C.T.D. : " Il nostro bellissimo
paese, non sappiamo se per sua sciagura o per sua attraenza speciale
chiama a se' la diligente attenzione di tutta Europa, eccita le svariate
suscettibilità, aguzza gli spiriti indagatori e vaghi della moderna
letteratura, e di ogni suo vizio o viziosa sua velleità e pieghevolezza
forma obietto di esame, di commiserazione, di biasimo agli scrittori
di voga. La parola barbarie che pronunziasi agevolmente come quella
di civiltà, condanna sovente senza remissione un popolo e lo
dichiara degno di non partecipare all'alto consorzio e di non prender
posto al banchetto della libertà civile ed onesta, per aver ecceduto
in alcuna sua tendenza. Queste cose dette in protasi di teoria applichiamo
recisamente alla Camorra nel nostro paese, della quale non solo si è
fatto un gran discorrere e ragionare dappertutto, ma quel ch'è
più s'è fatto uno scriver continuo in libri, opuscoli,
relazioni, opere, giornali… La plebe napoletana è da' pubblicisti
di più nazioni tacciata d'indolenza. Dacchè i Francesi
appresero a cinguettare la frase IL DOLCE FAR NIENTE, trovarono nel
vivere napoletano l'applicazione di questo motto. Ma se i poeti latini
chiesero ozio alle muse, non esclusi i latini, non è questa ragione
per chiamare oziosi e indolenti tutti i popoli derivanti o vicini al
Lazio."
M.S. : "Cavalie', questo lei lo scrisse a cavallo tra le Due Sicilie
ed il Regno d'Italia e fu pubblicato sul "De Bourcard" del
1866… Possibile che oggi, nel 2004, ancora noi meridionali siamo sotto
la lente d'ingrandimento, come pidocchi, dei "giornalai" e"
polittici" nostrani ed europei, a caccia di morbosi folklori che
ci riguardano?".
C.T.D. : " Rimestare il torrone è opera paziente degli invidiosi
e degli sfruttatori. V'è sempre stata e vi sarà una moltitudine
di meridionali sani… operosi e d'ingegno… "signori" dentro
e fuori… ma è utile ed economico fare d'un'erba un fascio, per
tenere sotto il tacco dello stivale, occultandolo, il manico della pentola
colma d'oro che affiora dal fango della palude, ai piedi delle sanguisughe,
dei vermi millepiedi e dei rospi velenosi…Come dite, voi? La pubblicità
è l'anima del commercio!…E' sempre la solita canzone: "Qui
se ressemble, s'assemble!"…
M.S. : "Delazione, sì!… Però noi offriamo sempre
il fianco…Non togliamo mai l'occasione e di noi si tratta sempre come
di delinquenti…Anche di questi giorni, cavalie', con 100 e più
morti di camorra, i nordisti e gli altri stranieri ci stanno sputando
addosso sentenze lombrosiane… Cavalie', ma come è nata la Camorra?…
Lei, se lo ricorda?".
C.T.D. : " Tutte le nostre più triste assuetudini si partono
dal governo Viceregnale. Gli Spagnuoli,, separando le classi e ponendo
l'aristocrazia agli antipodi della plebe, fecero di ciascuno di esse
un corpo compatto. Nell'una si agglomerarono tutti i vizi della vanità,
nell'altra tutta la vanità del vizio. Spiego ancor più
lucidamente questa idea, dichiarando che il camorrista è un GUAPPO,
che il guappo o gradasso toglie origine dal GUAPO spagnolo, e se l'aristocrazia
si fa bella d'ogni vanità di privilegio e di forma, se specula
sul titolo di Eccellenza, la plebe specula sulla vanità del vizio,
val dire sulla forma di uomo temuto o temibile, sul tipo di guappo o
camorrista… Ma la origine spagnolesca di questo elemento di prostituzione
e dissoluzione nella civil società ebbe un incentivo anche maggiore
a' tempi del governo Borbonico…"
M.S. : "Cavalie', mo' vi ci mettete pure voi a dare addosso ai
Borbone?"
