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La politica fiscale

La politica fiscale perseguita dallo Stato unitario fu un caso di vero e proprio drenaggio di capitali che dal Sud andarono al Nord. La pressione fiscale in agricoltura crebbe sotto i Piemontesi e crebbe in maniera difforme, non equa. Così, mentre nelle Due Sicilie si pagano 40 milioni d'imposta fondiaria, nel 1866 se ne pagheranno 70, contro i 52 del Nord.
La sperequazione è anche più evidente se si considerano le aliquote per ettaro: nelle province di Napoli e Caserta si pagano L.9,6 per ettaro contro la media nazionale di L. 3,33. Lo stesso avviene per le tasse sugli affari che incidono per L. 7,04 pro capite in Campania, contro 6.70 in Piemonte e
6,87 in Lombardia.
In seguito, quando si pose il problema di perequare I'imposta nelle province(1) (Lombardia-napoletano) che pagavano di più, il risultato fu che le tasse diminuirono in Lombardia ed aumentarono nel napoletano. Si calcola che l'ingiustizia fiscale sia costata al Sud 100 milioni/anno e che abbia ricevuto dall'erario nei primi 40 anni dell'unità molto meno di quanto sborsasse.

Imposta personale
Tassa sulle successioni

Negli anni seguenti le cose non cambieranno, cosi nel primo decennio del secolo una provincia depressa come quella di Potenza paga piu tasse di Udine e la provincia
Tassa sulle donazioni. mutui e doti; sulla emancipazione ed adozione
Tassa sulle pensioni
Tassa sanitaria
Tassa sulle fabbriche
Tassa sull'industria
Tassa sulle società industriali
Tassa per pesi e misure
Diritto d'insinuazione
Diritto di esportazione sulla paglia, fieno ed avena
Diritto sul consumo delle carni, pelli, acquavite e birra
Tassa sulle "mani morte"
Tassa per la caccia
Tassa sulle vetture

(Tav.5 - Le imposizioni fiscali al Sud subito dopo la conquista Piemontese(2) )

Con l'unità, inoltre, il Sud farà altre spiacevoli conoscenze, oltre che con la massa di tasse portate dai piemontesi: il debito pubblico pro-capite degli Stati sardi era il quadruplo di quello dell'Antico Regno ed il Sud fu costretto ad accollarsi centinaia di milioni spesi dal Nord.
Il debito pubblico si accrescerà di altri 3,4 miliardi nei primi dieci anni dell'unità.
Non è tutto: la vendita dei beni ecclesiastici frutterà allo Stato unitario oltre 600 milioni. I capitali del Sud furono cosi rastrellati e resi disponibili per iniziative al Nord, i latifondi risultarono incrementati, sottraendo ai contadini gli "usi civici" precedentemente trattati.
La pressione fiscale non diminuirà al Sud neanche nel periodo 1883-97, i duri anni della crisi protezio-nistica: indicative sono le cifre per espropriazioni per il mancato pagamento di tasse"(3).

La spesa pubblica

La spesa pubblica appare prevalentemente concentrata al Nord.

Lombardia
92.165.174
Veneto
174.066.407
Emilia
130.980.520
Sicilia
1.333.296
Campania
465.533

Tav. 6 -Distribuzione della spesa pubblica in Lire (1860 - 1898)

II totale delle spese pubbliche fino al 1898 fu di L. 458 milioni e di esse solo tre regioni settentrionali ottennero 370 milioni, mentre nel Sud I'unica spesa di un certo rilievo fu l'acquedotto pugliese (peraltro realizzato dopo il 1902). La media pro-capite per queste spese fu di L. O,39 per abitante nel Mezzo-giorno continentale (L. 0,37 in Sicilia) contro la media nazionale di L. 19,71.
I prestiti di favore per edificare edifici scolastici raggiungono per il Sud la punta massima in Puglia di L. 5.777 per ogni 100.000 abitanti (Campania L. 641, Calabria 80); nel Nord le punte sono L. 13.345 in Piemonte e L. 15.625 in Lombardia. Al Nord le scuole tecniche sono distribuite in ragione di una ogni 141 mila abitanti, al Centro una ogni 161 mila abitanti, al Sud una ogni 400 mila abitanti(4); analoga la situazione delle Università.
Gli appalti sono concessi quasi esclusivamente al Centro-Nord e cosi pure le società con monopoli, privilegi e sovvenzioni sono al Centro-Nord.


Trasporti

Anche per i trasporti il Sud è svantaggiato: mandare una merce via mare da Genova a Napoli costa L. O,85/quintale; in senso inverso costa L. 1,50/quintale.
Le spese(5) per spiagge, fari e fanali ammontano al Nord a L. 278 mila per ogni km. di costa, a L. 83 mila al Centro, a L. 43 mila al Sud ed a L. 31 mila in Sicilia; nella stessa epoca il Parlamento respinge i progetti di leggi speciali per i porti del Sud ed approva quclli per il Centro-Nord.

