Caro
Avv.to Dr. Giuseppe Lipera
La ringrazio per
aver esaudito la mia richiesta a consultare gli atti medici relativi
al suo assistito Dr.Bruno Contrada. E' stato per anni un servitore
dello Stato e per ringraziarlo faccio ciò che, nel mio piccolo,
posso: metto al suo "servizio" la mia esperienza e umana
solidarietà per la sua condizione di detenuto e, soprattutto,
di Malato; naturalmente in modo del tutto gratuito e senza alcun impegno
da parte vostra. Neppure di riconoscenza. Mi sento profondamente riconoscente
io, invece, verso un uomo che ha dedicato la sua esistenza alla nostra
sicurezza, ed ha messo in pericolo più volte la sua vita; e
non per motivi di salute, come ora.
Vede, Avvocato Ill.mo, ogni Malato ha per me una profonda sacralità;
certo unico per linguaggio "sintomatico" e in reattività,
ma anche per desiderio di comprensione; e rispetto delle sue sofferenze.
Ho seguito, da anonima cittadina, le vicende del suo assistito e l'ho
ammirato per la coerenza, la profonda dignità ed umiltà.
Sul suo sito ho firmato appelli, ma ora che è malato gravemente,
sento il dovere, professionale ed etico, di intervenire come medico,
affinchè siano salvi e rispettati i diritti alla salute, alla
considerazione del caso con umanità, nonché il diritto
alla dignità della persona, che la stessa Costituzione garantisce.
Con questi princìpi mi accingo ad esprimerle il mio giudizio,
pregandola di sottoporlo all'Autorità che dovrà decidere
in merito.
PREMESSE
Essendo
da anni una CTU del Tribunale di Lagonegro (PZ), più volte
ho constatato che, in tante decisioni che ho ritenuto inopportune,
per non dire francamente ingiuste (scusandomi per il bisticcio di
parole) la responsabilità non è certo del Giudice adito.
Il Giudice
non è un medico ed è "costretto" a fidarsi
di noi. L'Autorità adita, formula ipotesi, esprime giudizi
e pareri, o emette sentenze che concernono la sfera sanitaria, in
base a ciò che noi, medici, porgiamo; ciò avviene in
forma più o meno articolata, più o meno chiara, più
o meno comprensibile a chi, invece, ribadisco, medico non è,
ma ha, altresì, il diritto di ben comprendere, non solo, le
summae pathologicae ma anche, e soprattutto, le ripercussioni che
il suo giudizio avrà su quel particolare ed unico periziando.
Unico e particolare essere umano, qualunque crimine abbia commesso,
direttamente o in concorso "esterno".
Non le nascondo
che moltissime volte mi è toccato l'ingrato compito di "contestare"
Colleghi; naturalmente li rispetto per principio, per educazione in
famiglia e mia forma mentale, ma troppo spesso mi sono resa conto
che parecchi di loro non permettono all'Autorità di ben comprendere,
limitandosi a fare una sterile elencazione di patologie, sic et simpliciter,
che poco significano, e ancor meno garantiscono al Giudice il diritto
di capire; e al periziando il diritto di essere equamente giudicato.
ENTITA'
DELLE PATOLOGIE AGLI ATTI
SPIEGAZIONE DELLE LORO SINERGIE NEGATIVE
Il Dr. Bruno
Contrada, prossimo alla veneranda età di 80 anni, assomma una
serie di patologie morbose che devono essere ben illustrate, per permettere
all'Autorità di comprendere come, nel modo più assoluto,
confliggano con la detenzione. Procediamo con ordine, perché
l'elenco che ho letto, così com'è, non ha molto senso
e non rende Giustizia, né predispone a comprensione patologica,
inter-umana o a clemenza. Nella relazione che segue, correlerò
man mano le patologie che affliggono il Suo assitito.
1) ipertrofia
prostatica benigna in fase di scompenso detrusoriale; le difficoltà
della minzione, dovuta al difficile svuotamento della vescica, a causa
dell'ingombro prostatico, si assommano non solo al dolore, alla perdita
involontaria di urina, alle infezioni recidivanti, ma possono causare,
in tempi non prevedibili, un reflusso di urina oltre gli ureteri e
dilatazione calico-pielica renale, fino ad un aumento pericoloso dell'azotemia,
della creatinina, della clearance della creatinina ed una profonda
alterazione degli elettroliti (il cui equilibrio è mantenuto
dal rene), e così via via fino all'insufficienza renale. Malauguratamente,
l'ipetrofia prostatica benigna può anche degenerare. Ciò
capita nei giovani, figuriamoci negli anziani, in cui tutte le componenti
cellulari sono rallentate, ingolfate di farmaci e condizionate dal
concorso di più malattie. Una "nuova" branca della
medicina, che si chiama PNEI (psico-neuro-endocrino-immunologia) mette
in stretta correlazione fisiopatologica il sistema limbico emozionale,
le patologie ghiandolari, quelle neurologiche ed autoimmunitarie con
le degenerazioni tumorali; ed è per questo che un regime carcerario
in un soggetto che presenta sia problemi ghiandolari, che neuro-psichici,
che autoimmunitari può seriamente causare degenerazioni tumorali.