C.T.D. : " Non mi fraintenda. Per una inqualificabile oscitanza
di rettitudine e anche di forma e di legalità il Municipio di
Napoli invece di provvedere con ordinamenti stabili alla nettezza e
allo sgombro delle principali vie di questa nostra città, invece
di chiamare i faccendieri e i venditori all'osservanza della Legge,
dava facoltà a' suoi dipendenti di procedere sui recidivi e i
renitenti con misure provvidenziali e discrezionali. In nessun paese
il potere discrezionale trabocca più facilmente che a Napoli…
Il Municipio, allora, non pago dello eletto municipale che è
chiamato a farne rispettare le leggi e disposizioni edilizie, annonarie
etc, pose in giro un suo agente che chiamò il CHIAZZIERE, cioè
l'esattore della piazza. Francesco Saverio Del Carretto Ministro della
polizia si pensò fare del Gendarme un Magistrato Armato ma gli
fallì il concepimento, perché gli mancava l'uomo, il Municipio
volle fare del Chiazziere l'esattore girovago, ma eziandio in questo
caso gli mancò l'uomo probo. Il chiazziere correva da un capo
all'altro le vie, era sopra i venditori, tratteneva asini ed asinai
e minacciando, percotendo sovente, riscuoteva un soldo da ciascun contadino,
plebeo e venditore ambulante, sconoscendo talvolta chi lo avea pagato
ed usando modi sempre villani e barbari. Quella forma di esigere il
soldo, preso così tra minaccia e sorpresa, suscitò le
libidini del camorrista. Il governo esigeva senza norma e senza forma
legale dal contadino in piazza? Egli si fece un passo indietro e lo
aspettò più innanzi!
M.S. : "E che c'azzecca 'o Borbone se i funzionari del suo governo
erano più fetenti dei fetenti?
C.T.D. : "Ci azzecca! Il bravaccio, come dicemmo, era una successione
del GUAPO spagnolo, e i guappi de' primi tempi borbonici e de' successivi,
erano una derivazione della milizia baronale ladra, disordinata e temeraria
per abito. Con la caduta de' feudi, con lo abattimento de' Baroni, le
classi del popolo, tra le quali si spigolava lo scherano e il tagliacantoni,
serbavano ancora nel loro grembo il seme inverecondo e sozzo di tal
genia. I governi grandi ed abili che sieno non riescono ne' riuscir
possono mai sì presto a sperdere una sementa di vizi e di tendenze
secolari. I Borbone vi sarebbero riusciti, se avessero coadiuvato e
protetto la diffusione del leggere e del sapere i conati dell'istruzione
e del desiderio d'istruirsi, ma come essi videro sempre a capo della
istruzione la rinvoltura e lo abatimento dei troni, così lasciarono
che il mal seme e la rea genia si consumasse da sé lentamente
d'anno in anno, e per dirla breve senza rancori e senza rispetti inutili
dove si tratti di migliorare il paese con l'analisi dei fatti e delle
passioni, di una stessa pasta quasi si componevano il poliziotto ed
il camorrista. L'uno trovava la maniglia ed era ammesso a servir pel
governo, l'altro non la trovava e gittavasi dal lato opposto. "
M.S. : "Scusate se dissento. Voi mi sembrate 'nu poco giacubbine…
Vi siete scordato di quando fu istituita per i camorristi, con decreto
regio, la relegazione a Tremiti?"
C.T.D. : "Quando la relegazione di Tremiti in massa fu statuita,il
regio decreto trovò qualche oscillazione appunto perché
le influenze del Camorrismo e più quello dell'esercito, che si
mascherava per via dei suoi capi in una censura ostinata al ministro
Del Carretto fecero tentennare l'animo regio. Il TRABANTE o servente
nella casa del Generale o del Colonnello aveva un camorrista in famiglia
e nel vederselo allontanare per imprecar la sua sorte sopra uno scoglio
dei mari d'Adria era un amaro pensiero…"
M.S. : "Voi, forse, state facendo riferimento allo strumento della
RACCOMANDAZIONE?…Mettetevi tranquillo, cavalie', è a tutt'oggi
in vigore, proprio come la CAMORRA!"