Ferrovie

Un gran parlare si è fatto sulle spese ferroviarie che lo Stato unitario ha fatto al Sud: L. 863 milioni per la parte Continentale, 479 milioni per la Sicilia(6).Il tutto, però, va commisurato al totale di 4.076 milioni spesi nello stesso periodo per l'Italia intera! Il Sud ebbe perciò meno di un terzo dello stanziamento complessivo. Ma fu già tanto: magari questo fosse avvenuto in tutti i settori! In effetti, questo atto di "generosità" si rese necessario per collegare i mercati a favore degli interscambi, utili soprattutto al Nord.

(1)  L' imposta non era sul reddito, ma si stabiliva, secondo certi parametri, su base regionale.
(2)  G.Bavarese, op. cit., p. 28
(3)  Cosė nel Nord si ha l'espropriazione per ogni 27 mila abitanti circa in Piemonte e in Lombardia e per ogni 1050 in          Toscana (la regione pių colpita); nel Sud, invece, si passa dal rapporto di uno a 900 (per Puglia e Lucania), ad uno a 655        (Campania), a 225 (Abbruzzi-Molise), a 189 (Sicilia), a 114 (Calabria).
(4)  Dati relalivi al 1897.
(5)  Dal 1862 al 1897.

(6)  Dal 1861 al 1898

Spese ordinarie

Analogamente avveniva per ciò che concerneva le spese ordinarie per le normali Funzioni pubbliche dello Stato: il Sud riceveva molto meno di quanto dava. Si deve ancora a Nitti se la leggenda del "burocratismo" meridionale sia stata smantellata, poiché egli ha provato, con una analisi condotta con puntigliosità teutonica, come gli uffici dello Stato fossero prevalentemente concentrati al Nord (scuole, magistratura, esercito, polizia, uffici amministrativi ecc.). Tutti i codici e l'intera struttura statale erano piemontesi, del buon "mondo borbonico" non fu conservato un bel niente! Eppure ci si continua a riferire dispregiativamente a borbonica come in un'estasi di ignoranza più o meno intenzionale. Il solo Piemonte ebbe, fino al 1898, 41 ministri contro 47 dell'intero Sud e la situazione era la stessa per tutti gli alti gradi dello Stato, come ha documentato lo stesso Nitti.

L'attacco della Banca Nazionale al Banco di Napoli
I primi tentativi di soffocare o subordinare il sistema bancario del Sud.

Seguirono una serie di tentativi per ridurre il Banco di Napoli a Monte di Pegni, privarlo della Cassa di sconto o delle operazioni di tesoreria a vantaggio della Nazionale. Si cercò anche di varare un progetto per la costituzione di una Banca unica di emissione, nella quale al Sud avrebbe avuto solo il 20% delle azioni(7). Questi tentativi fallirono anche perché la borghesia meridionale riuscì a mantenersi compatta a difesa del "suo" Banco di Napoli.
Nel frattempo al Sud proliferarono altre di Casse di Deposito del Nord: un quarto di quelle che saranno costituite in Italia in quegli anni. II Banco doveva invece ottenere l'autorizzazione statale per aprire filiali al Nord(8).
Nei primi anni post-unitari la situazione nei rapporti di forza tra Banca Nazionale e Banco di Napoli è di sostanziale parità: la Nazionale ha un capitale superiore a quello del Banco(9), ma l'istituto napoletano la sopravanzerà per lungo tempo per ciò che attiene alle riserve auree ed alla ircolazione(10). Vi furono però una serie di provvedimenti governativi tesi a favorire la Banca Nazionale, non per motivazioni economiche, bensì allo scopo di renderla dominante a livello nazionale, e con essa la borghesia del Nord(11).

Dove finiva l'oro del Banco di Napoli ?

Nel periodo 1861-1866, il Banco vede calare le sue riserve di 35 milioni; per contro le riserve della Banca Nazionale, che pure ingoiava oro senza mollarne in contropartita, aumentano di solo sei milioni. L'arcano crediamo possa spiegarsi in un solo modo: in quegli anni la Nazionale ha costituito e sostiene al Nord quattro banche di credito mobiliare per finanziare l'industria settentrionale in crisi(12). Queste banche, dovendo sostenere una industria in crisi, sono anch'esse in difficoltà poiché devono dare crediti difficilmente esigibili. Solo il continuo, discreto, apporto della Nazionale permette loro di sopravvive-re. In sostanza si priva il Sud di oro e di capacità di credito,a favore dell'industria del Nord. E cosi l'industria del Sud paga le spese della crisi al Nord con una strozzatura del credito. Ora, però, all'inizio del 1866, la situazione delle banche sostenute dalla Nazionale si fa assai difficile, mentre si profila la controffensiva del Banco di Napoli: il governo la contrastò al grido "a mali estremi, estremi rimedi"!
Il 10 maggio 1866 è approvata la legge sul corso forzoso.

