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Nella cuccagna che svenò Napoli nacque l'italica "bustarella"

Ciò che colpisce chi legga le istorie patrie, con mente e cuore liberi dai tabù creati dall'agiografia risorgimentale e dai fabbricatori di miti, è l'enorme sperpero di danaro che fece, in sessantadue giorni, la Dittatura garibaldina, attingendo a piene mani nell'erario partenopeo. Cominciò subito quella grande "mangeria", come diceva Cavour - o "magna magna" - come dicevano e dicono i napoletani…
Nel caos politico, economico, sociale che contrassegnò la Dittatura di Garibaldi - del quale, in seguito, Crispi disse: "Grande anima, cervello incapace di governare un villaggio" - c'è da tener conto della parte che vi ebbero la inevitabile improvvisazione, il clima di quei tempi e le obiettive difficoltà, senza dire che il Nizzardo pensava a due soli problemi: come liquidare definitivamente Francesco II e marciare su Roma. Ma rimane il fatto, incontrovertibile, che si sperperarono grandi ricchezze, obbedendo, si, a una confusa volontà di "giustizia riparatrice", ma anche a una sfrenata demagogia e a un poco nobile sentimento di vendetta. Su Napoli, la "grassa Napoli", piombarono, inoltre, speculatori, come nugoli di cavallette, e anch'essi parteciparono al banchetto, o meglio al saccheggio, mentre imperversava, selvaggia, l'epurazione degli impiegati borbonici, per far posto a amici e amici degli amici. Si, la Dittatura garibaldina, che pure durò soltanto un paio di mesi, fu il peggior governo, e il più costoso che nella loro plurisecolare storia i Napoletani avessero avuto sino allora. Le casse furono presto vuote. La situazione si fece angosciosa, tragica, al punto che Garibaldi, evidentemente smarrito, arrivò a minacciare di fucilazione i banchieri napoletani se non gli avessero consegnato una cospicua somma di danaro.
Poco dopo che si era insediato Garibaldi una pioggia di decreti irrorò i veri e presunti "martiri del regime", vivi e morti, e le loro mogli o vedove, i loro rampolli, sorelle, genitori ed affini, che ottennero pensioni, laute prebende, grassi impieghi, doni o altro. Elenca Giacinto De Sivo: "Venti ducati mensili alla vedova di un Porta, galeotto; trenta a quella di un Lanza, pure morto in galera; venti a quella di un Caprio; sei a quella d'un Cappuccio, spento nella reazione di Montemiletto; trenta a quella di Domenico Romeo, altri trenta a sua madre e quattromila ducati in unica volta ai suoi quattro figli, da porsi sul debito pubblico: trenta ducati mensili ai figli di un Domenico de Clemente, morto carcerato a Ventotene; sessanta a Silvia, figlia adulterina di Carlo Pisacane. Videsi il 24 Settembre promuoversi maggiore un Vincenzo Padula, spentosi a Melazzo: si, promosso un morto, per crescere la pensione alla madre,….ma scorò ogni anima onesta la decretazione che diè trenta ducati al mese alla madre del regicida Agesilao Milano, e dote di ducati duemila à ciascuna delle due sorelle; perché, diceva, "sacra è pel paese la memoria di Agesilao Milano…
Un bel colpo, da un milione e duecentomila lire (di allora) fece la Rubattino. Un decreto del 5 ottobre concesse alla compagnia di navigazione ligure 450 mila lire per il piroscafo "il Cagliari" che era servito al Pisacane per la tragica impresa del 1857….; altre 75Omila lire ebbe per il "Piemonte" e il "Lombardo" che avevano trasportato i "Mille" a Marsala, con l'impegno che restaurati restassero trofei.
La calda pioggia delle pensioni proseguì… Aurelio Saliceti (triumviro a Roma) si beccò 2.550 ducati all'anno, pari a più di undicimila lire-oro del tempo. Pensione di dodici ducati al mese ebbe la camorrista-tavernaia Marianna De Crescenzo, la "Sangiovannara", che già era stata foraggiata abbondantemente da Liborio Romano; la stessa somma mensile si assicurarono altre due camorriste devote al Romano… "perché esempi inimitabili di coraggio civile nel propugnare la libertà".
Con un decreto del 24 settembre furono confiscati tutti i beni privati di Casa Borbone, comprese le doti delle principesse e quella di Maria Cristina "La Santa", nonché gli averi…

(Michele Topa "Così finirono i Borbone di Napoli" - Ed. Fratelli Fiorentino)



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