C.T.D. : "Tremiti fu lo sgomento dei camorristi. Isolarli, valeva
distruggerli. Sulle prime, non mirando ancor dritto nelle intenzioni
del governo, si erano fatti illudere da un nuovo centro di moto commerciale,
che il governo simulava di voler fermare in quei paraggi. Un uomo avvezzo
a tenere i conti del ministero di Polizia avea fatto credere alla bassa
canaglia che ciascun PICCIOTTO in breve ora sarebbe a Tremiti un Rotschild.
Taluni dimandarono d'andarvi, ad altri si fece dimandare, ai più
si pose il capestro alla gola."
M.S. : "E questo vi scandalizza? La parola capestro vi fa inorridire?…
Porgere l'altra guancia non sempre è carità cristiana:
è ingenuità! Pericolosa ingenuità, in certi casi…
Voi intellettuali siete sempre così filosofi e buonisti che pare
quasi siate manutengoli della destabilizzazione, perché c'avete
sempre la fissa delle rivoluzioni… e se qualcuno appiccia il fuoco e
la miccia per voi… quasi ne godete, per il mancato fastidio di dovervi
sporcare le mani, lasciando che lo sterco imbratti altre uniformi, non
eccellentemente aristocratiche come le vostre… sapete solo criticare
ma non offrite mai ed in alcun caso un'alternativa che non sia il kaos,
la catarsi, il deserto sul quale piantare i vostri alberelli della libertà…
e fate più morti innocenti voi, con il vostro "civile buonismo"
che i clan camorristi… che, se non altro, si ammazzano tra di loro,
come per selezione naturale. Cavalie', vi stimavo diverso… mi state
proprio facendo incavolare!.
C.T.D. : "E voi, madame, fraintendete sempre. Siete diffidente
quanto il Borbone!"
M.S. : "Di grazia, vi chiarisco che non sono monarchica e nostalgica,
però dinanzi all'evidenza di certe storie della Storia che, per
quanto occultate, sono incontrovertibili, detesto chi vuole autoritariamente
impormi dogma incondivisibili. Eppoi, onestamente, mi avete fatto venire
l'amaro in bocca, descrivendo certi costumi che ancora imperano. Capite,
cavalie', mi avete tolto ogni speranza, ogni fiducia… I travet, i politici…
non cambieranno mai… Ma non vi sembra strano che anche oggi, Polizia,
Carabinieri, Magistrati, Governo eccetera… conoscono nome, cognome,
indirizzo, abitudini, affari e malaffari, dei capicosca più pericolosi…
eppure… nun 'e 'cchiappano?… 'Un fetentone che ha squagliato nell'acido
un bambino di tredici anni, invece di rinchiuderlo e di buttare via
la chiave della cella, lo fanno andare al 5 stelle con la moglie… a
quell'altro che ha pigiato il bottoncino del detonatore a Capaci..gli
hanno pure restituito le sue proprietà, compreso un minimarket…Non
vi fa inorridire pure il fatto che un ministro di questa Repubblica,
solo perché hanno ucciso un "padano", sfiduci e derida
il Governo di cui fa parte, proponendo una taglia sui killer… come si
faceva nel Far West…mettendo alla berlina il ministro della Giustizia,
padano pure lui, ed alla gogna, in automatico, tutti gli altri italiani
che hanno la sola colpa di non essere padani?
C.T.D. : "Il Generale Carrascosa venuto nel 1848 a capo del ministero
dei Lavori Pubblici, dal quale dipendevano le prigioni, ebbe il pensiero
di distruggere la camorra, incominciando ad espellerla dalle carceri,
ma quando chiamate a sé tutte le carte e gli uomini addetti a
quell'ufficio vide aprirsi innanzi agli occhi il deplorabile quadro
delle sue ramificazioni ed attinenze, ne rimase stupefatto non solo,
ma scosso. Per abattere la camorra gli era d'uopo aspettare la demolizione
del governo e strapparne la pianta non fino ma oltre le radici di essa.