La legge sul corso forzoso del 1866

Nel Piemonte preunitario le riserve auree garantivano solo un terzo della moneta circolante. Le Due Sicilie la garantivano integralmente. Cosi, con la conquista, il Piemonte non solo mise le mani sulla ingente ricchezza dell'Antico Regno, ma moltiplico subito per tre il capitale circolante! Due terzi erano pura evenienza attiva per il Nord, ma almeno un terzo di capitale nominale sarebbe dovuto restare al Sud, in luogo dei bei ducati d'oro di una volta. Ma non fu cosi! Abbiamo visto che con la vendita dei terreni demaniali, il vorace Stato si impossessò quasi di tutto, rastrellando il risparmio e lasciando il Sud senza capitali e senza crediti (chi è disposto a dare crediti a chi è privo di capitali e di garanzie!).
Le folli spese militari e la mania di grandezza facevano volgere la situazione al peggio. Cosi avvenne l'italica moltiplicazione dei pani e dei pesci, nota come corso forzoso. Con la legge del corso forzoso hi eliminata la convertibilità della moneta in oro(13). Certo le giustificazioni non mancarono: all'epoca si addussero motivi patriottici e cioè di far la guerra con l'Austria. Ma se cosi fosse stato, perché il corso forzoso fu mantenuto fino al 1883, ben oltre quindi la breve guerra del '66? Si disse anche che la necessità del corso forzoso derivasse dalla crisi dell'industria, messa in ginocchio dalla concorrenza straniera. Perché allora non si ricorse al sistema normale della tariffa doganale al posto di quello indiretto e macchinoso del corso forzoso! Ma sopratutto perché si riconobbe il principio della inconvertibilità solo per la moneta della banca Nazionale e non per quella del Banco di Napoli, suo unico reale competitore? La risposta a tali domande è che il corso forzoso(14) era stato introdotto per cavare di impaccio la Nazionale e le banche ad essa collegate che, grazie alla loro allegra finanza, erano sull'orlo del fallimento. Ma la inconvertibilità della sola moneta della Nazionale permette a questa banca di continuare placidamente il suo drenaggio di capitali e di oro dal Sud, essendo rimasta convertibile la moneta del Banco di Napoli(15). Il partito unitarista ebbe come slogan quello del libero mercato, contro il "protezionismo" borbonico, ma se si fossero lasciate agire liberamente le forze del mercato, la Nazionale e le sue collegate sarebbero forse fallite, lasciando il Banco di Napoli alla testa del sistema bancario italiano.
Ancora una volta, però, l'intervento politico dello Stato sabaudista risolse una partita, che a livello economico si metteva malissimo per il Nord.

(7)     Invece, come visto in precedenza, il Sud aveva partecipato per il 66% alla costituzione del nuovo erario.
(8)     Solo sul finire del '65 avrà una filiale a Firenze e nel '70 a Milano e Torino.
(9)     40 milioni che diventeranno 100 nel '65 contro i 20 del Banco.
(10)   Le riserve auree della Nazionale, infatti, passano da 26 a 32 milioni dall'unità al 1866, e la circolazione (che avrebbe           dovuto essere in rapporto di 3 a 1 con le riserve) passerà da 55 milioni del 1861 ai 124 della prima metà del 1866. Avrebbe           dovuto essere di 96 milioni se il rapporto 3:1 fosse stato rispettato. Il Banco, invece, passa da 48 milioni di riserve auree del           dicembre '60 a 78 milioni del giugno '63, a 52 milioni del 31 maggio '64, a 43 milioni del 14 aprile '66; la sua circolazione,           dopo aver raggiunto una punta massima di 135-145 milioni nel 1864, scenderà a 108 milioni alla vigilia del corso forzoso e           solo allora, dopo cinque anni, la Nazionale supererà lievemente il volume di circolazione del Banco, che spessissimo           l'aveva sopravanzata, ma non supererà le sue riserve.
(11)   Così si impedì al Banco di Napoli di rastrellare l'enorme quantità di monete auree e metalliche che esistevano al Sud (fino            a 400 milioni), che avrebbero permesso di aumentare gradualmente fino a 1.200 milioni la circolazione cartacea (rapporto            di 1:3). Eppure il progetto di legge all'uopo preparato aveva avuto l'approvazione del barone Rothschild, nonche di uno            dei più noti esperti finanziari dell'epoca, Michel Puysat. Se si scorrono le cronache di quei tempi ci si rende conto che            l'unica vera giustificazione di un simile operato fu quella che l'On. Avitabile, esponente del Banco, palesò senza mezzi            termini: il progetto si era insabbiato "per non dare dispiacere alla Banca Nazionale".
(12)   E' sintomatico che al Sud ciò sia impedito, malgrado l''industria del Sud sopravanzasse in molti settori quella del Nord.
(13)   Convertibilità che ricordiamo era nel rapporto 3 lire di carta = 1 lira d'oro.
(14)   La commissione parlamentare, per quanto dominata dalla destra fautrice della legge, concluderà nel 1868 l'inchiesta sul           costa forzoso, dicendo che di esso non vi era "veruno bisogno".
(15)   In Parlamento il ministro Scialoja. napoletano e traditore, rispose all'on. Avitabile che era una "volgare verità" il fatto che           il Banco di Napoli veniva sacrificato dalla legge, ma che ciò era una triste necessita.


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