria e Commercio, fascio 484).Quella di Pietrarsa era la più grande fabbrica maetalmeccanica d'Italia con i suoi 1050 operai (al giugno 1860): l'Ansaldo di Genova dava lavoro a 480 operai mentre la FIAT di Torino non era ancora nata.
Esteso su una superficie di 34.000 mq. lo stabilimento dal 1842 possedeva diverse macchine a vapore (163 HP di potenza complessiva), un'officina per locomotiva con due grandi gru a bandiera, 24 torni, 5 pialle, 2 barenatrici, 5 trapani verticali, 2 macchine per vietria e una motrice a vapore di 20 HP; un'officina di artiglieria con 14 torni paralleli, 4 limatrici, una macchina per rigare i cannoni e una motrice a vapore da 8 HP. Vi erano incluse anche un'officina per costruire modelli, una fonderia per ghisa e una per bronzo.
Pietrarsa produceva: locomotive, rotaie, carri-merci, cuscinetti, ruote, torni, spianatrici, fucine, magli a vapore, cesoie, foratrici, gru, affusti di cannone, apparecchiature telegrafiche, bombe, granate, laminati, trafilati per 5400 tonnellate di acciaio all'anno.
Una lapide dimenticata nei pressi della statua di ghisa di Ferdinando II conservata presso l'attuale Museo Ferroviario ricorda: "Perchè del braccio straniero/a fabbricare le macchine mosse dal vapore/il Regno delle Due Sicilie/più non abbisognasse/e con l'istruzione dei giovani napoletani/tornasse tutta la nostra antica italiana discoverta/questa scuola di allievi macchinisti/Ferdinando II [...] fondò" ...
La fabbrica di Pietrarsa suscitò l'ammirazione anche degli osservatori stranieri (inglesi in particolare): il desiderio di rendere autonomo in tutti i settori il proprio Regno aveva spinto il governo Borbonico a favorire la nascita di una Scuola per Macchinisti da aggiungere ad altri centri di formazione come la Scuola per l'Incisione dell'Acciaio (annessa alla Zecca di Stato) o quella per Musaici e Pietre Dure.
Nell'estate del 1863, il 6 agosto, gli operai di Pietrarsa, di fronte al ridimensionamento voluto dallo stato unitario, protestarono nel cortile della fabbrica per difendere il loro posto di lavoro: i bersaglieri inviati per bloccare la protesta spararono sulla folla ammazzando quattro persone e ferendone più di dieci.
Luigi Fabbricini, Aniello Marino, Domenico Del Grosso e Aniello Olivieri furono i primi (dimenticati) martiri della storia operaia (Archivio di Stato di Napoli, fondo Questura, fascio 16).