M.S. : "E dagli!… Ancora lo stesso tono?… Non fu proprio la Camorra,
cavalie', a favorire l'invasione piemontese del Reame, a favorire lo
sbarco de "i Mille" in Sicilia… e, più tardi, sempre
la Mafia, a favorire nello stesso modo lo sbarco alleato in Sicilia?
Allora, perché prendercela con quei poveri Borbone?… Prendiamocela
con lo spirito traditore e fetente del meridionale!"
C.T.D. : "Venne un momento nel quale il nostro bel paese per disfarsi
di un male, cioè l'arbitrio della reggia, ne incontra cento nell'arbitrio
della piazza. Un governo nuovo per tor via una macchia adoperò
gli acidi, per sostenere il dritto fiancheggiò la colpa. Ad un
ministro della vecchia polizia era venuto in mente di disfarsi della
camorra: ne prese molti e li deportò… ma come le tarde opere
buone di rado giovano, gl'iniqui ebbero il disopra. Scoppiata la rivoluzione
i camorristi deportati e rilegati si dissero martiri, tornarono trionfanti,
ed un ministro liberale, che ebbe bisogno di cavar chiodo con chiodo,
li prese a soldo e cacciò per così dire i Goti con gli
Unni, e adoperò l'arsenico per la cura del cancro. La camorra
allora divenne onnipossente… Essa impadronitasi quasi de' cespiti dello
Stato nel ramo delle Dogane: esigeva per suo conto, ricattava, svaligiava…
Le paranze del camorrismo formavano una catena che si spandeva dagli
angoli o dai chiassuoli delle strade fin entro agli edifici, dove il
continuo agitarsi in faccende favoriva le mene e il corrispondersi degli
affiliati alla camorra. Nei Tribunali medesimi l'ardita camorra, col
mezzo dei suoi TAMMURRI o avvisaglie, esplorava uomini, attingeva notizie,
e le sentenze emanate in una o altra causa e il parere de' più
chiari criminalisti del paese e più tortuosi eran sempre note
alla schiera dei camorristi…
M.S. : "Siete addivenuto a ben più miti pensieri che quasi
collimano con i miei. Ve la ricordate, cavalie', quella canzoncella
popolare dei vostri tempi…
C.T.D. : "Eccome, no?… Nuje nun simmo Cravunari… Nuje nun simmo
Rialisti… Ma facimmo i Cammurristi… Jammo 'n'c*** a chille e a chisti."
M.S. : "Ah! Non ci posso pensare...ancora si fanno tavole rotonde
con sociologi, criminologi, televisioni e giornalai stranieri, opinionisti,
scienziati…e bastano queste quattro parole in croce di questa canzoncella
a sciogliere ogni riserva, ogni dubbio sulla Camorra!… Ditemi… cavalie',
un'ultima domanda : come risolverebbe il problema di Secondigliano?"
C.T.D. : Il problema Secondigliano non sarebbe mai sorto se avessero
messo in galera o ristretti in manicomio o portati davanti alla corte
marziale gli ideatori, i progettisti, i realizzatori di quel ghetto
infame che sono le VELE di Secondigliano!
Che pensarono di fare, nel 1965 era democristiana? Una nuova San Leucio?
Un nuovo Real Albergo dei Poveri?… Non hanno fatto altro che erigere
un sacrario alla delinquenza, un tempio massonico della camorra… La
nouvelle vague di pensatori e psicologi, credendo nell'utopia della
comune socialista fecero le VELE… sinonimo di libertà… ma le
comuni socialiste si fondano sul lavoro e sull'operosità; non
sui voti rastrellati alle elezioni ne' sugli appalti!
Marina Salvadore (A.D. 2004/11)
Fonte: volume II "Usi e Costumi di Napoli
e Contorni" ed. Francesco De Bourcard - Napoli- 1866.
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