Non dimentichiamo il caso Enzo Tortora, che ha fatto discutere moltissimi
medici per anni e forse ha avviato lo studio allargato della problematica
PNEI. A tale proposito ed immediatamente cito la dermatite atopica.
2) La dermatite
atopica; di per sè non è patologia degenerativa grave
o neoplastica ma ha una problematica sottostante che invece grave
è, perché di origine autoimmunitaria; problematica che
si somma a quella ghiandolare prostatica e neuro-psichica, a confermare
che lo squilibrio PNEI è reale e profondo. Le persone che ne
sono affette riescono perfino a procurarsi lesioni sanguinanti nel
grattarsi. Il prurito è peggiorato dallo stress, e dal grattamento;
nonché dalle condizioni igieniche sia in senso stretto che
alimentari. E' un prurito che fa "impazzire" e toglie il
sonno; oltre alla dignità; tanto quanto i disturbi nell'urinare
spesso e perdere urina involontariamente, in un contesto di socialità
forzata come in regime carcerario; con una contestuale artrosi diffusa
che limita di molto la libertà nei movimenti e la possibilità
di isolarsi celermente sia per urinare che per grattarsi, lontano
da occhi indiscreti o compassionevoli.
Il detrioramento
organico psichico è la testimonianza anche di questi disagi
oltre che della vasculopatia cerebrale. Sentirsi mortificati aggrava
le malattie.
La detenzione
certamente aggrava la dermatite. I soggetti che ne sono affetti presentano
anche sintomi respiratori. Un soggetto atopico potrebbe avere una
crisi respiratoria improvvisa, con serio distress e insufficienza
ventilatoria, ed essere anche in pericolo di vita. Specialmente se
questa dermatite non ha risposto ad alcuna terapia, tant'è
che è citata dal Collega, quindi visibile, quindi attiva. Non
possiamo parlare di dermatite atopica semplicemente, ma dobbiamo definire
il Dr.Contrada un soggetto atopico; il che è ben diverso dal
focalizzare l'attenzione solo sulla pelle. Se a questo dato aggiungiamo
la vasculopatia polmonare (documentata all'RX), in soggetto bronchitico
cronico, possiamo dedurre che, in caso di crisi respiratoria, si instaurerebbe
subito non solo un debito di ossigeno per il polmone ma anche per
gli altri due organi vitali che sono il cuore e il cervello, con esiti
disastrosi invalidanti o pericolo di morte.
3) la Broncopneumopatia
cronica, non è il semplice tossire ed avere catarro, ma consta,
come già detto di una vasculopatia documentata all'RX. Il "mutismo
clinico semiologico", invocato più volte dal Collega nella
sua relazione, non significa certo immunità da ogni futura
complicanza, proprio perché il polmone, deteriorato fin nella
sua struttura nutritizia che è la trama vascolare, pur non
essendo in debito di ossigeno a riposo e nelle condizioni di calma
in cui il soggetto è stato periziato, può facilmente
scompensarsi ed avere un'insufficienza respiratoria acuta, anche mortale.
4) L'ipertensione
arteriosa, sebbene in trattamento farmacologico, mostra tutto il suo
nocumento sia sui vasi di calibro maggiore, in cui sono dimostrate
delle placche (demodulazione del flusso dei tronchi sopra-aortici),
sia sul cuore (ipertrofia del ventricolo sinistro), sia sulla retina
già deteriorata da una pregressa iperglicemia (retinopatia).
Ecco che un'affezione che si potrebbe superficialmente ritenere "banale",
incide fortemente sulle speranze di salute e di vita del soggetto.
Una crisi ipertensiva, (tanto quanto una crisi respiratoria) potrebbe
essere devastante per un simile complesso patologico; il serio pericolo
di emorragie cerebrali incombe, specialmente in questo soggetto già
affetto da documentata vasculopatia cerebrale e malacia, così
come il serio pericolo di infarto del miocardio, proprio perché
il miocardio è già compromesso (ipertrofia ventricolo
sinistro).
5) L'ipertrofia
del ventricolo sinistro è una condizione causata dall'ipertensione.
Il cuore deve insomma spingere con maggior vigore verso arterie di
calibro ristretto, che fanno resistenza alla pompa cardiaca. Da un
lato, l'ipertrofizzarsi del ventricolo ha uno scopo positivo (garantire
il normale flusso sanguigno a tutti gli organi), ma dall'altra ha
l'effetto negativo di non avere lui stesso, cuore, sufficiente irrorazione.
In queste condizioni, facilmente può insorgere un infarto.
Non sappiamo infatti se il cuore sia in grado di sopportare una maggiore
richiesta perché non sono citati ECG funzionali, né
monitoraggi Holter 24 ore della pressione e della performance cardiaca.
Neppure sono agli Atti prove da sforzo, per capire quanto possa essere
davvero "innocuo" il "mutismo" di questa o quella
patologia. Il circolo è vizioso in quanto l'ipertensione favorisce
l'arteriosclerosi e viceversa da questa viene mantenuta. Se l'arteriosclerosi
ha colpito i grossi vasi e la retina, nonché i vasi cerebrali
(esiti di ischemia cerebrale) ha colpito forse anche le coronarie,
ma un semplice ECG e un ecocardio non ce lo diranno mai, se non quando
un infarto è già in atto o nei suoi postumi.
6) Da segnalare anche che il diabete (sebbene in compenso) diminuisce
la sensibilità dolorifica, e potrebbe verificarsi anche un
infarto con scarsa o assente componente di dolore.
7) Aterosclerosi
bilaterale dei tronchi sopra-aortici (flusso demodulato); l'aterosclerosi
dei tronchi sopra-aortici è attestata dalla demodulazione del
flusso.
Le placche ateromasiche vanno a collocarsi nei punti di biforcazione
o lungo le pareti vasali, costituendo una pericolosa "spada di
Damocle". In qualunque momento, proprio per la turbolenza del
flusso, si possono formare dei coauguli nel lume dei vasi o nella
sede delle placche. Com'è già successo (esiti di ischemia
cerebrale in regione occipito-temporale destra) un frammento di coaugulo,
per un aumento pressorio improvviso, può staccarsi e raggiungere
l'encefalo. Quindi il Dr. Contrada è a grande rischio di ictus
cerebrale tanto emorragico (malacia vasale) quanto trombotico (diffusa
vasculopatia). In effetti di "mutismo semiologico" neppure
possiamo parlare, perché proprio l'aterosclerosi dei tronchi
sopra-aortici potrebbe aver causato l'icuts, dei cui postumi il soggetto
è già affetto. Probabilmente una valutazione neurologica
avrebbe potuto completare l'esposizione a tale riguardo, considerata
anche la neuropatia ottica di verosimile natura ischemica (in aggiunta
alla retinopatia diabetica).
7) La neuropatia
ottica all'occhio sinistro, di verosimile natura ischemica, anch'essa
citata nella relazione medico legale TDS attesta, insieme alle altre
patologie, la grave condizione di rischio ischemico. Non possiamo
semplicemente valutare lo stato degli occhi, ma inquadrare la patologia
oculare in un contesto più complesso. All'occhio arrivano gli
effetti di deficit circolatori, di seri squilibri pressori, e di una
patologia aterosclerotica, compatibili si con l'età, ma aggravate
pericolosamente dalle loro concomitanze e nefaste sinergie.
8) Ad arricchire
il, già vasto, panorama patologico, abbiamo la cerebrovasculopatia
cronica aterosclerotica con atrofia corticale e ipodensità
in sede occipitale destra (TAC-Atti). L'atrofia corticale e l'ipodensità
in regione occipitale non possono essere asintomatiche. Ci sono infatti
alterazioni dell'umore, depressione, disturbi della memoria, deperimento
organico psichico, deficit del campo visivo, sindrome vertiginosa
ed anche atrofia cerebellare. Questa è obiettività semiologica
negativa? La riposta è no. La patologia cerebrale dà
ampia notizia, urlando, di sé.
9) In ultimo
citiamo la calcolosi della colecisti e la gastroduodenite, ma non
perché siano meno importanti. La gastroduodenite è aggravata
da condizioni stressanti, quali ad esempio mancanza di riposo, ritmi
di vita obbligatori, alterazioni del sonno-veglia, nonchè disagi
sociali causati dalla dermatite e dai disturbi minzionali; tutti aumentano
l'ipersecrezione acida nonché la secrezione di amine vasosattive
che peggiorano l'ipertensione e le condizioni cardiache. La calcolosi
si aggiunge, a perfezionare le sofferenze di questo corpo, e a minacciarlo
ulteriormente: incombe infatti in caso di calcolosi, il costante pericolo
di pancreatite acuta, potenzialmente mortale.
CONCLUSIONI
Il Dr. Bruno
Contrada, è affetto da alcune patologie molto gravi, che andrebbero
costantemente monitorate, da risultare del tutto incompatibili con
qualunque regime carcerario. Le malattie non sono certo di natura
acuta infiammatoria, ma cronico-degenerativa e quindi poco e nulla
rispondono alle terapie, pure in atto e disponibili nella farmacopea,
tanto in regime detentivo che in strutture sanitarie esterne. L'evoluzione
nefasta segue il suo corso naturale ed inesorabile ovunque;
ma certamente il regime detentivo l'accellera, causando grave pregiudizio
al condannato e sommando condanna biologica e pato-fisiologica a condanna
penale.
Molte delle patologie, non solo, sono serie, invalidanti e pericolose
se prese singolarmente (vasculopatia cerebrale ischemica con esiti
atrofici corticali, vasculopatia polmonare in soggetto bronchitico
cronico ed atopico, cardiopatia ipertensiva), ma, dal momento che
in questo paziente coesitono, mettono in atto una sinergia negativa
da rappresentare un pericolo quoad vitam.
Il monitoraggio, sebbene dovrebbe essere serrato, continuo, accorto,
diventerebbe poco praticabile in regime detentivo così come
quello in luogo esterno di cura; auspicabile sarebbe il differimento
della pena o, in subordine, il regime detentivo al proprio domicilio;
proprio per la delicatezza e fragilità dei sistemi omeostatici
senili.
Un uomo gravemente malato, a quest'età, qualunque reato gravissimo
abbia commesso, e anche se avesse ucciso, stuprato, derubato gli ori
del mondo, trafficato tutta la droga e le armi e le prostitute del
pianeta, in ogni caso, avrebbe diritto a vedere salvaguardato quel
residuo di vita che gli rimane; se di vita si può parlare,
per un soggetto che ha avuto lesioni cerebrali e oculari, non ha una
visione completa, non respira bene, non dorme per la dermatite, è
stanco di vivere e depresso, ha un cuore malandato e stanco, non può
mangiare né bere quello che vuole, è pieno di artrosi;
e neppure può urinare liberamente. Quest'uomo, a questa età,
è già prigioniero del suo corpo. Mi sembra troppo crudele
infierire facendolo permanere in carcere. Quest'uomo ha il diritto
al differimento della pena o a scontarla, per quello che gli resterà
da vivere, tra le mura domestiche; luogo protetto da stress, in cui
possono essere ridotti al minimo tutti quei fattori che, invece, nella
normale routine carceraria, sono inemendabili. Tale stato detentivo
inoltre, rende difficile o impossibile il ricorso a trattamenti sanitari
per fronteggiare i danni o i pericoli che le varie patologie producono,
qualora ci fosse un'emergenza, sempre in agguato.
In conclusione,
le componenti patologiche che affliggono il Dr. Bruno Contrada, per
la loro natura degenerativa ingravescente e, soprattutto, sinergica,
non hanno alcuna possibilità di guarire in base ai trattamenti
disponibili; i farmaci possono solo costituire un labilissimo, e precario,
quanto inutile, compenso.
Le patologie
del Dr. Bruno Contrada hanno un livello tale da renderlo incompatibile
a qualunque sistema carcerario; non solo in base ad un principio di
tutela della salute, ma anche in base a princìpi di umanità
e di rispetto della dignità della persona, che anche la nostra
Costituzione sancisce.
Quindi Egregio
Avvocato, La prego di far pervenire al Giudice Ill.mo queste mie note
esplicative per quanto riguarda le patologie che affliggono il Suo
assitito; sono sicura che informeranno positivamente le sue decisioni.
Sebbene queste note non siano stilate in modo ortodosso gliele fornisco
affinchè Le produca per le istanze che riterrà opportune.
Le accetti come l'umile contributo di chi, pur lontana, non ha potuto,
da medico, mettere la testa sotto la sabbia. Sappia, tanto Lei quanto
l'Ill.mo Giudice che deciderà, che le ho stilate in scienza
e coscienza, in base a quanto ho rilevato dagli Atti che gentilmente
avete acconsentito consultassi.
Lagonegro
2 Giugno 2008
Distinti saluti
Dr.ssa Agnesina Pozzi